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Bakery 3.0: pane e futuro

“Mangio pane e latte la mattina”, dichiara Renato Bosco, ribadendo che con semplicità lui inizia la giornata. E pure la continua. Mettendo le mani in acqua e farina. Per creare impasti che fan di leggerezza virtù. Lui che, da semplice cameriere in una pizzeria, la pizza l’ha cominciata a fare. Per poi rivoluzionarla. Partendo da basi ottimamente lievitate e decollando verso la massima creatività. “Ma ora c’è la possibilità di riscattare pure il mondo della panificazione”, precisa il patron della veronese Saporè, a chiosa della terza edizione del Bakery 3.0, andata in scena il 13 novembre all’Hotel Sol Melià di Milano. Un evento fragrante, organizzato da Italian Gourmet con la sua rivista Il Panificatore Italiano. Facendo focus sul contesto e sulle opportunità dell’universo lievitato.

Parola d’ordine, dunque, sperimentazione. “Il che significa anche pane cotto a vapore”, spiega maestro Bosco. Ricordando che realizzare una pizza ad hoc, oltre a pagnotte e baguette, offre altre possibilità. Mentali e commerciali. E poi ci sono gli avveniristici pani preparati con i fermenti di mela, uva e peperoni, firmati Ezio Marinato, che in terra veneziana gestisce il panificio di famiglia in quel di Cinto Caomaggiore. Pani a cui dà movimento e inedite forme. Persino a spirale, capace di evocare l’infinito, le stelle e uno stargate sul futuro. “Anche se poi non s’inventa nulla tout court. Si recupera”, ricorda Ezio. “Perché l’innovazione è scegliere ciò che vale della tradizione e portarlo avanti”, sottolinea Alessandro Sensidoni, professore del Dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine.

Ma l’artigiano è un artista che deve saper guardare intorno, e lontano. Per cogliere i cambiamenti di un settore in evoluzione. Che vede nascere i bar-panifici, i panifici all’interno dei supermercati e i panifici-drogherie gourmet, ossia spazi lussuosi, forti del proporre anche aperitivi e degustazioni. Non dimenticando l’e-commerce: vedi mylbread.com, che su Bologna propone ceste da colazione, brunch e merenda a portata di ufficio o di casa. Perché i cibi seguono nuove tendenze. E costruiscono nuovi luoghi di fruibilità. “Dagli anni Settanta ad oggi i consumi fuori casa sono passati dal 12% al 32% nel 2015. E al contempo è anche cresciuta la domanda di foodservice, il che significa takeaway e home delivery”, spiega Massimiliano Bruni, dello Strategic and Entrepreneurial Management Department Head of Food&Beverage Knowledge Center SDA Bocconi. Della serie, uno che di trend, dinamiche e strategie legate al vino e al cibo se ne intende.

E poi? Si cerca sì la gratificazione, ma si viene attratti pure dall’innovazione, e da ciò che regala salute e benessere. Da qui la preferenza verso pani ricchi di fibre e cereali. Il cosiddetto whole wheat: il grano integrale. Del resto, far la spesa è un atto culturale – come ben dice Carlo Meo di Marketing & Trade – e i consumatori sono sempre più veloci a intercettare le novità. Grazie a forme, colori, profumi e immagini. Quindi? Pay attention al packaging. A ribadirlo è Vincenzo Russo, che allo Iulm di Milano si occupa di neuromarketinkg. Per capire cosa pensa e vede il cervello – di un uomo, di una donna, del sommelier e dell’inesperto – quando osserva un’etichetta. “Perché il processo d’acquisto è emozionale. E noi agiamo prima emozionalmente e poi razionalmente”. Da qui anche l’importanza di facebook e dei social. Meglio ancora se usati col cuore. Come se i post fossero tanti grissini stirati a mano. Come ha ben fatto Andrea Perino del torinese Perino Vesco, che ha saputo tradurre la sua passione in condivisione, aumentando la propria reputazione. Grazie anche a una coach come Margherita Pogliani, consulente di Storifai.

Infine? Bisogna saper comunicare con chiarezza e fermezza con la propria banca. Come giustamente rammenta il consulente per le imprese Daniele Santi. Non dimenticando una parte fondamentale quale l’organizzazione. Puntando sul personale: il vero capitale sociale di un’azienda. Che va coinvolto, valorizzato e motivato. E se a sostenerlo è Lorenzo Sciadini, consulente di Esociety Marketing, a confermarne la tesi è Dario Bertarini dell’omonimo panificio di Lambrugo, nel Comasco.

Intanto, si alza il monito di Renato Bosco: “Dobbiamo essere più professionali. Indossando giacca e pantaloni. Per dare un’immagine diversa. Più business”. Forse, in certi casi, l’abito fa il monaco.

Fra i premiati di questa edizione: Renato Bosco, Matteo Cunsolo dell’omonima panetteria di Parabiago, la Pasticceria Giotto del Carcere di Padova e Le Delizie di Via Zucchi di Monza.