Ultimo in ordine di apparizione lo chef con tre stelle Michelin Sebastien Bras. Anni fa rinunciò anche Gualtiero Marchesi. Perché i più grandi ad un certo punto non ce la fanno più ed escono dalle guide.
(a cura di Carla Icardi)
Non è tutto oro quella che luccica dicevano i nostri nonni. Il numero in uscita di edicola di Grandecucina ha in copertina un ‘portatore sano’ di ben quattro stelle, Enrico Bartolini. Le pagine della rivista accolgono le storie e i racconti di coloro che hanno raggiunto i massimi vertici della ristorazione. I (grandi) cuochi di oggi sono famosi e comunicativi: in estrema sintesi sono simboli di successo. Ma che prezzo ha tutto questo? Pochi, a parte gli addetti ai lavori, lo sanno. Stare in cucina è faticosissimo. Gestire un ristorante di alto livello lo è ancora di più. E’ un impegno totalizzante. Roba da caratteri (molto) forti. Poi ci si mette quel continuo e necessario afflato – per chi gioca in Serie A e per la moltitudine che vorrebbe esserci – all’entrare nelle guide, a conquistare un cappello, una forchetta, una stella in più. Tempo fa parlavo con uno dei tanti amici cuochi che mi confidava come l’anno peggiore in tanti anni di carriera fu quello in cui tutti davano prossimo il suo passaggio alle due stelle. La tensione al risultato (che poi non arrivò per mille ragioni) minò l’attività e la salute quasi irrimediabilmente. Se poi il punteggio si abbassa parte la gogna pubblica. E, badate, non è solo questione di etichette. I punteggi si portano dietro clienti, risonanza mediatica. In altre parole fatica e ancora fatica che distrae da tutto: dalla vita personale (o meglio da quel briciolo che ne resta) e dalla cucina (che dovrebbe essere il centro di tutto). C’è chi non ce la fa e pone fine alla sua esistenza come Benoit Violer, pluristellato o, ultimo di una tragica serie, il giovanissimo Beniamino Nespor. C’è chi fa una scelta meno tragica ma altrettanto di rottura e sceglie, liberamente, di togliersi dalle guide. Lo ha deciso recentemente Sebastien Bras iconico tristellato francese che ha scelto di rinunciare al lucente trittico e ha chiesto di non essere inserito nella prossima edizione della Michelin. Lo ha fatto (siamo nei tempi dei social, signori) con un video su Facebook in cui dichiara che il riconoscimento gli crea troppa ansia e vuole tornare a cucinare piatti buoni senza la spada di Damocle della visita di un ispettore in incognito. Ogni caso, e sensibilità, fa a sé. Ma credo fermamente che anche il lato oscuro, e concedetemi più umano, della cucina debba trovare spazio sui giornali affinchè tutti comprendano appieno cosa significhi fare il cuoco in generale e farlo ad altissimi livelli in particolare. Dietro al red carpet c’è di più. Molto di più.
Volete vedere il servizio fotografico per la nuova cover di Grande Cucina? Eccolo qui.
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