I controlli - di qualsiasi genere siano - sono molto temuti e non sempre a sproposito: le regole a volte non sono chiare e cambiano a seconda del luogo, dei regolamenti e, a volte, persino dell’ispettore. Tuttavia, se si è preparati, si superano con maggior facilità e meno pensieri.
Non c’è una data, non ci sono certezze, non ci sono avvisi… i controlli in laboratorio capitano e, quando capitano, c’è poco da fare: o si è pronti o si subiscono le inevitabili conseguenze. Niente di drammatico, per carità: se l’autorità preposta verifica qualche problema o inadempienza il primo provvedimento è quello di imporre al titolare e/o all’OSA (il responsabile della corretta gestione del laboratorio) di porre rimedio entro 30-60 giorni. Solamente se il problema è grave al punto da rischiare di compromettere la salute di chi lavora in laboratorio o dei clienti del negozio, è possibile anche che venga imposta la chiusura temporanea dell’esercizio.
Ha senso cercare di prevedere i tempi dei controlli alimentari?
Ma qualcosa si può fare. Non certo per evitare i controlli – in questo senso si abbandonino le speranze – ma per far sì che si risolvano in una semplice “visita di cortesia”. Come? Lo abbiamo chiesto ad Arianna Cerretani, esperta di microbiologia e consulente per la sicurezza alimentare (HACCP) della Teknochim Srl. Prima di tutto occorre precisare che le direttive comunitarie e nazionali vengono recepite dalle regioni e che ogni regione – dopo aver recepito le norme con apposita legge regionale e aver prodotto un regolamento attuativo – pianifica ciclicamente un calendario di controlli.
Ciò che accade, ad esempio, a Brindisi non è detto accada a Siena o a Perugia, e soprattutto non nel medesimo periodo. In altri termini, il passaparola “guarda che sono cominciate le ispezioni…” tra due operatori di regioni diverse non ha nessun senso. “I controlli non vengono effettuati in particolari periodi dell’anno – conferma infatti la dottoressa Cerretani – ma dipendono dalla pianificazione regionale e locale. I laboratori di produzione di pane, pizza, dolci e simili sono controllati principalmente dagli ispettori del Servizio di igiene, alimenti e nutrizione (SIAN) dell’area vasta di competenza, ovvero la vecchia provincia, ma anche dai nuclei antisofisticazione (i NAS). Gli ispettori possono controllare moltissimi aspetti diversi dell’attività, dalla adeguata conservazione degli alimenti sino alle procedure di tracciabilità”.
Un problema ricorrente: le incongruenze planimetriche
È interessante notare come, da questo genere di controlli, emerga una serie di rilievi che si riscontrano con particolare frequenza. “Effettivamente – dice Cerretani – gli appunti che vengono fatti più frequentemente ai gestori dei laboratori riguardano la planimetria depositata tramite N.I.A., che non corrisponde alla situazione presente al momento dell’ispezione, con posizionamento di attrezzature non notificate in precedenza o per via di modifiche apportate ai locali; può essere evidenziata la presenza di parti danneggiate della struttura, come l’intonaco, piastrelle rotte, retine anti-intrusione non integre e via dicendo.
Altri punti critici: igiene e formazione
Per quanto riguarda l’igiene può succedere che le attrezzature e i prodotti per la pulizia e disinfezione dei locali non siano correttamente riposti in appositi armadietti o locali oppure che manchino le schede tecniche e di sicurezza dei prodotti utilizzati per la sanificazione dei locali e delle attrezzature, che vi siano pattumiere prive di coperchio o di sistema di apertura a pedale o ancora che la procedura di controllo degli eventuali agenti infestanti non corrisponde a quanto riportato nel manuale”. Altri rilievi frequenti riguardano il personale: “Spesso gli ispettori riscontrano l’assenza di registrazione della formazione del personale, effettuata in seguito a modifiche delle procedure del manuale di autocontrollo HACCP – spiega Cerretani – e, sembrerà strano, un numero di armadietti a doppio scomparto inferiore rispetto al numero degli operatori o, ancor peggio, assenza degli armadietti a doppio scomparto”.
Poi, naturalmente, c’è tutta la parte di controlli che riguarda la gestione delle materie prime e dei prodotti finiti. “I rilievi più frequenti in questo senso riguardano la procedura di tracciabilità e di rintracciabilità degli alimenti, che spesso non è completa, la mancanza di Dichiarazioni di conformità al contatto con gli alimenti (Dichiarazioni MOCA) per quanto riguarda i materiali utilizzati per il confezionamento, come vassoi, carta forno, alluminio e naturalmente la presenza in laboratorio di materie prime e/o semilavorati e/o prodotti finiti non correttamente identificati” conclude Cerretani. Di solito, conseguenza di questi rilievi sono prescrizioni di adeguamento entro 30-60 giorni.
Inoltre, grazie alla formazione continua sia dell’OSA che degli operatori da parte di consulenti esterni o di associazioni di categoria e all’opera costante di sensibilizzazione sull’Igiene e la Sicurezza degli alimenti, raramente emergono criticità gravi legate alla sicurezza degli alimenti, siano essi materie prime, semilavorati o prodotti finiti. “Quando emerge questo genere di inadempienze, però – spiega ancora la dottoressa Cerretani – addirittura si rischia la chiusura dell’azienda. Sto parlando di cattivo stato di conservazione degli alimenti, come la presenza di muffe o attrezzature refrigeranti non funzionanti, di presenza in laboratorio e in negozio di alimenti scaduti o di presenza di animali infestanti nei locali. In questi casi la sanzione è certa e indiscutibile”.
La soluzione? Applicazione delle norme e buon senso
Evitare di incorrere in tutta questa sequela di guai è relativamente semplice ed è per lo più sufficiente mettere in atto quelle che vengono chiamate “buone pratiche di comportamento”. «Effettivamente – conferma la dottoressa Cerretani – l’applicazione di buone pratiche di comportamento insieme alla continua formazione del personale sono i principali strumenti per prevenire eventuali problemi. Infatti, sia l’OSA che gli operatori debbono rispettare con regolarità le norme igienico sanitarie e quanto riportato nel manuale di autocontrollo riguardo altre procedure non direttamente collegate all’igiene degli alimenti, ma alla sicurezza alimentare. Le indicazioni di massima che possiamo fornire sono semplici e nella maggior parte dei casi sono sufficienti, ma tutti si devono sentire responsabilizzati nel rispettarle».
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