Intervista al cuoco spagnolo che attraverso i suoi piatti racconta Cordoba e Andalusia.
Paco Morales, classe 1981, nasce e cresce a Cordoba, nel cuore dell’Andalusia, dove oggi gestisce il suo ristorante 2 stelle Michelin Noor (dall’arabo “Luce”).
Il cuoco, che ha lavorato, tra gli altri, al Mugaritz e al mitico El Bulli, oggi si dedica dunque al suo progetto e come obiettivo ha quello di raccontare la storia di Cordoba e dell’Andalusia, con tutte le loro forti influenze multiculturali.
Ogni stagione del Noor è infatti dedicata ad un secolo della storia dell’Andalusia, con i relativi sapori e ingredienti. Un approccio che evidenzia come Morales sia fermamente convinto che il cibo si possa fare veicolo di molti messaggi, anche culturali.
L’intervista a Paco Morales
Hai aperto il tuo ristorante Noor nel 2016. Com’è nato questo progetto?
L’antico che si fonde con il moderno, le influenze arabe e greche così presenti… Sono tutte caratteristiche eccezionali del mio territorio, che nel tempo hanno trovato una loro armonia. Non sto parlando solo di gastronomia ma anche di società, di arte, di architettura. Questo mix di culture è incredibilmente interessate e così nella mia testa è andata via via a formarsi l’idea che da queste basi doveva partire il progetto del Noor, scavando nelle nostre radici. Così noi raccontiamo la nostra storia ai nostri ospiti anche attraverso i piatti, un modo gustoso per imparare e arricchire le proprie conoscenze.
Quindi un ristorante può essere anche altro rispetto ad un luogo dove si serve buon cibo?
Ne sono fermamente convinto. Tanto più che il fine dining oggi gode di un rispetto e di una visibilità senza precedenti. È quindi un ottimo mezzo per creare narrazioni.
L’idea alla base è tanto ambiziosa quanto coraggiosa. È stato difficile comunicare gli intenti del Noor, e quindi attirare i clienti, soprattutto quelli locali, al principio di quest’avventura?
Estremamente difficile ma prima di iniziare ho riflettuto molto. Cordoba ha quattro patrimoni Unesco e attira milioni di persone: sarebbe stato giusto offrire un buon livello di ristorazione. Da qui è nato tutto. La parte più difficile per me è stata la ricerca iniziale dell’idea giusta, che potesse dare qualcosa in più alla città. Qualcosa che le rendesse omaggio, che fosse in linea con la sua bellezza. Noor non potrebbe essere in nessun’altra parte del mondo perché perderebbe immediatamente la sua identità.
Ci sono clienti andalusi e spagnoli che frequentano il Noor?
Certamente, chi è di Cordoba e in generale dell’Andalusia tendenzialmente viene al Noor per celebrare occasioni speciali. Gli spagnoli costituiscono invece il bacino più ampio della mia clientela.
Ci racconti qual è il processo creativo che ti porta alla realizzazione di un piatto?
La mia principale ispirazione è la storia. Amo guardare al passato e poi tradurlo in qualcosa di moderno. E tutto ciò che qui mi circonda mi aiuta nel processo di creazione: i mosaici, i fiori d’arancio, le moschee… Inoltre collaboriamo con documentaristi, storici, sociologi e scienziati per ricreare al meglio l’epoca che rappresentiamo nel nostro menu stagionale. Ci preoccupiamo che ogni singolo dettaglio sia curato e in linea con il periodo a cui ci riferiamo.
Come descriveresti il cliente tipo del Noor?
Può essere chiunque, di qualsiasi età, nazionalità e professione. La cosa fondamentale è che abbia “fame” di cose nuove, di gustose scoperte.
Sei uno chef pluripremiato. Pensi che gli chef con una visibilità come la tua dovrebbero essere anche portatori di un messaggio che vada oltre la cucina?
Credo che tutto dovrebbe avvenire in modo naturale. Se è l’idea del cambiamento, di aiutare qualcuno è ciò che hai sempre voluto comunicare e fare, allora certamente sì. Se deve essere qualcosa di forzato, studiato a tavolino, programmato o fatto per mero interesse, allora meglio lasciar perdere. Bisogna essere onesti per fare bene questo lavoro, in primis con se stessi.
a cura di Aline Borghese
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