Grande Cucina

Davide Palluda e quella stella che brilla da oltre vent’anni

Nel cuore del Roero tra frutta e territorio, alla scoperta del ristorante stellato All'Enoteca.

Ventidue anni ininterrotti di stella Michelin. Un ristorante aperto nel cuore del Roero, in quella Canale che nel 1994 inaugura l’Enoteca Regionale e un anno dopo, al piano superiore dell’ex asilo infantile Regina Margherita, il locale di un giovane chef: Davide Palluda.

Onesto, schietto, autentico e con i piedi bel saldi alla terra, Palluda è profondamente legato a questo territorio dove è nato e cresciuto e dove ha scelto di vivere e di lavorare. Dopo gli studi alla Scuola Alberghiera di Barolo e a passaggi da Felicin a Monforte e ai Balzi Rossi di Ventimiglia allora guidati da Pina Beglia che conquistò due stelle Michelin, Palluda prosegue le sue esperienze lavorative prima nel bistellato Hostellerie du Cerf in Alsazia, poi da Peter Müller in Germania e al Bersagliere di Goito. A soli 24 anni apre il suo locale, il ristorante All’Enoteca, insieme alla sorella Ivana che si occupa della sala e dopo appena un lustro entra nel firmamento degli chef.

Il ristorante All’Enoteca nel Roero

Davide Palluda ristorante
La sala del ristorante All’Enoteca

Il ristorante All’Enoteca è un luogo armonioso con colori tenui, i disegni di Valerio Berruti alle pareti, lunghe tovaglie bianche e tanta luce. La luce di quel Roero da sempre considerato (ingiustamente) il fratello minore della Langa che da qui dista una manciata di chilometri.

«Sono profondamente legato al Roero», spiega Palluda, «perché mi ha dato e continua a darmi tanto. Mi sono sempre avvicinato a questo territorio senza nostalgia, forse perché non ho una tradizione di famiglia nella ristorazione o forse perché mi sono accorto da subito che questo territorio è più aperto alle contaminazioni della Langa. A cosa lo si deve? Sicuramente alla vicinanza con Torino», prosegue lo chef – «e alla sua cucina borghese che nei secoli ha subito l’influenza francese. Ma anche ai prodotti che offre. Se in Langa trionfano i grandi vini, il Roero è terra di frutta e verdura, di orti e di pianura. È molto più affascinante e più semplice fare cucina qui perché la gente forse si aspetta meno che dalla Langa. Una volta conquistata rimane molto più affezionata».

Il Roero, insomma, è terra di opportunità «dove c’è spazio per tutti», aggiunge Davide Palluda. Lo sanno bene istituzioni come Il Centro di Priocca, i “nuovi” arrivi come il ligure Flavio Costa alla Tenuta Carretta di Piobesi d’Alba, Stefano Paganini a Magliano Alfieri. O il giovane Andrea Sperone alla guida della Trattoria Belvedere Roero di Monteu Roero.

La cucina di Davide Palluda

Davide Palluda chef

E nella cucina sussurrata, non urlata, ma attenta ai dettagli di Palluda c’è un elemento locale che non manca mai ed è la frutta. La frutta che contamina il mondo salato come nel caso del Daino servito con uva, whisky torbato e cacao fermentato o dell’Insalata di lumache condita con prezzemolo e mela verde. Il Daino è cotto su una brace di ciliegio e, seguendo la tradizione piemontese che ama usare un superalcolico nelle salse che accompagnano la selvaggina, viene «smorzato» con il whisky.

Dice lo chef: «Un altro elemento che caratterizza la mia cucina è un lavoro quasi maniacale sulle salse e sui fondi che collego all’influenza borghese che storicamente ha segnato la cucina della vicina Torino». L’insalata di lumache invece parte dalla varietà Muller allevata anche a Canale e più piccola rispetto alla Helix pomatia tanto diffusa in Piemonte. «In questo momento sto utilizzando delle lumache che lavoriamo con un burro aromatizzato, mela verde e succo di prezzemolo gelatinato, a cui aggiungiamo buccia di cedro e peperoncino» precisa Davide Palluda.

Tra i piatti in carta anche l’Anguilla cotta al vapore e leggermente affumicata servita con pomodoro e taccole che in primavera sono sostituite dai piselli freschi. La scelta dell’anguilla non è casuale: «La tradizione locale è quella di cucinare l’anguilla che è più piccola rispetto al capitone. Questo perché storicamente veniva mangiata fritta e con la pelle, quindi era scelta proprio per facilitare la sua masticazione», sottolinea Palluda. E per tornare al territorio ecco in carta quello Gnocco ripieno di caglio di latte di capra che valorizza il tartufo nero pregiato «che mettiamo via e trasformiamo in salsa». Salsa che in questo piatto è composta da quindici ingredienti tra cui il Marsala, il cacao e il nero di seppia.

Gli ingredienti e i dolci

Davide Palluda Anguilla
Anguilla

Del resto il fascino degli ingredienti è quello che ha subìto (e continua a farlo) lo chef piemontese sin dall’inizio della sua carriera. Racconta: «Anche se vado un po’ contro corrente rispetto al gusto attuale la materia prima che preferisco è la carne generosa, la frattaglia, la selvaggina. Quei tagli che in 50/60 grammi riescono a esprimere un sacco di cose. La selvaggina, a cui mi sono avvicinato quando lavoravo in Alsazia, è nella mia cucina in modo importante da quattro o cinque anni. Mi piacciono gli animali che si muovono e, anche se in menu faccio un solo piatto di carne, quei 50 grammi devono essere di coraggio».

Il coraggio del “guerriero”, di chi porta avanti una filosofia di cucina che si intreccia con la valorizzazione del territorio prendendo spunto, sì, dal passato, ma rendendola straordinariamente attuale.

Come accade per i dolci spesso realizzati senza zucchero. Come nel caso del dessert preparato con un cru Madagascar 75% di Guido Castagna dalle note floreali e fruttate e dalla bella acidità. Questo dolce viene lavorato con olio evo Biancolilla siciliano Mandranova senza zucchero né grassi.

Conclude Davide Palluda: «Mi piace preparare i dolci e penso che la pace fatta tra cuochi e pasticceri sia una delle grandi rivoluzioni della cucina negli ultimi venti anni. I pasticceri attingono dal salato e noi da loro. Sono due mondi che si intrecciano senza disturbarsi ed è giusto che finalmente sia così». E a conclusione del pasto, All’Enoteca di Canale viene servito, con il caffè, un carrello di piccola pasticceria. Diciotto referenze tra cui scegliere liberamente. Un modo per dedicare del tempo e dell’attenzione all’assaggio finale decidendo in autonomia come concludere il proprio pasto.

In apertura: Il Risotto con lepre e ginepro dello chef

a cura di Sarah Scaparone

La Nuova Cucina Regionale

a cura di Roberto Carcangiu

Venti grandi chef italiani interpretano la tradizione all’insegna della creatività e del territorio. 528 pagine in cui ogni regione viene interpretata in chiave gourmet. Con piatti di Stefano Cerveni, Giancarlo Perbellini, Marco Stabile, Paolo Trippini, Luca Abbruzzino e tanti altri.

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