a cura di Roberto Magro
Chi erano e che cosa hanno vissuto gli italiani che hanno accompagnato i quattro chef tra i 50 migliori al mondo secondo la celebre classifica: e che hanno fatto il tifo da sotto al palco.
L’Italia è in cima alla classifica di The World’s 50 Best Restaurants, la proclamazione è di qualche giorno fa in Spagna all’ Euskalduna Conference Centre and Concert Hall di Bilbao.
Forse, segretamente, non è stata nemmeno troppo inaspettata come vittoria ma, scaramanticamente, la previsione non era confessabile.
Massimo Bottura con Osteria Francescana torna nuovamente sulla vetta del podio e stavolta nei ringraziamenti, emozionato, ricorda il coinvolgimento solidale della sua alta cucina.
E’ dal periodo di Expo Milano 2015 infatti che è nato il progetto della onlus Food for Soul e dei Refettori in giro per il mondo; fondamentale il contributo di Lara Gilmore, voce silente ma sempre più presente al fianco dello chef, compagna nella vita e nel lavoro.
Accanto a guide gastronomiche, siti di settore e blog, le classifiche sembrano le nuove protagoniste della scena mediatica, quella dei 50 Best di sicuro fa discutere ad ogni proclamazione.
Il clima è stato da evento gastronomico globale, con ovazioni e un calore mai visto prima; diverse sono state le reazioni che ha suscitato nei quotidiani di tutto il mondo, dal Los Angeles Time a Le Monde. Non sono mancate critiche dalla stampa Made in USA sulla effettiva rappresentatività a livello mondiale della classifica, puntuali come ogni anno anche i rilievi sui criteri delle votazioni mentre alcuni hanno auspicato una maggior presenza femminile sul palco dei premiati.
La coincidenza di questa proclamazione con il periodo dei mondiali, dai quali l’Italia a questo giro è rimasta esclusa, ha creato una sorta di reazione e di entusiasmo calcistici di fronte alla vittoria.
Anche i commenti degli osservatori ai piedi del palco che abbiamo raccolto (giornalisti, consulenti e manager di aziende) parlano di “tifo da stadio”, clima “energetico”, “rinvigorente”, la “felicità di un mondiale negato”.
Gli chef hanno ormai conquistato il ruolo di nuove star mediatiche, al pari dei calciatori; i fornelli competono con i campi da calcio e la brigata è subito squadra, in un parallelismo culinario/sportivo nel quale il ruolo dello chef diviene quello dell’ex calciatore di fama, ora coach.
Bottura allenatore di una squadra che a Bilbao ha ricoperto il ruolo di una vera nazionale, portando a gridare W Massimo, W l’Italia!
Di seguito le impressioni a caldo dei professionisti, presenti a Bilbao, che hanno raccolto il nostro invito a condividere quanto vissuto di persona.
Sara Peirone (Top Gastronomy manager del Gruppo Lavazza)
Rivedere Massimo Bottura sul podio al primo posto è stata un’emozione per tutti noi presenti all’evento, fin dal pomeriggio del 19 nel cuore di tutti c’era la speranza e il desiderio di rivedere l’Italia al giusto posto tra i migliori ristoranti del mondo, ma eravamo quasi timorosi a parlarne in una sorta di rito scaramantico che si è poi liberato con un coro da stadio nel momento in cui è stato fatto il nome dei Fratelli Roca per il secondo posto. In quel momento eravamo tutti con Massimo Bottura, felici per Osteria Francescana e per gli ottimi posizionamenti di tutti gli chef italiani della classifica da Enrico Crippa, a Raffaele Alajmo a Niko Romito. Un segnale per l’Italia importante a livello internazionale in quanto mai come ora lo stato dell’arte della gastronomia italiana è a livelli altissimi e per dirla in una parola quella serata è stata un “W L’Italia”, il posizionamento di Massimo Bottura porta la cucina italiana a fare squadra a tutti gli effetti. Così come in passato è stato per Paesi come la Francia in primis con Bocuse, Ducasse e Robuchon e poi con la Spagna durante la grande rivoluzione gastronomica di Adrià.
Margo Schachter (giornalista)
A caldo posso dire che nel 2016 ce lo sentivamo, quest’anno la situazione è stata di vera suspence. La vittoria di Bottura è una grande opportunità per il Paese per affermarci non solo come “cucina tradizionale” e un po’ folkloristica. Speriamo questa volta che le istituzioni decidano di investirci sul serio e non dicano solo tanti grazie. In lista ci sono anche Crippa, Alajmo e Romito ma sono solo in quattro e potrebbero essere molti di più.
Visto che è una vittoria, ma spero sia un inizio, userei l’aggettivo “energetico” per definire la serata,
Nella memoria porterò musica anni ’80, tanto jamon iberico, gin tonic e la gioia negli occhi dei colleghi di tutti i Paesi ogni volta che nominano un piatto di Bottura: la prima parola è sempre buonissimo.
Fulvio Marcello Zendrini (consulente di comunicazione e marketing e docente)
Non sono certo l’unico ad averlo pensato, ma forse sono stato il primo a dirlo e a scriverlo: ci e’ stata restituita la felicità di un mondiale negato.
Non era infatti una gioia misurata quella di Bilbao, ma un afflato collettivo, un applauso entusiastico e generale, un unico grido: “Viva Massimo, Viva l’Italia!”
Gabriele Zanatta (giornalista)
Sono molto contento, come tutti gli italiani, per l’esito della manifestazione. Un’euforia che in quella serata tutti hanno condiviso. Certo, non necessariamente i ristoranti presenti sono davvero tutti i migliori al mondo, sono una parte e tanti ne mancano, di casa nostra ma non solo. Di sicuro la squadra dei nostri si è rivelata compatta. Una classifica che nasce con un’impronta di cucina innovativa ma senza pregiudizi e aperta al mondo intero: quest’anno un francese sul podio e una rappresentanza di 15 paesi, tra i quali anche molti senza una grande storia gastronomica alle spalle.
Come ricordo sicuramente conservo il ritmo di una macchina organizzativa incredibile, in grado di dar vita a 45 minuti fiammeggianti.
L’aggettivo che potrebbe riassumere quest’esperienza è rinvigorente. Per noi e non solo. E come ha detto Enrico Crippa “ricordiamoci che se vince un italiano vinciamo tutti”.
Camilla Lunelli (di Cantine Ferrari)
La speranza di vittoria c’era già l’anno scorso a Sidney, quando, anche se non è arrivata la vetta, abbiamo comunque avuto un secondo posto di tutto rispetto. Quest’anno la squadra italiana era molto coesa, non solo cuochi e giornalisti, anche con le aziende presenti si è formata una piccola comunità entusiasta. Dopo la proclamazione un grande brindisi ha coinvolto tutti, in un clima letteralmente spumeggiante. A mente fredda è un’ulteriore tappa e un stimolo per l’evoluzione del sistema Italia a livello gastronomico. Basti pensare ai grandi passi già fatti negli ultimi vent’anni nella ristorazione italiana all’estero, per non parlare del mondo del vino e così pure per l’acqua. Una volta l’acqua a tavola cosiddetta chic era quella francese, ora sempre più ha un’etichetta che parla italiano. In un solo aggettivo una serata entusiasmante.
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