Grande Cucina

Guida Michelin Italia 2025: cos’abbiamo capito dall’edizione numero 70

Conclusa la cerimonia che ha annunciato la nuove stelle, è il momento di fare alcune riflessioni sulla direzione della Rossa.

E a tirare le somme sulla Guida Michelin Italia 2025 sono per noi Federico Lorefice, direttore di Grande Cucina, e l’editorialista Licia Granello.

Quali sono le parole chiave per comprendere le assegnazioni di questa settantesima edizione? E quali sono i trend su cui Michelin sta maggiormente puntand0?

Giovani, territorio ed ecologia in primis. Ma c’è molto altro.

Guida Michelin Italia 2025: cos’è successo

“Matteo Vergine, giovane chef al timone del ristorante Grow, ha ottenuto la sua prima stella Michelin nell’edizione 2025, segnando un rinnovato interesse della Rossa verso i talenti emergenti della cucina italiana. Un segnale chiaro di come la Michelin guardi alla freschezza e all’innovazione, portando Vergine e altri giovani chef a conquistare un meritato spazio nel firmamento gastronomico. Insieme a lui, brillano le stelle di Andrea Leali, che con Casa Leali ha saputo unire tradizione e sperimentazione, e di Gianluca Renzi, chef di Le Cattedrali, che propone un’eleganza tecnica e raffinata. Milano, da parte sua, si conferma culla di nuovi talenti: Roberto Di Pinto, con il suo ristorante Sine, rappresenta la giovane cucina milanese con uno stile audace e personale, dove la tradizione si intreccia a un gusto contemporaneo. La Guida Michelin 2025 premia così la creatività e la visione di una nuova generazione, pronta a rivoluzionare il panorama culinario italiano con freschezza e audacia.”

Federico Lorefice

“Benvenuto 14. Giancarlo Perbellini, dopo una lunga, paziente, meritoria rincorsa, ha raggiunto l’empireo degli chef italiani. Difficile immaginare un modo migliore per celebrare la settantesima edizione della Guida Michelin, anche se sempre troppo pochi, quattordici ristoranti con tre stelle: ma l’importante – per dirla con linguaggio calcistico – era muovere la classifica. Luogo bellissimo, il teatro Pavarotti di Modena, e parterre delle grandi occasioni, con sindaco e assessori a dare il benvenuto e l’intera platea occupata dai signori della ristorazione. Che sono cuochi, sommelier, direttori di sala, pasticceri. Un numero forse mai così alto di partecipanti, anche grazie alla quantità di premi che ogni anno ormai affiancano l’attribuzione delle stelle. Così, la Rossa, nata nel 1956 con la dicitura “Dalle Alpi a Siena”, e diventata nazionale appena un anno più tardi, ha celebrato sul palco i suoi settanta a partire dal ristorante che dal 1959 – anno dell’introduzione del sistema “stelle” – ha confermato se stesso e la stella, generazione dopo generazione. Commozione e giusti applausi per Arnaldo a Rubiera, Reggio Emilia. L’Emilia Romagna, regione ospite della Michelin – seppur a singhiozzo – da un decennio abbondante, è una tra le zone ad alta vocazione alimentare a più rallegrarsi della nuova guida, così come la Toscana, dove le stelle sono piovute generose soprattutto da Firenze in giù. Un bel modo per andare oltre la tradizione, che a volte blocca l’evoluzione del pensiero gastronomico. Michelin di braccio più corto, invece, nel dispensare le due stelle, che quest’anno sono aumentate di sole due unità, mentre le prime stelline sono addirittura trentatrè. Poi ci sono i premi speciali, modo elegante per ringraziare il contributo economico degli sponsor, a partire dalle stelle verdi. Qui menzione di merito per Fares Issa, trentenne siriano approdato in Friuli e capace di tradurre nei piatti l’etica e l’amore per la terra che nemmeno il dolore infinito per il dramma del proprio Paese ha potuto scalfire. E in scia ai cuochi sensibili all’ambiente – questo dovrebbe essere il significato della stella verde – Passion Dessert. Peccato che tra i sette premiati, sul palco siano saliti sei cuochi e una sola, vera pasticcera (per altro l’unica donna), a dimostrazione che la pasticceria è ancora e sempre in debito di personalità collettiva. E infine, Don Alfonso. Il glorioso ristorante della penisora sorrentina, ex tre stelle saldamente ancorato a quota due, ha deciso di chiudere per quasi due anni per dare una dimensione ecologica alla struttura, corrispondente all’attenzione maniacale della cucina per le produzioni biologiche. Hanno riaperto a inizio stagione. Risultato, una stella Michelin e una stella verde. Che fanno due, ma non è la stessa cosa. La famiglia Iaccarino, che significa accoglienza, menu, cantina, piacevolezza a 360 gradi riconosciuti dal mondo intero, meritava altro. Davvero.”

Licia Granello

a cura di Federico Lorefice e Licia Granello