Corriere del pane

Cresce la fiducia nelle biotecnologie

Cresce la fiducia dei consumatori nelle biotecnologie nel settore agroalimentare. Lo dimostra uno studio ENEA nato dal progetto POC ENEA “Bioglusafe”, per lo sviluppo, con un approccio biotecnologico, di proteine del glutine detossificate.

Uno studio ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile) dimostra che i consumatori sono sempre più fiduciosi nelle biotecnologie, soprattutto quando riscontrano benefici per la salute. Dal sondaggio condotto nell’ambito del progetto POC ENEA “Bioglusafe”, realizzato per lo sviluppo, con un approccio biotecnologico, di proteine del glutine detossificate al fine di ottenere prodotti simili a quelli con glutine “naturale” ma fruibili dai celiaci, emerge infatti che il 65% degli intervistati assaggerebbe prodotti senza glutine ottenuti attraverso un approccio biotecnologico e il 57% li acquisterebbe a un prezzo superiore a quello attuale di mercato. «I nostri risultati mostrano che in vent’anni l’opinione dei consumatori è effettivamente cambiata. Il 52% degli intervistati all’epoca dichiarò questi usi moralmente inaccettabili, mentre oggi sono considerati accettabili e utili. Tuttavia, la percezione del rischio associato alle biotecnologie rimane la stessa nel 2020, anno del nostro studio, come nel 2003» spiega la responsabile dello studio, Paola Sangiorgio, ricercatrice del Laboratorio ENEA di Bioprodotti e bioprocessi.

Il sondaggio si è svolto da dicembre 2020 a gennaio 2021 su un campione composto da 511 persone consultate online, in prevalenza donne (65%). La fascia di età più rappresentata è quella tra 18 e 24 anni (24%). Il 66% dei partecipanti ha un’istruzione terziaria e il 61% dichiara una cultura prevalentemente scientifica. La regione più rappresentata è il Lazio (con Roma in testa).

 

Più fiducia nella scienza dopo la pandemia
L’indagine del 2003 riconosceva un’elevata affidabilità della comunità scientifica nelle tecnologie genetiche ma non una grande fiducia nelle autorità pubbliche. Invece adesso, come osserva la Sangiorgio, «i nostri ultimi risultati testimoniano che i consumatori nel 2020 si fidano sia di scienziati che di autorità, fenomeno quest’ultimo legato allo specifico periodo di emergenza sanitaria caratterizzato da forte cooperazione tra scienza e politica. Un altro aspetto di rilievo riguarda la grande importanza di una corretta comunicazione dei risultati scientifici che possa fare da “argine” alla proliferazione e diffusione di notizie che spesso alterano la realtà e ne danno un’immagine parziale o distorta. Questo a causa di una diffusione sempre maggiore di informazioni provenienti da fonti diverse e dal fondamento spesso non verificabile», conclude la ricercatrice.

 

Abitudini d’acquisto: l’importanza dell’etichettatura
La maggior parte dei consumatori presta attenzione a ciò che mangia, quindi all’etichetta dei prodotti, controlla il contenuto, gli ingredienti, la presenza di eventuali allergeni o di altre indicazioni. Secondo lo studio succede nel 65% dei casi sempre e nel 24% spesso. In cima alla lista delle informazioni più importanti svetta la data di scadenza (87%), segue la lista degli ingredienti 62%, per la metà dei consumatori intervistati è importante anche l’origine geografica del prodotto acquistato e/o dei suoi ingredienti. Un campione significativo è interessato anche all’origine biologica (20%) e al brand (20%).
(Fonte: ENEA)

 

Cosa influenza la scelta d’acquisto?

La qualità del prodotto e degli ingredienti valgono più del brand. In una scala da 1 a 7, dove 7 è il punteggio massimo, i consumatori intervistati dallo studio sopracitato valutano in primis la qualità (6.4) e il rapporto qualità-prezzo (6.1). Sono considerati rilevanti anche gli ingredienti (5.9) e non viene trascurata la provenienza geografica del prodotto/ingredienti (5.2). (Fonte: ENEA)

(Fonte: ENEA)

 

L’approccio ai nuovi cibi
Un altro punto su cui si è soffermata l’indagine ENEA è relativo alla propensione all’assaggio di nuovi cibi e le novità in ambito food in genere. Anche in questo caso le persone interpellate dovevano dare un punteggio da minimo 1 a massimo 7. Il 68% dei partecipanti ha assegnato un punteggio da 5 a 7, a indicare che sono parzialmente propensi alle novità. Solo il 15% ha risposto di essere completamente favorevole, come mostrato nella figura il verde indica la propensione a provare nuovi cibi, l’arancione evidenzia, al contrario, le persone che non si fidano delle novità. (Fonte: ENEA)

(Fonte: ENEA)

 

Biotecnologie: una questione di cultura
Come anticipato all’inizio, la questione principale dello studio riguardava l’approccio alle biotecnologie. Secondo i dati raccolti dai ricercatori, l’atteggiamento più o meno aperto a questo tipo di prodotti è determinato da un aspetto formativo/culturale. Le persone sono dunque state divise in base al loro livello scolastico e al tipo di studi fatti (umanistici o scientifici). Da qui è stato rilevato che la maggior parte dei consumatori (73%) ha sentito parlare delle biotecnologie nel settore alimentare. Risposta che non dipende tanto dal sesso degli intervistati ma piuttosto dal loro grado culturale. Il 64% di coloro che hanno sentito parlare delle biotecnologie in ambito alimentare si sono detti favorevoli poiché esse possono compensare le insufficienze alimenti, far fronte alle intolleranze o malattie legate al cibo oltre a rendere le produzioni più sostenibili. Il 26% sono totalmente favorevoli alle biotecnologie, a questo gruppo appartengono persone con una formazione universitaria e cultura scientifica.
(Fonte: ENEA)

 

I 5 valori delle biotecnologie: c’è anche il pane

  1. Migliorare la resistenza delle piante contro i parassiti (77%)
  2. Migliorare le caratteristiche dei prodotti (57%)
  3. Introdurre nutrienti in un’ampia gamma di cibi consumati (45%)
  4. Per la lievitazione del pane e la fermentazione della birra (27%)
  5. Per la produzione di yogurt e formaggio (23%)

(Fonte: ENEA)

 

Le informazioni che contano per la scelta
In una scala da 1 (per niente) a 5 (essenziale), ecco quali sono le informazioni che le persone prendono in considerazione nella scelta di cibo biotech. Gli effetti positivi o negativi sulla salute e sull’ambiente sono in cima alla lista con una media di 4.2. Meno importanza riveste la tecnologia produttiva utilizzata (media 3.9). Poco rilevante l’opinione degli amici/conoscenti e di internet/social network. (Fonte: ENEA)


Foto di master1305 su Freepik

 

Celiachia e consapevolezza
Le persone intervistate hanno dichiarato di conoscere la celiachia. I ricercatori hanno cercato di comprendere se vi fosse un approccio diverso alle biotecnologie tra i celiaci (19% degli intervistati) e i non-celiaci Il 79% delle persone intervistate hanno amici o conoscono persone celiachie e sono consapevoli dei problemi legati alla malattia). La maggior parte dei non-celiaci hanno dichiarato di preferire cibi privi di glutine, anche se più costosi, perché ritenuti più salutari.

  • 53% ritiene sia difficile trovare prodotti senza glutine qualitativamente equiparabili a quelli con glutine.
  • 40% i prodotti “gluten free” hanno raggiunto una qualità accettabile.
  • 27% nei prodotti senza glutine “manca qualcosa anche se non sono male”.
  • 23% sono felici di non avere questo problema.
  • 12% dei non-celiaci dicono che i prodotti “glutine free” sono più digeribili.
  • 13% dei non-celiaci dicono che contengono additivi poco sani per la salute.

(Fonte: ENEA)

 

L’81% è favorevole all’uso delle biotecnologie per rendere il glutine innocuo per i celiaci.

Il Glutine detossificato
81% degli intervistati è favorevole all’uso delle biotecnologie, nello specifico rendere il glutine innocuo, per favorire chi soffre di celiachia, sebbene il 65% non sia disposto ad assaggiare tali prodotti personalmente. Oltre la metà (57%) acquisterebbe prodotti con glutine detossificato, il 38% è dubbioso e il 5% è per il no. Cosa pagherebbero in più?

35% tra il 10 e il 25%
27% fino al 10%
7% più del 25%
31% non so