A torto considerate un ingrediente difficile, le animelle sono assai versatili. Gli chef milanesi le amano, le propongono, le studiano? Dalle osterie contemporanee alle tavole di fine dining, ecco cosa ci siamo fatti raccontare.
Le animelle vengono spesso considerate appannaggio della cucina dell’Italia Centrale, soprattutto di Roma e del Lazio.
Le animelle nella tradizione settentrionale
Non dobbiamo però dimenticare che nella tradizione popolare le frattaglie, di cui le animelle fanno parte, non si sono mai sprecate, dal Nord al Sud.
In Piemonte sono le protagoniste di finanziera e fritto misto, in Lombardia non mancano trippa, insalata di nervetti, cassoeula e fritto alla milanese, in cui le animelle sono chiamate lacèt.
Cesare Battisti
Cesare Battisti chef dell’osteria moderna Ratanà, cultore della tradizione culinaria lombarda rielaborata con delicatezza e inventiva, è la nostra guida nel mondo del quinto quarto.
Per un milanese come lui le animelle sono un cibo della memoria, che non sempre riesce a proporre da quando sono diventate così di moda. Un vitello non ha più di 800-900g di animelle, al Ratanà con duecento persone al giorno si dovrebbe sterminare un allevamento per tenerle in carta!
Le animelle erano la parte meno nobile delle frattaglie, quasi te le regalavano, dice. Ora hanno un prezzo elevato e l’unica maniera di farle assaggiare, rispettandole, è renderle il completamento di un piatto. Le accompagna al riso, a un importante contorno di verdure, nei cartocci del fritto.
Negli anni le ha proposte con vino bianco, limone e prezzemolo, con carciofi e riso, glassate al caffè e servite con risotto di zucca, con risotto agli spinaci e mandorle oppure con zucca arrosto come antipasto. Sono infinite le variazioni possibili.
Federico Sisti
Federico Sisti, chef di Frangente, si riconosce in un claim azzeccato: traditions never die, le tradizioni non muoiono mai. Come paladino della tradizione riletta non dimentica certo di proporre nel suo ristorante le frattaglie, ingentilite ma ben presenti nella sua carta. Le animelle sono incredibili, sostiene.
L’animale deve essere sano, macellato rispettando i giusti tempi e con maestria, comprato da fornitori di cui si ci fida. Spesso al cuoco tocca l’onere e l’onore di educare il gusto del suo pubblico. Capita che i clienti si accostino per la prima volta a ingredienti considerati difficili, ed è un successo vederli tornare per assaggiarli ancora.
Nel nuovo menù autunnale, colorato e ispirato all’alta cucina degli anni Ottanta, non mancano le animelle arrostite al burro chiarificato, accostate all’astice al vapore con la sua bisque e alle chele in insalata con spinacini, salsa di soia e aceto di vino invecchiato sei anni.
Antonio Guida
Antonio Guida, chef del Seta al Mandarin Oriental, due stelle Michelin, adora le animelle. Anzi le ama, dice con un sorriso.
Le definisce “una coccola” e le propone nel suo menù degustazione “Qui ed Ora” con pompelmo, barbabietola e cioccolato, su fondo di vitello alle spezie. E’ un piatto dove la freschezza, l’amaro e il dolce si fondono per incuriosire e sedurre i clienti magari poco avvezzi ad un ingrediente particolare come le animelle.
Sono quasi un vezzo per uno chef, confessa.
Al termine del nostro viaggio, ci pare di notare che le animelle più che un vezzo sono un feticcio per i molti cuochi che decidono di cimentarsi con la loro morbida dolcezza, immaginando accostamenti che le valorizzino come meritano.
In apertura: Animella con pompelmo, barbabietola e cioccolato by Chef Antonio Guida
a cura di Daniela Acquadro
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