Grande Cucina

Chef Paolo Ghirardi: “Nelle cucine dell’Hilton Milan da 38 anni, tra esperienza e progetti”

Intervista allo chef di CotoliAMO e di Pacific Restaurant, che ha iniziato a lavorare nel celebre hotel lombardo nel 1987.

La storia di Paolo Ghirardi è atipica nella sua linearità. Inusuale per coerenza.

Stiamo parlando dell’executive chef dell’Hilton Milano, insegna storica dell’ospitalità nel capoluogo lombardo. Un cuoco di grande esperienza che ha visto passare dalle sue cucine tre generazioni di chef. Un affaccio privilegiato il suo, che in questo hotel lavora da quasi 38 anni. Un record in questi tempi di continui cambiamenti e di mancanza di personale.

Ma non ci sono trucchi dietro ad una carriera tanto lunga presso una stessa realtà ma aspetti concreti che abbiamo voluto affrontare con lui. In primis, la capacità di sentirsi sempre su un banco di prova, stimolati e protesi al nuovo. Facendo di una situazione ormai familiare un punto di forza e non di svantaggio.

Ecco cos’ha raccontato lo chef Paolo Ghirardi a Italian Gourmet.

Intervista allo chef Paolo Ghirardi

Quando è arrivato all’Hilton Milano esattamente?

Era il 1987. Il mio sogno era quello di fare il pasticcere, amavo e amo tutt’ora preparare dolci. Mi sarebbe piaciuto aprire una mia pasticceria. Non c’era disponibilità in quel momento per quel ruolo e dunque iniziai in cucina. Fu molto formativo.

Qualche esperienza prima di iniziare a lavorare per la grande insegna alberghiera?

Sì, durante la scuola alberghiera avevo avuto modo di lavorare in una delle pasticcerie più rinomate della mia città, la pasticceria Coggiola di Biella. Poi feci alcune stagioni in hotel 5 stelle. Avevo dunque della basi ma non ero certo un “pasticcere finito”. Quando il pastry chef di Hilton Milano se ne andò e, come dicevo, io già lavoravo nelle cucine, mi proposero di prendere il suo posto. Non mi sentivo del tutto all’altezza ma, con un po’ di coraggio e con l’eventuale possibilità di spostarmi in futuro all’Hilton di Vienna, vero tempo della pasticceria dell’epoca, accettai.

 

Menu Cotoliamo Milano

Poi però a Vienna non è andato.

Per diversi anni anni mi occupai dell’offerta dolce. Intanto da queste cucine passavano chef incredibilmente competenti e con background molti diversi tra loro. In quegli anni per esempio arrivò lo chef che si era occupato dell’apertura dell’Hilton a Seoul. Fu la mia prima occasione di confrontarmi con le influenze asiatiche ai fornelli. Lavorare la pasta fillo e la pasta ghiaccia allora era davvero qualcosa di inusuale.

Oggi rimanere molti anni in un’unica realtà lavorativa è cosa rara. Come se lo spiega?

I fattori sono tanti. Certamente il lavoro del cuoco richiede sacrificio: orari faticosi, i giorni di festa che per noi sono lavorativi. In molti casi ci si aggiunge la distanza dalla famiglia… C’è poi una visione sfalsata della professione di chef ormai diffusa: molti giovani vogliono arrivare subito. Noto come non ci sia più la capacità di aspettare il momento giusto, di attendere, di avere consapevolezza del proprio livello di maturità. Credo che questo mi abbia poi trattenuto, insieme ad altri fattori, legato a questo posto di lavoro. La possibilità di imparare sempre, di crescere. Anche oggi: sono certamente sono in grado di insegnare qualcosa ma affrontare sfide sempre nuove e conoscere persone sempre diverse mi dà ancora modo di apprendere quotidianamente. È un valore che tutti dovrebbero scoprire, insieme a un po’ di sano senso di appartenenza.

Hilton Milano
Foto: Beppe Raso

Non ci si annoia mai?

Davvero devo dire di no. Hilton era ed è una grande scuola. Non è un modo di dire: quando arrivai, fu davvero come proseguire gli studi alberghieri. Ogni promozione che ricevevo mi dava prove tangibili di come fossi anche cresciuto come professionista. Cominciai a visualizzare chiaramente come, cambiando, sarei andato a cercare ciò che, in fin dei conti, Hilton Milano già mi offriva quotidianamente. Inoltre, pur con base a Milano, non sono mancate le occasioni di vedere nuove realtà, anche estere, tra eventi, formazione, cene a quattro mani.

Come si svolge una sua giornata lavorativa tipo?

Con molteplici aspetti da seguire, dalla colazione all’offerta di ristorazione internazionale, dal banqueting al ristorante CotoliAMO, ogni giornata è davvero diversa dall’altra. Fa tutto parte di quella serie di stimoli che ritrovo ancora, dopo 38 anni, ogni volta che vengo al lavoro.

Cotoletta COTOLIAMO

Parliamo di CotoliAMO, il ristorante più recente e di cui tutti parlano. 

Devo dire che è nato da una mia idea. Dalla mia volontà di aprire quanto più possibile al pubblico cittadino e non soltanto di ospiti interni all’hotel. In questo l’azienda mi ha dimostrato grande fiducia. Il progetto è cresciuto poco alla volta. In una fase iniziale proponevamo piatti delle regioni italiane settentrionali. Poi, come si può ben evincere dal nome, ci siamo concentrati sulla cucina milanese e in particolare sulla cotoletta. Qui la decliniamo in davvero tantissimi modi, partendo dalla classica, per arrivare al topping più creativo. Senza dimenticare la stagionalità. E i nostri ospiti stanno davvero rispondendo molto bene, sia che si tratti di clientela internazionale che di milanes

Con tutta questa mole di lavoro, c’è spazio per la vita privata di Paolo Ghirardi?

Fare questo lavoro è innanzitutto una passione. Non è mai scontato dirlo per un semplice motivo: se non ce l’hai non può fare il cuoco se non per un breve periodo. Il necessario per assimilare questa consapevolezza e cambiare. Fatta questa premessa, devo dire che l’azienda per cui lavoro ha ben chiaro il valore del fattore umano e viene incontro in ogni modo. E poi a Milano ho trovato anche la mia compagna, certamente uno dei motivi principale per decidere di fermarsi in un luogo!

a cura di Simone Zeni