Se 56 vi sembran poche. Tante sono le edizioni del Vinitaly, la cui ultima celebrazione si è appena chiusa tra numeri corposi e sorrisi convinti.
I dati snocciolati a corredo di Vinitaly 2024 sono tutti o quasi al rialzo, dalle presenze al volume degli affari, su su fino alle conferme per l’edizione 2025 di espositori italiani e operatori esteri.
Certo, le fragilità connesse alla manifestazione restano pressoché inalterate, come inviolabili pareti di vetro. I taxi nelle fasce orarie sensibili sono ancora e sempre merce rara. Uber – che dovrebbe costituire l’alternativa economica e ad alto tasso di disponibilità – non ha confermato le aspettative. I cantieri cittadini hanno incrementato tempi di percorrenza e livelli di stress, l’ospitalità in molti, troppi casi si è rivelata alta solo nei prezzi. In quanto alla quotidianità dentro la fiera, restano alcune delle criticità di sempre: l’insonorizzazione più che precaria degli spazi deputati a conferenze e degustazioni, il livello mediocre dell’offerta gastronomica, le connessioni wifi e telefoniche spesso zoppicanti. E poi ci sono i bagni. Prima o poi qualcuno dovrà accorgersi che il numero di donne presenti al Vinitaly è aumentato moltissimo. Essendo la fruizione femminile dei servizi differente da quella maschile per motivi di anatomia e di identità di genere, occorre aumentare il numero dei servizi, per evitare code e cistiti.
Vinitaly 2024, il miglior evento europeo del settore
Detto delle cose da migliorare, il Vinitaly 2024 è stato eletto dagli operatori il migliore evento europeo del settore. I dati sono confortanti: 97.000 presenze da 140 nazioni, 20.000 appuntamenti business a carico della piattaforma VInitaly Plus, 50.000 degustazioni in città. Vinitaly&The City si è confermato un vero toccasana per separare esigenze e desideri degli enoappassionati da quelli degli operatori. Prova superata anche nei confronti di ProWein e Vinexpo. La fiera tedesca, considerata a lungo un esempio di efficienza e solidità, ha vissuto gli ultimi due anni all’insegna dei disservizi, tra scioperi e voli cancellati. Il tutto, in una città comunque decentrata, distante anni luce dal fascino e dall’organizzazione di Parigi.
Per parte sua, Wine Paris & Vinexpo Paris, primo evento enofieristico dell’anno, è indubbiamente in crescita, ma rispetto ai tempi di Bordeaux stenta ancora sul piano dei numeri e ha nella grandeur francese – con uno sbilanciamento fortissimo di produttori nazionali – il primo limite della sua pretesa internazionalità.
A Verona si sono confermati tutti i trend dell’ultimo periodo, a partire dalla crescita di bollicine e vini bianchi ai danni dei rossi. Negli ultimi dieci anni, infatti, il rapporto pressoché paritario si è sbilanciato fino all’attuale 62% contro 35,5% (il restante 2,5% è a carico dei rosé). Vengono premiati territorialità e riconoscibilità, come testimonia il successo travolgente di uve fortemente localizzate come Vermentino e Pecorino.
Tematiche, preoccupazioni, tendenze
Altro sentimento diffuso al Vinitaly, la preoccupazione dei produttori per i cambiamenti climatici, tra ricerca di vitigni resistenti e messa in atto di tutte le buone pratiche per ottimizzare l’utilizzo delle risorse idriche. In scia, e non potrebbe essere diversamente, si registra un’ulteriore espansione del movimento del vino biologico e biodinamico, icona della viticoltura sostenibile. Del resto, i consumi in calo proiettano la viticoltura lontano dai diktat della quantità: prima ce ne renderemo conto e meno sarà sofferto il passaggio.
Vini dealcolizzati, succhi fermentati e drink di nuova generazione sono una risposta possibile. Ma il turismo del vino, con i suoi oltre tredici milioni di appassionati testimonia anche altro, se è vero che tra questi più di un terzo dedica alle “vacanze in cantina” almeno quattro giorni. Al Vinitaly, l’ospitalità in cantina è stata il pane quotidiano nella comunicazione aziendale di moltissimi espositori. Con la proposta non più della toccata&fuga, ma di una vera esperienza immersiva nel mondo della viticoltura, che significa anche ambiente, cultura, storia, conoscenza. Con i gioielli di sempre – lunga vita ai fuoriclasse del vino – e bicchieri magari più semplici, ma non banali, rispettosi della terra e di chi la lavora, da raccontare possibilmente lì, dove tutto avviene, a un passo dai vigneti.
In apertura: foto PxHere
a cura di Licia Granello
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