Speciale Carnevale

Fritti di Carnevale: segreti, tecniche e opportunità in pasticceria tra verità e miti da sfatare

Chiacchiere, castagnole, struffoli, cenci, pignolata.... mai nessun periodo come il Carnevale ingolosisce per specialità fritte e ricche di gusto. Ma come inserirle con successo in una richiesta di mercato sempre più attenta alla salute e alle calorie?

Parliamo di fritti di Carnevale.

Se eseguito a regola d’arte, il fritto è una grande opportunità per il pasticcere. Basta rispettare tempi e temperature, scegliere materie prime di qualità.

Ce lo spiega Armando Palmieri, pastry chef, formatore e autore.

Focus sui fritti di Carnevale con Armando Palmieri

«“Chef, ma fritto non fa più male alla salute?” Non so quante volte mi sono sentito fare questa domanda in aula, come se friggere fosse qualcosa di sbagliato o assolutamente da evitare».

Così esordisce Armando Palmieri, pasticcere e formatore internazionale, autore, fra gli altri, del volume Fritto dolce e salato, edito da Italian Gourmet.

Armando Palmieri

Come e perché riabilitare il fritto

«In un’epoca in cui c’è una grandissima attenzione nei confronti della salute e della materia prima, mi sento di riabilitare il fritto, che – se eseguito ad arte e con i giusti grassi – rappresenta una grande opportunità di mercato, da sfruttare ancora di più durante le feste. Facciamo un esempio su tutti, il Carnevale, quale migliore occasione per proporre frittelle, castagnole o zeppole?».

È così che Armando Palmieri intesse la poetica di una delle tecniche più gustose della pasticceria, la frittura.

«Infatti, pur che nessuno abbia da ridire sulla bontà di un prodotto fritto, questo spesso viene etichettato come grasso e poco salutare. A mio avviso, però, è sbagliato ingabbiare la frittura in maniera così generica, spesso senza giustificazioni scientifiche. Certo, se vogliamo associare una componente parziale nociva in ogni alimento fritto, dobbiamo valutarla in funzione a una serie di fattori, cioè quelli legati alla qualità dell’olio o del grasso in cui si decide di friggere e quelli relativi alla tecnica di frittura impiegata».

Quando parliamo di fritto è assolutamente doveroso riferirci agli oli e ai grassi, siano essi di origine animale o vegetale. Sappiamo che, se trattati nel modo sbagliato, sono precursori di ipercolesterolemia – il famigerato colesterolo cattivo –, ma è altresì comprovato che i grassi insaturi, se assunti in piccole quantità, sono benefici per la salute.

«Ecco», continua Palmieri, «è proprio da questo principio che bisogna partire per rileggere l’argomento: quando prepariamo un prodotto che richiede l’immersione in olio dobbiamo chiederci quale tipologia è opportuno utilizzare, quali accortezze tecniche rispettare e quali modalità di frittura sono più adatte per il risultato che vogliamo ottenere».

Opportunità da cogliere

In fondo, non c’è nulla più del fritto che rispecchi – da Oriente a Occidente – la cultura di un paese «e mettendo queste gustosissime specialità tutte in fila non possiamo non notare che il fritto sia una costante in ogni angolo del pianeta, un filo conduttore che unisce tutti i continenti».

Quello che infatti viene incasellato sotto un unico, grande capello di frittura racchiude in realtà un variegato mondo di possibilità «coglierle nella maniera corretta, è sinonimo di lungimiranza: il fritto non solo è gustoso, ma garantisce un’ottima conservazione del prodotto. Ne sono testimoni gli antichi romani, ma si può risalire anche a ben prima, nella terra degli Egizi e in Grecia. E tutto questo è passato di mano in mano nel corso dei secoli e ha prodotto una serie di variabili regionali di incredibile bontà, dallo gnocco fritto emiliano fino ai panzerotti pugliesi, senza dimenticare poi tutta quella parte “dolce” che noi pasticceri siamo in grado di sublimare, ma che richiede attenzione magistrale, perché il risultato sia impeccabile».

Che letto fra le righe vuol dire un fritto asciutto, croccante all’esterno e morbido dentro.

Sottolinea Palmieri «ci sono poi dei periodi dell’anno in cui il fritto diventa un prezioso alleato nella vendita: se pensiamo appunto al Carnevale, non possiamo che fare un’equazione perfetta con frittelle, chiacchiere. Ancora bignè di San Giuseppe o zeppole, e allora perché non cogliere questa opportunità?».

Perchè al forno non è meglio?

«Nel mio libro ci sono oltre 50 ricette, dove il fritto viene visto in un’ottica inedita, che valica l’assunto per il quale “al forno è meglio”. 7 capitoli che prendono in analisi ricette regionali, specialità internazionali fino ai grandi classici».

Ma allora – ci chiediamo – quali sono le differenze fra una preparazione al forno o fritta? Qual è il discrimine nell’utilizzare un metodo rispetto a un altro?

«Semplicemente il risultato che vogliamo ottenere. La frittura altro non è che una cottura per convezione, che avviene attraverso l’immersione di un cibo in un grasso precedentemente portato ad alte temperature. In questa modalità, due sono gli elementi fondamentali per una esecuzione corretta e che valorizzi il sapore degli alimenti: il tipo di grasso e la sua temperatura. Il grasso, che sia olio o di altra natura, è importante perché, raggiungendo temperature superiori all’acqua, permette di creare quella crosta sul fritto che non consente poi al grasso di penetrare nel prodotto».

Pagina dopo pagina si fa chiara l’attitudine scientifica di Palmieri, che qui rilegge e teorizza il fritto spiegando in maniera accurata l’insieme delle tecniche per un risultato perfetto, sviscerando metodologie, temperature e applicazioni per poter spiegare al meglio come e quando utilizzare la frittura nella maniera più corretta.

L’arte di friggere

In effetti, friggere coinvolge molteplici fattori, dalla scelta dell’olio – ideale quello con un punto di fumo elevato, come l’olio extravergine d’oliva o di arachidi – alla gestione delle temperature, che devono oscillare tra i 165°C e i 185°C.

«Se la temperatura è troppo bassa, il cibo assorbirà olio e perderà croccantezza; se troppo alta, rischiamo di bruciare la superficie lasciando l’interno crudo» spiega Palmieri.

«La frittura esalta il sapore e conserva i nutrienti meglio di quanto si pensi: questa tecnica, che sia applicata al dolce o al salato, non è un ripiego ma un metodo che richiede studio, precisione e passione per poter soddisfare salute e palato».

E per chi cerca un’alternativa più leggera?

«La friggitrice ad aria così come il forno rappresentano un’opzione interessante, ma non sostituiranno mai la complessità organolettica di una frittura tradizionale. Ogni tecnica ha il suo posto in cucina ma il fritto è e resterà un’esperienza unica, da gustare nel “qui e ora”, insomma, fritto e mangiato».

Consigli pratici per un fritto perfetto

castagnole fritte

Scegliere il grasso giusto

Preferire oli con alto punto di fumo come l’olio d’oliva o di arachidi e sostituirli dopo ogni frittura.

Rispettare le temperature

Tra 165°C e 185°C per evitare che il cibo assorba olio o si bruci.

Non sovraccaricare la padella

Friggere pochi pezzi alla volta per mantenere stabile la temperatura dell’olio.

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Articolo pubblicato su Il Pasticcere e Il Gelatiere. Sfoglia qui la rivista

Foto: Matteo Lonati

a cura di Denise Frigario

Fritto dolce e salato

Armando Palmieri

Armando Palmieri racconta una visione nuova e fantasiosa della frittura e ti accompagna a scoprirne le innumerevoli variabili: alle volte riportandoti al passato, altre proiettandoti verso il futuro. Dopo un’ampia introduzione tecnica, troverai 7 capitoli di ricette – per un totale di 50 golose proposte – che ti faranno cambiare prospettiva su uno dei metodi più controversi della cucina, la frittura, con un unico assunto: fritto è goloso e, sì, calorico, ma se ben fatto non è dannoso per la salute.

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