Grazie alla campagna di crowdfunding (ne abbiamo parlato qui), Forni & Fornai•e è tornata, dopo due anni, “sdoppiandosi” tra la città, Bologna, e la campagna, Monghidoro. Tanti gli interventi e gli spunti emersi nei due giorni di incontri e confronti tra fornai, fornaie, agricoltori, agricoltrici, mugnai e mugnaie, che quest’anno sono arrivati da tutta Italia. Ne abbiamo parlato con Sara Pellegrini, portavoce della Comunità Grano Alto.
La campagna di crowdfunding
«L’ultima edizione è stata due anni fa, abbiamo avuto bisogno di un po’ più di tempo per capire come e cosa poteva essere questa nuova edizione. Dall’estate scorsa, abbiamo iniziato a pensare a come aprirci ulteriormente. A ottobre, per esempio, abbiamo ospitato il gruppo di studenti e studentesse di Madre Project. Ma è stata la veglia di metà gennaio 2024 – che è stata molto partecipata – che ci ha fatto capire che Forni & Fornai•e doveva tornare, e in maniera un po’ diversa, ossia connettendosi di più alla città.
Forni & Fornai•e: le associazioni
Tutte le associazioni insieme portano sapere, conoscenza, contenuti, progetti, ma c’era bisogno di un supporto finanziario e la cosa migliore era una raccolta di fondi partendo dal basso. È stato un esperimento ben riuscito, in tre settimane avevamo raggiunto già il primo dei nostri obiettivi. Ciò ci garantiva la fattibilità dell’evento. In totale hanno contribuito 190 persone con una raccolta di circa 12mila euro. Certo, non parliamo di cifre stratosferiche, ma per noi l’obiettivo raggiunto ha avuto anche una valenza simbolica. In un momento storico dove di agricoltura e panificazione si parla a livelli molto alti, ossia di politiche europee, di difficile comprensione da parte di un comune cittadino, oppure con grande rumore sulle strade con i trattori, ma dove non si portano avanti le istanze dell’agricoltura biologica o di prossimità, avere questo tipo di riscontro è stato un forte segnale.
La conferma è arrivata con la partecipazione al festival: sabato mattina 1° giugno alla Cineteca di Bologna, al convegno “Seminare è un atto politico”, c’erano circa 150 persone. Presi in assoluto sembrano piccoli numeri, ma per quello di cui stiamo parlando non lo sono». Persone interessate, dunque, che si sono mosse da tutta Italia per riunirsi per partecipare a Forni & Fornai•e. «Quest’anno abbiamo coperto tutto il territorio italiano. C’erano persone da Trieste, Torino, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Campania, Calabria e Sicilia. La cosa bella è stata la partecipazione dei fornai e delle fornaie con i loro agricoltori e i loro mugnai. Ciò sottolinea l’importanza delle relazioni e dimostra che dietro i volti dei panificatori e del loro pane ci sono tante altre persone, e quelle persone erano presenti».
Seminare è un atto politico
Il convegno è stato molto partecipato e ha visto l’intervento di diversi relatori e relatrici: Daniele Ara (assessore Comune di Bologna con delega ad agricoltura, agroalimentare e reti idriche); Fiorella Belpoggi (emerita direttrice scientifica Istituto Ramazzini); Riccardo Bocci (direttore tecnico Rete Semi Rurali); Fabio Ciconte (giornalista, scrittore, Associazione Terra!); Salvatore Ceccarelli (genetista, già Professore Ordinario di Genetica Agraria); Barbara Nappini (presidente Slow Food Italia); Antonio Pellegrino (co-fondatore Terre di Resilienza Monte Frumentario); moderatore, Lucio Cavazzoni (presidente Biodistretto Appennino Bolognese).
Sara Pellegrini racconta: «Abbiamo aperto con un messaggio dell’ambientalista indiana Vandana Shiva che ha ricordato come il pane sia stato al centro delle loro guerre di indipendenza nell’800 e di quanto il pane rappresenti la libertà, ma anche la libertà che ci è stata negata, perché non avere più il controllo delle proprie sementi significa non essere più liberi. Abbiamo ricordato che due anni fa eravamo in piena guerra sul territorio ucraino, i quasi 50mila morti a Gaza e gli 82mila feriti e come, con la guerra, a oggi abbiamo inquinato tanto quanto 4 o 5 volte Hiroshima». A proposito di inquinamento è intervenuta Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini di Bologna che si occupa della lotta contro il cancro e le malattie ambientali. «La ricercatrice ha portato un po’ di numeri sui rischi che comporta l’esposizione a certi prodotti chimici usati nell’agricoltura convenzionale. Non solo per il lavoro che viene fatto oggi, ma anche per i residui dei pesticidi usati negli ultimi cinquant’anni. Ha fatto notare, per esempio, che dei 140mila composti chimici sviluppati dagli anni ’50 a oggi, abbiamo contezza solo di 300, quindi non sappiamo ancora cosa fa o farà il resto. Nessuna dose, quindi, è innocua né per l’ambiente né per noi, perché la chimica resta nel terreno, nelle falde e da lì si trasferisce nell’acqua e nel cibo».
Parola d’ordine: diversità
Riccardo Bocci, direttore tecnico Rete Semi Rurali, ha sottolineato la parola “diversità”. «Un concetto da portare nel campo, ma anche nelle nostre pratiche e nel nostro lavoro. In un’agricoltura “alternativa” – che poi era quella che si faceva fino a cinquant’anni fa – queste diversità possono essere una forza perché raccontano tanti modi di affrontare i problemi, perché non tutti si risolvono con le stesse ricette, che è poi quello che propone l’agroindustria. L’intervento di Bocci ha portato alla luce anche l’importanza di andare oltre un certo linguaggio. La definizione di grano “antico”, per esempio, non ci fa parlare di futuro. Dobbiamo invece parlare di “popolazioni evolutive”, ossia ciò che abbiamo sperimentato un po’ in tutta Italia negli ultimi 15 anni un po’. Sono popolazioni di grano composte da centinaia di varietà diverse che insieme, a seconda dell’areale dove vengono seminate, si adattano e diventano capaci di gestire differenti situazioni climatiche, anche estreme».
Dalla città al campo
Domenica 2 giugno, Forni & Fornai•e si è trasferita da Bologna a Monghidoro. Qui ci sono state diverse attività in parallelo, sia a contatto con la natura, sia con le mani in pasta e i pani in forno. «Abbiamo fatto un percorso guidato che dai campi ci ha portato fino ai boschi. Qui gli agricoltori della Comunità Grano Alto hanno potuto raccontare quello che fanno con la pulizia del bosco e con la filiera del legno, ossia la quotidianità di chi fa agricoltura in questo modo, perché quando si hanno pochi ettari non si vive di solo grano. È emerso anche il tema della rotazione, che non è solo tecnica, ma anche un modo per sperimentare: nello stesso campo dove si coltiva la lenticchia si può coltivare il grano saraceno. È una coltura nuova rispetto al territorio che però si adatta molto bene».
Dal campo al forno
La domenica è stata dedicata anche alla panificazione collettiva: dieci forni da tutta Italia si sono alternati al forno mobile di Madre Project. Qui forni e fornaie hanno panificato insieme, hanno visto, lavorato e assaggiato, per un momento di condivisione e costruzione comunitaria. «Le persone potevano fare il percorso dal campo fino al punto di trasformazione che abbiamo chiamato “la staffetta dei forni”, potendo così assaggiare il prodotto finale di quei campi. Per l’occasione abbiamo infine organizzato un rito di panificazione collettiva per bambini: 50 bambini davanti ad altrettanti adulti che facevano gli stessi gesti. Vedere questo ci ha fatto ben sperare per il futuro», conclude Sara Pellegrini.
a cura di Anna Celenta
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere