È tempo di fare cultura del cioccolato, fra i professionisti come con i consumatori. L’indulgenza di un dolce, infatti, è ormai scelta senza compromessi su qualità ed etica. Ecco il futuro di un cioccolato migliore secondo i big europei incontrati a bordo di Costa Toscana per una settimana di Choco Cruise
La perfezione si crea con rispetto, esperienza e capacità tecnica. Bisogna essere visionari ma concreti, bisogna essere maestri e aver avuto un maestro. Bisogna aver lavorato a lungo in proprio o “sotto padrone”. Si deve padroneggiare la gestione economica, quella del team e saper sviluppare prodotti e applicazioni sempre in linea con il proprio tempo. Questo mi hanno insegnato i grandi professionisti del cioccolato, saliti a bordo di Costa Toscana per una settimana di Choco Cruise.
La crociera dedicata al “cibo degli dei”, ideata da Costa Crociere e Barry Callebaut, fa capo alle menti creative e istrioniche di Riccardo Bellaera e Alberto Simionato. Il primo, Corporate Pastry and Bakery Chef di Costa Crociere, originario di Modica, ha il cioccolato nel dna. Da qualche anno sta viaggiando forte con la sua alta pasticceria a bordo, che riesce a coprire numeri giornalieri da capogiro rimanendo una golosità esclusiva. Il secondo guida la Chocolate Academy di Milano con spirito d’avanguardia e solidi basi tecniche, fornendo una ricerca reale e preziosa per i professionisti. Insieme a loro, alcuni big internazionali del cioccolato: Philippe Bertrand, Alexandre Bourdeaux, Ramon Morató, Joël Perriard. Al salato, il Corporate Chef di Costa Crociere Antonio Brizzi e Diego Poli, chef in Chocolate Academy Milano.
Perché una crociera sul cioccolato?
Innanzitutto perché il cioccolato è amato a livello universale. Si dice che su 10 persone 9 lo adorino e l’altra menta. Ma quale cioccolato? È il momento di scegliere un cioccolato migliore, decidere e spingere sull’acceleratore. Partendo dalla cultura del cacao e di tutta la filiera “bean to bar”, in primis fra i professionisti. E poi, assolutamente, verso un cliente finale che lo chiede e lo apprezza sempre di più.
«Il cioccolato ha bisogno di un racconto anche perché è una materia prima esotica» esordisce Fabio Di Mauro, Responsabile Marketing EMEA. «E imparare con le emozioni è una cosa rara. Abbiamo potuto mettere in relazione chef, pasticceri, stampa e consumatori. Lo abbiamo fatto con una serie di appuntamenti quotidiani a tutto tondo: workshop, menu, pairing, degustazioni, incontri su una grande scala internazionale».
Qual è il cioccolato migliore?
Il cioccolato è di chi lo produce, lo lavora e lo vende, ma è anche del consumatore. Il suo successo è il successo con i clienti, parlano le persone e i prodotti. La missione è quello di farlo conoscere come il vino. La ragione è che, diversamente dal vino, si può condividere con tutti. Noi ci siamo fatti trasportare in questo viaggio nel viaggio. Abbiamo realizzato con mano tremante le ricette di grandi maestri, abbiamo preparato cocktail troppo alcolici che poi non potevamo non bere, abbiamo assaggiato alcuni piatti salati e dessert piuttosto memorabili. Ma soprattutto abbiamo avuto modo di chiacchierare con sei fra i più innovativi pasticceri e pastry chef d’Europa. E abbiamo scoperto alcune strade per rendere il cioccolato migliore, il “segreto del vostro successo”.
Joël Perriard: il cioccolato migliore è una indulgenza sostenibile
Il cioccolato è una “instant happyness”, una felicità istantanea. Ed è in continuo cambiamento, proprio come il mondo. In questa dualità c’è il concetto di “cioccolato migliore” per il giovane ma geniale Direttore della Chocolate Academy di Zurigo (dal 2015).
Una esperienza in Ecuador lo ha portato a conoscere dal vivo come cresce il cacao e chi lo fa crescere, lo fa fermentare, lo trasforma. In Austria ha imparato l’ospitalità e il suo ritorno in Svizzera lo ha completato, mettendolo in relazione con i laboratori e le richieste dei clienti finali. Per questo è anche responsabile di nuovi progetti su scala mondiale. Studia i trend del cioccolato e indaga sui dolci del futuro, le possibili applicazioni del cioccolato che verrà.
Armonizza tendenze e realtà dei diversi paesi e culture. In un’ottica di sostenibilità totale, che Barry Callebaut persegue quotidianamente. Lo fa a livello ambientale e sociale, nei territori del cacao come in tutte le nazioni in cui è presente, fino alle Chocolate Academy. Un circolo virtuoso che parte dai coltivatori del frutto fino agli artigiani dell’oro nero. Perché se il cioccolato per il consumatore è una indulgenza, il trend per il 2024 è che questa indulgenza sia intensa, ma anche consapevole.
Una consapevolezza che accomuna Barry Callebaut e Costa Crociere, altro punto di condivisione. In primis proprio sulla nave dove siamo, Costa Toscana. Ed è qui che entra in gioco il comandante, Giulio Valestra. A parte esserne un grande amante, Valestra non ci ha parlato cioccolato, bensì dell’importanza del gusto, vero e proprio asso della intera flotta. Un’esperienza nell’esperienza, in grado di arricchire una offerta basata sullo “stare bene” a tutto tondo.
«Per noi in Costa Crociere il rispetto è fondamentale. Quello delle persone e quello del pianeta. Ci sono circa 1600 persone di equipaggio: la tolleranza e il lavoro di gruppo permettono una condivisione che fa funzionare un team di 40 nazionalità diverse. Questo, per noi, è in piccolo come dovrebbe andare il mondo. La sostenibilità ambientale la mettiamo in pratica quotidianamente in ogni cosa, per avere sempre il minor impatto possibile nel mare e i alcuni dei luoghi più belli del mondo».
Alberto Simionato: il cioccolato migliore necessita una conoscenza approfondita
Alberto Simionato, invece, ci parla di numeri e dati; ci mostra slide e grafici. Ci racconta poco di sé e molto di un territorio con la più alta biodiversità al mondo. Ci conduce in una avventura nel cacao e nel cioccolato, perché è arrivato il momento che tutti ne sappiano di più.
Con lui scopriamo ad esempio che la varietà, la fermentazione, la tostatura e infine la lavorazione sono tutti passaggi fondamentali per il gusto finale. Impariamo che ogni seme della cabossa del cacao, 50 o 60 ciascuna, ha una genetica propria. E che la pianta del cacao cresce a 20 gradi a nord e a sud dell’equatore all’ombra di altre piante, fino a 800/1000 metri di altitudine. Oppure cosa è successo alle fave che non passano il controllo di qualità: se sono nere o ammuffite, sono state raccolte tardi; se sono piatte sono state raccolte presto.
«Il cioccolato si adatta a tantissimi stili, preparazioni e trend in tutto il mondo, ma c’è poca cultura dell’ingrediente» ci dice Simionato. Così, perché non si conoscono, non si sfruttano appieno le sue potenzialità e non se ne vedono le opportunità. Di cioccolato c’è grande richiesta rispetto all’offerta, la quantità è andata a discapito della qualità ma oggi ci sono aziende che lavorano bene ed è importante trasmetterlo al cliente. Anche per giustificare un aumento di costo che farebbe fatica a capire.
La “sua” Chocolate Academy di Milano lavora quotidianamente per portare ai professionisti la cultura del cioccolato migliore. E insieme alle migliori scuole di cucina, come Alma, inizia dai cioccolatieri del futuro. Perché bisogna assolutamente far passare la differenza fra industriale e artigianale. Ma, allo stesso tempo, bisogna prendere i processi dell’industria e portarli nell’artigianato.
Riccardo Bellaera: il miglior cioccolato è tecnica, studio e amore
In principio era svegliarsi avvolto nel profumo del cioccolato, nella casa di Modica. Poi, con Angelo Grasso, ha imparato che la fisica e la chimica sono essenziali in gelateria, in pasticceria e in cioccolateria. Dal suo “più grande maestro”, Iginio Massari, ha invece appreso l’essenza del proprio lavoro: competenza, disciplina, qualità senza compromessi e amore. Non passione, ma amore: una cosa ben diversa. La memoria e la tradizione italiana sono il trampolino di lancio per questo eclettico maestro Apei, che in dieci anni ha portato l’alta pasticceria a bordo di una flotta che conta 17 navi in tutto il globo. Lo ha fatto con i valori che ha ormai nel sangue, con la missione di portare la maestria e il cuore italiano nel mondo, a partire dall’eccellenza agroalimentare. Ma anche con laboratori ultra-tecnologici e uno staff di 23 professionisti formati in CAST Alimenti, soprattutto sulle tecniche le materie prime.
Il cioccolato, suo primo incontro con il dolce, non poteva mancare. «Ho ideato questa Choco Cruise, con Alberto e Barry Callebaut, perché oggi la pasticceria è il fiore all’occhiello del food italiano. E così deve essere anche sulle navi Costa Crociere. La competenza di tecniche e ingredienti è la chiave del successo insieme alla curiosità, che è il motore della creatività. Ma non può mancare la ricerca continua nelle nuove tecnologie. Né le prove continue e l’ascolto costante dei passeggeri. Questa è la ricetta che porto a bordo tutti i giorni in una produzione massiccia 24 ore su 24, per garantire sempre freschezza e alta qualità».
Philippe Bertrand: il cioccolato migliore ha una “quality fermentation”
Dal 1998 è direttore della Chocolate Academy di Parigi. Ma è anche una personalità mediatica, con numerosi follower soprattutto su Instagram. Ed è stato il più giovano MOF di cioccolateria.
Cosa manca al cioccolato perché nel mondo sia conosciuto come il vino? Abbiamo da anni fatto un’evoluzione sulla qualità e sul gusto: abbiamo capito che si può educare e sviluppare. E, per il gusto, la fermentazione è fondamentale. La “quality fermentation”, ovvero la fermentazione di qualità, è un concetto implementato da circa 10 anni. Barry Callebaut ne è stata uno dei precursori, sviluppando in modo sostenibile e attuale la propria produzione. Ci racconta Bertrand: «Si tratta un protocollo che vuole portare formazione ai coltivatori per aumentare la qualità e la quantità. In questo modo il cacao non solo è più produttivo ma anche più sostenibile».
Ma come funziona? I fermenti naturali – creati e coltivati come avviene nel formaggio – fanno partire le fave tutti insieme. In questo modo se ne aumenta la qualità rispetto a una fermentazione “fatta a mano”, che non può essere regolare e uguale per tutto il lotto di fave. Così invece, ogni lotto è omogeneo e la fermentazione è più veloce, meglio gestita e più produttiva.
«In Barry Callebaut – continua Bertrand – ci sono ingegneri agroalimentari e scuole nei luoghi di produzione del cacao per insegnare ai coltivatori come avere più rendite e più qualità contemporaneamente, un argomento che li ha interessati da subito. Inoltre, è stata ingrandita la superficie per ogni albero perché le terre erano troppo sfruttate ma, alla fine, sono risultate comunque più produttive. Sono stati fatti anche nuovi protocolli per i coltivatori, con al centro una sostenibilità umana e ambientale a tutto tondo».
Ramon Morató: il cioccolato migliore è a zero scarti
Sulla stessa linea è Ramon Morató, responsabile del Chocolate Lab di Barcellona e direttore creativo Cacao Barry. «Il cacao è un frutto della natura magico, ma è molto importante che tutta la filiera sia sostenibile, altrimenti questa magia verrà a mancare in parte o in toto».
Con lui abbiamo parlato proprio dello stupore di un prodotto unico e totalmente senza scarti: il nuovo Wholefruit Evocao™. Un cioccolato rivoluzionario, ottenuto dal frutto di cacao puro al 100% e ancorato alla missione di Cacao Barry di esplorare sapori eccezionali. Dal gusto inimitabile e fruttato, è stato creato per rispettare l’ingrediente al massimo ed è, ovviamente, tutto di origine sostenibile. Buono per te, per gli agricoltori e per il pianeta.
«Wholefruit Evocao™ è il futuro» dice Morató. «È il modo di cambiare le cose». Per lui, pupillo di Paco Torreblanca, campione di pasticceria spagnolo e capo della ricerca e sviluppo, la formazione e la ricerca continua sono fondamentali, per raggiungere sempre nuove frontiere. E farle raggiungere a tutti i professionisti del cioccolato. Nell’ultimo anno, ad esempio, Morató ha lavorato con una antropologa, studiando alcuni possibili trend futuri. Un progetto sviluppato durante la pandemia, il cui risultato è stato presentato all’incontro Relais Dessert lo scorso settembre. «Siamo partiti da un dolce e ne abbiamo cambiato alcune parti secondo le tendenze. Abbiamo tenuto in conto il territorio, la sostenibilità, il fatto che i dolci devono essere per tutti. E per tutti ugualmente appaganti».
Alexandre Bourdeaux: il miglior cioccolato è quello che il cliente ha imparato a conoscere
«Il cioccolato è un prodotto versatile, affascinante – esordisce Alexandre Bourdeaux – Un prodotto che ancora sogno ogni giorno. È il mio partner. Ma dobbiamo tornare un po’ alle origini, a un cioccolato vero, a un cioccolato puro».
Come si ottiene la semplicità? Scegliendo materie prime di qualità assoluta e comunicandole al cliente finale. «Bisogna educare il palato del consumatore e insegnare a guardare l’etichetta. Le persone iniziano già a sapere di più e a volerne sapere sempre. Vogliono conoscere la provenienza e la natura di ciò che mangiano e sono pronti a pagare in più per avere qualcosa che li soddisfi anche dal punto di vista etico». Per farlo, servono esperienze reali, proprio come la Choco Cruise. Serve andare oltre le suggestioni dei social, per animare, per far vivere la conoscenza di un prodotto.
«Un consumatore più consapevole saprà scegliere meglio – fa eco Ioana Ionescu, Direttore vendite Italia per artigiani e distributori – e sarà soddisfatto nei suoi bisogni di appagamento, in quelli funzionali, nella relativa positività. Conoscere la filiera è fondamentale per lui come per il professionista perché è un processo che coinvolge tantissime fasi fondamentali. Per il cacao, diventare cioccolato e poi prodotto finito, permette di dare valore a tutte le persone coinvolte nella creazione. Allo stesso tempo è un lusso accessibile. Il consumo è legato alla cultura, ma pensiamo ci siano ottime potenzialità perché il cioccolato diventi un prodotto davvero per tutti, sempre di più, esattamente come succede con il vino e con il caffè».
È un augurio che facciamo anche noi a questo ingrediente così unico e prezioso. Certamente continueremo ad esplorarne le potenzialità future e proseguire l’avventura della sua conoscenza insieme a voi.
Photo apertura e articolo Matteo Cavalleri.
a cura di Alessandra Sogni
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