Il tecnologo alimentare, Alessio Busi, ci fornisce qualche indicazione utile su ciò che bisogna sapere per orientarsi nella scelta delle materie grasse da utilizzare nella produzione di pane e prodotti da forno in generale. Il quesito sempre dietro l'angolo è: i grassi saturi e insaturi fanno bene o fanno male? Come bisogna comportarsi con il loro utilizzo?
La scelta di grassi saturi o insaturi da utilizzare nel processo di panificazione, e non solo, è di cruciale importanza per il successo dei prodotti finali, perché incide sulla struttura e la conservabilità.
Oggi l’offerta è molto ampia e variegata, le numerose proposte hanno innalzato il livello qualitativo e non è facile orientarsi. Abbiamo chiesto qualche lume sul tema al tecnologo alimentare Alessio Busi.
“I panificatori di vecchia data ricorderanno una legislazione molto restrittiva sugli ingredienti: gli unici grassi ammessi erano burro, strutto e olio di oliva (L. 580 del 4 luglio 1967); solo nel 1998 vennero sdoganati tutti gli altri grassi alimentari (D.P.R. n. 502 del 30 novembre 1998).
Il ruolo dei grassi in panificazione tocca due macroaree: struttura e conservabilità. Il ruolo strutturale dei grassi dipende essenzialmente dalla loro natura: un grasso saturo, solido, darà una struttura più sostenuta rispetto ad un olio liquido, fondamentale soprattutto in alcuni dolci da forno, come la frolla montata (a “montare” è proprio il burro, che ingloba aria e contribuisce a conferire la tipica struttura leggera e friabile del frollino).
Anche all’interno dello stesso grasso, però, coesistono trigliceridi con caratteristiche strutturali differenti e l’industria lo sa bene: nel tempo ha imparato a selezionare solo i trigliceridi più utili ai propri scopi (frazionamento), creando diverse tipologie di burro, mantenendo solo le caratteristiche più utili alle diverse lavorazioni.
Un aspetto comune a tutti i grassi è invece legato alla morbidezza: un pane all’olio è sicuramente molto più morbido di un pane senza grassi e soprattutto lo rimarrà più a lungo!”.
Che ruolo giocano i grassi nel processo di conservabilità?
“Per capirlo dobbiamo risalire all’impastamento: i grassi, saturi o insaturi che siano, tendono per loro natura a ricoprire tutti i componenti (granuli di amido, proteine, fibre…) con una sottile pellicola lipidica idrofobica. Una barriera contro la perdita di acqua che, trattenuta all’interno del prodotto, lo mantiene più morbido nel tempo.
Nella conservabilità sul lungo periodo, poi, i grassi saturi si rivelano più resistenti e duraturi (fa eccezione il burro), seguiti dagli oli di semi (se raffinati) e infine dagli altri oli e grassi insaturi e polinsaturi”.
Convinzione molto diffusa è che i grassi saturi facciano male, quelli insaturi no, che ne pensa?
“Dobbiamo intanto precisare che tutti i grassi e gli oli alimentari sono miscele di grassi saturi e insaturi in proporzioni variabili. Inoltre, il nostro organismo ha bisogno di entrambe le tipologie di grassi per un corretto funzionamento.
Un’alimentazione bilanciata prevede un rapporto tra grassi saturi e grassi insaturi di 1 a 3. Come sempre, l’eccesso causa problemi, non la tipologia di alimento in sè”.
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