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Basta piagnistei in panificio – parte 3

Torna l’appuntamento con la Grandi Firme del Corriere del Pane e il terzo appuntamento con Roberto Capello.

Clicca qui per leggere la prima e la seconda parte di Roberto Capello

Sullo scorso numero parlavo della necessità di rendere le nostre aziende più efficienti in termini di risorse umane. Un lavoro contrattuale profondo porterebbe a un miglioramento non solo della qualità della vita lavorativa, il cosiddetto “benessere lavoro correlato”, ma anche a un aumento delle retribuzioni. Abbiamo una mentalità produttiva e organizzativa troppo compartimentata: impastatori, infornatori, portapane, addetti alla vendita. Si pensa, si opera, si sindacalizza in termini molto specialistici e, in realtà, ci si fa del male, molto male. Molti panifici, durante la pandemia, hanno messo in cassa integrazione guadagni (CIG) i lavoratori, perché questi erano troppo votati su specifici lavori. Chi invece ha formato i propri lavoratori a fare un po’ di tutto ha potuto adeguarsi alla nuova scena, inedita e imprevedibile, che si è presentata e lo ha fatto senza particolari scossoni e salvando la funzione degli operatori, ovvero quello di creare “valore”.

Più valore con la polifunzionalità dei lavoratori
C’è da aggiungere che questa polifunzionalità (che va coltivata, ricercata ed esplorata quotidianamente) favorisce maggiore libertà dei lavoratori stessi: se tutti san fare quasi tutto (un’ampia produzione e possibilmente anche vendita) le sostituzioni sono molto più facili e si aumentano le possibilità di libertà dal lavoro, perché si diventa un po’ tutti un po’ meno essenziali, ma non per questo con minore valore. Anzi, la conseguente contaminazione delle conoscenze porta alla crescita. Tutto ciò significa riconoscere che non esiste un lavoro di serie A o di serie B, ma che tutti i lavori hanno lo stesso valore. Non è facile far capire che chi porta pane o chi lo vende ha la stessa identica “importanza” di chi inforna o impasta. Al contrario, se dici questo in un comune panificio, mi permetto di dirlo, a mentalità paleolitica, ti sparano. La specializzazione funzionale, se troppo rigida, è un “ex” valore che oggi è diventato, grazie alle tecnologie disponibili e alla circolazione delle informazioni, paradossalmente un “dis-valore”.

Contaminazioni, incroci, novità e crescita
Non solo: le estreme specializzazioni di funzioni fossilizzano i percorsi operativi opponendoli a modelli efficaci e, forse, (ribadisco forse) certamente più comodi perché li collocano dentro la propria zona di comfort, dal momento che la pigrizia è uno dei pregi (ma anche dei difetti) della natura umana. Questi percorsi fossilizzati, si badi bene, oggi sono tuttavia un ostacolo alla crescita e all’esplorazione di nuove strade e di nuove liturgie. Le contaminazioni organizzative incrociate sono una grande opportunità di crescita: siamo in un mondo dove cresce chi ha idee nuove, originali, innovative, inedite e le implementa e le sviluppa, utilizzando le risorse che già ci sono o, possibilmente, utilizzandone sempre di meno (il che è meglio). Non è un paradosso, è solo l’emulazione del funzionamento della natura. In una grande metropoli le occasioni di contaminazione sono ben più ampie di quelle che si possono avere nei piccoli paesi, infatti, il commercio in grandi metropoli è più virtuoso, dà molte più possibilità perché le possibilità di incroci sono superiori. Noi queste contaminazioni dobbiamo favorirle: nelle organizzazioni, quando si incrocia si hanno novità e crescita.