GIUGNO 2024

Costo delle materie prime e prezzi del pane: ecco dove costa di più produrre

A cura di Anna Celenta

Gli ultimi dati dell’Osservatorio Prezzi del Corriere del Pane segnalano incrementi importanti nei costi degli ingredienti base, con forti differenze tra città e città. Abbiamo analizzato la situazione, e come interpretarla, con il presidente di Assipan Roberto Capello

Cosa incide oggi sulla produzione di un forno? Abbiamo preso a campione anche tre materie prime: farina, zucchero e burro. Se le seconde entrano poco in gioco quando si parla di produzione di pane in senso stretto, non si può dire lo stesso della farina, che è l’assoluta protagonista. Burro e zucchero, però, sono alla base dei prodotti da colazione, quindi altrettanto importanti.

Già l’anno scorso all’interno dell’Osservatorio dei prezzi del Corriere del Pane, abbiamo pubblicato una panoramica sulle oscillazioni dei prezzi (per rivedere l’andamento del prezzo del pane dello scorso anno potete cliccare qui) .

 Se ora paragoniamo i dati 2023 con i primi tre mesi del 2024, disponibili sul sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, possiamo affermare che il prezzo massimo del pane comune al chilo è rimasto costante. Venezia, per esempio, resta a 9 €/kg anche nei primi tre mesi del 2024 con lievissime oscillazioni sui prezzi minimo e medio che, però, non spostano l’asticella del valore massimo. Ancora curioso il caso di Bari (leggi qui le opinioni che avevamo raccolto lo scorso anno), dove il massimo è ai livelli della città lagunare, ma con prezzi minimi di 3 €/kg e medi di 3.80/3.81 €/kg (da gennaio a marzo 2024) contro i 3.46 €/kg e medio di 5.69 €/kg (gennaio 2024), 5.79€/kg (febbraio 2024) 5.87 €/kg (marzo 2024) del capoluogo Veneto. A Napoli il prezzo del pane comune resta al di sotto dei 3 €/kg nei primi tre mesi dell’anno. Anche se pure qui c’è stato un lievissimo aumento rispetto agli ultimi tre mesi del 2023 che avevamo preso in esame, con il massimo fisso a 2.50 €/kg nonostante i rincari di materie prime e energia che avevano messo in ginocchio tutto il Paese.

Le altre materie prime

A proposito di materia prime, sempre dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe del Ministero, abbiamo estrapolato il prezzo di tre degli ingredienti più utilizzati nel mondo bakery, ossia farina, zucchero e burro. Per un migliore confronto, abbiamo scelto le stesse città. Come vedrete dalle tabelle, il dato più significativo riguarda il burro, con differenze nel prezzo massimo di oltre i 10 €/kg tra alcune città. A Milano, per esempio, il burro sembra essere piuttosto caro 20.72 euro €/kg (gennaio 2024) e 22.66 €/kg (marzo 2024), contro, per esempio, gli 11.94 €/kg di Napoli in gennaio o gli 11.76 €/kg di Bari in marzo. Confrontando il prezzo del burro con il mese di marzo 2023, si nota un aumento di circa 3 €/kg nello stesso mese del 2023 a Milano (19.76 €/kg) e una diminuzione, invece, dello stesso valore a Napoli, Bari e Palermo, per citarne alcune.

Non confondiamo gli utili con la ricchezza.
Ecco il parere Roberto Capello, di Assipan

«Che i prezzi delle materie prime aumentino o siano stabili non deve essere fonte di panico… si tratta di processi normali. Dobbiamo smettere di considerare un unico fattore e ampliare il discorso. L’impresa ha il dovere morale di fare ricchezza. Non bisogna però considerare solo l’utile, perché questo non è che una parte della ricchezza, non l’unica: ricchezza è anche qualità della vita e del lavoro. Le imprese hanno il dovere di distribuire questa ricchezza, anche verso il consumatore. E lo fanno attraverso la qualità del prodotto, per esempio. Quindi se aumentano i costi delle materie prime e delle strutture necessarie per trasformare il prodotto, l’imprenditore deve ricalibrare il prezzo finale senza grandi patemi. Fa parte del suo ruolo e della sua funzione sociale. Ovviamente accanto all’aumento del prezzo, occorre che l’imprenditore si operi anche a rendere sempre più efficiente il sistema, per esempio, riducendo i costi generali. Se un imprenditore non opera correttamente e si aspetta che sia la politica a stabilire un determinato prezzo non assolve il proprio compito. Il prezzo lo determina un algoritmo economico/sociale e noi titolari di impresa dobbiamo acquisire un po’ più di consapevolezza in questa direzione. Prossimamente dovremo far fronte anche agli aumenti contrattuali, perché il contratto collettivo di lavoro e23 è in evoluzione e porterà sicuramente a un aumento del costo del personale. Non concordo però con i panificatori che si lamentano per questo aspetto: del personale, infatti, fa parte anche l’imprenditore stesso, quindi se aumentano i compensi, aumentano anche i suoi. Il 99% dei panificatori, infatti, è operaio della propria azienda e, in moltissimi casi, lo è anche qualche familiare: se aumentano gli stipendi, aumenta anche il benessere suo e della propria famiglia. Non vedo quindi una situazione tragica, ma una situazione che evolve in modo normale. L’efficienza delle imprese passa attraverso l’intelligenza umana e non richiede necessariamente grossi investimenti, ma una definizione più puntuale dell’organizzazione».

*Fonte: Ministero delle Imprese e del made in Italy. L’Osservatorio Prezzi e Tariffe diffonde le informazioni sui livelli dei prezzi per un paniere di beni e servizi di largo consumo elaborati dall’Istat sulla base dei dati utilizzati per l’Indagine sui prezzi al consumo. In termini generali, per i dati rilevati dagli Uffici Comunali di Statistica (rilevazione tradizionale) e per quelli derivanti dalla fonte amministrativa viene individuato il prezzo minimo e massimo effettivamente rilevato, mentre il prezzo medio è la media delle quotazioni di prezzo raccolte e validate. Per tutti i dati diffusi, considerata la natura delle referenze, si precisa che tra una provincia e l’altra, così come tra un mese e l’altro nell’ambito della stessa provincia, le quotazioni (di prezzo) possono riferirsi, per il medesimo prodotto, a diverse combinazioni di varietà, marca e confezione.
Photo courtesy of Carlo Casella, pane di Matteo Cunsolo

Pane di segale no problem: ecco le 10 mosse fondamentali (+ una)

Il pane di segale è un prodotto tradizionale che oggi è considerato di tendenza. Molti panificatori, però, non lo producono per le difficoltà che si riscontrano nel maneggiare una materia prima con poco glutine, il cui impasto risulta colloso e difficile da lavorare.

Abbiamo chiesto a Daniel Zanoni, membro del Richemont club e rappresentante della terza generazione dell’omonimo panificio pasticceria di Comano Terme (TN) di spiegarci quali sono i 10 step per realizzare un pane di segale a regola d’arte.

Regola n. 1

Il pane di segale lo produco sempre con un prefermento di segale. Il preferemento si prepara 24 ore prima circa e va lasciato riposare ad una temperatura di 28 °C. Su 1 kg di farina di segale vanno aggiunti 100 gr di pasta madre liquida e 1000 gr di acqua a 33/33 °C.

Regola n. 2

È fondamentale conoscere le caratteristiche della materia, che è povera di glutine, ma non completamente priva: per per attivarlo ed ottenere la giusta alveolatura, occorre utilizzare l’acqua calda ad almeno 33/34°C. Questo valore ovviamente dipende dalla temperatura del luogo di lavoro e delle materie, ma consiglio di non scendere sotto i 34°C per avere la giusta temperatura finale.

Regola n. 3

Quando si impasta la segale è normale avere delle perplessità e andare in confusione perché l’impasto reagisce in modo strano – Non occorre lasciarsi prendere dall’ansia, se sembra che la maglia glutinica non si formi. Non eccedere quindi con la velocità della macchina, consiglio la planetaria (va bene una velocità media) e di lavorare 3 o 4 minuti al massimo. Occorre far incorporare un po’ di aria, ma non lavorare eccessivamente perché non si otterrà mai un impasto simile a quello del pane fatto con il frumento.

Regola n. 4

La temperatura finale dell’impasto deve essere 28/30 °C.

Regola n. 5

Quando si toglie la pasta dall’impastatrice e quando si forma, ricordarsi di bagnarsi sempre le mani.

Regola n. 6

Per sapere quando è pronta la massa, che va lasciata risposare almeno un’ora a temperatura ideale di 28 °C, si spolvera con la farina: quando quest’ultima crea delle crepe, vuol dire che è pronta

Regola n. 7

Prendere l’impasto con le mani bagnate avendo cura di aver spolverato il tavolo di lavoro con molta più farina rispetto a un pane tradizionale. Lo spolvero si può fare con farina di segale, ma anche con una farina integrale. Come detto al punto 5 il tempo che occorre per la fermentazione in massa non è mai fisso: occorre spolverare la pasta con molta farina e osservare quando si formeranno delle crepe, vuol dire che il pane può essere formato.

Regola n. 8

Il pane di segale, una volta che formato, girato e messo nello stampo, va informato dopo circa 60 minuti a 28 ° C. Vale sempre la regola delle crepe, quando iniziano a notarsi è pronto per essere infornato.

Regola n. 9

La cottura dipende dal peso, per una pezzatura da 1 kg (occorrono 1300 gr di impasto crudo) si cuoce per circa 60 minuti e con calore a caduta: si parte da una temperatura di 230/240 °C circa e si scende fino 200/210 °C.

Regola n. 10

Attenzione al vapore del forno: si tratta di un impasto molto umido, che rilascia già di suo molto vapore. Non è vietato usare anche il vapore del forno, ma va fatto con molta cautela.

Regola n. 10+1: il riposo

Una volta sfornato, il pane di segale va fatto riposare un giorno prima di essere esposto per la vendita, perché la segale prende valore: acquista sicuramente aroma e profumo.

I consigli di un MOF tutti per voi

Aurélien le Mouillour, trent’anni, formatore e, dal 2023, anche MOF. Ecco alcuni suoi spunti per organizzare il laboratorio in modo efficiente.

Organizzare il lavoro per realizzare il programma richiesto per diventare MOF prevede una naturale predisposizione. L’esperienza maturata in quel contesto serve anche per studiare come strutturare un laboratorio di panificazione in modo da renderlo efficiente. Abbiamo incontrato Aurélien le Mouillour durante la masterclass dedicata a vienneserie e pani speciali che ha tenuto al Baking Center™ Lesaffre il 21 maggio e gli abbiamo chiesto quali suggerimenti può dare a chi voglia ottimizzare la produzione. Ecco che cosa ci ha detto:

«Penso che l’organizzazione sia l’avvenire della panificazione moderna, perché viviamo in un contesto economico dove l’energia e la mano d’opera sono sempre più care. Poiché anche le materie prime subiscono spesso fluttuazioni di prezzi, l’unico modo che ha il panificatore per evolvere è puntare sull’ottimizzazione dell’organizzazione. Bisognerà rendere più produttivi i propri dipendenti e ci sono alcuni punti su cui si può lavorare:

1) Pensare in grande, in scala. Smettere di pensare in piccolo. Mutuo un esempio dalla pasticceria perché è più intuitivo: se prendiamo gli éclair, che si vendono anche in panificio, occorre averne di diversi gusti. Alcuni colleghi ogni giorno guarniscono e glassano a seconda della richiesta. Bisogna invece evitare tutti questi compiti giornalieri e lavorare in serie adattando le ricette a questo scopo;

2) Puntare decisamente su prodotti che durano diversi giorni o che possono essere stoccati grazie alla surgelazione. In Francia sappiamo come far durare una brioche e anche in Italia sapete farlo, basta pensare a quanto dura un panettone. Bisogna applicare questi criteri al maggior numero di prodotti;

3) Sul pane questo ragionamento è diverso: non conosco bene i panifici italiani, ma in Francia la tendenza attuale è quella di avere cento referenze diverse tra pani, vienneserie, torte, macarons e questo richiede molto lavoro quotidiano. La soluzione non può essere solo congelare: occorrerebbe uno spazio enorme per stoccare tutti i prodotti. Secondo me bisognerebbe cominciare ad applicare un turn-over di prodotti mantenendo fissi i best seller (in Francia, per esempio, la baguette non può mai mancare), ma ruotando le altre referenze. Il lunedì si potrebbe proporre la baguette, il pane di segale, un multi-cereali e un pane al mais; il martedì mantenere la baguette, ma proporre un pane di farro, uno di grano saraceno e un pane campagnolo, e così via. In questo modo i tuoi collaboratori devono realizzare tre impasti e non venti e quindi si risparmia tempo;

4) Un altro espediente può essere lavorare su prodotti che possano essere stoccati come i pan di Spagna e anche prodotti salati che possano essere surgelati, come per esempio dei bretzel farciti che ho presentato oggi.

5) Fare attenzione alla diversificazione forzata. Si può provare a servire prodotti che rispondano a diversi momenti di consumo, ma non bisogna esagerare, a meno di non avere un gruppo strutturato o collaboratori polivalenti (che è sempre più raro). Fare prodotti lontani dalla panificazione significa dover organizzare il laboratorio: se nel mio negozio volessi servire anche la pizza al piatto, che per noi francesi non è un prodotto vicino a quello che facciamo, dovrei acquistare un forno adatto, oltre ad avere un pizzaiolo in squadra e io stesso dovrei avere questa competenza per poter controllare quello che fa. Per me allontanarsi troppo è rischioso. Meglio stare su prodotti più vicini a quelli che si fanno abitualmente: si possono lo stesso aumentare i momenti di consumo;

6) Puntare ancora di più su quegli impasti che permettono di ottenere molte referenze diverse: si fa già, ma bisogna spingere decisamente in questa direzione. Nella masterclass di Lesaffre ho portato il pain viennois: con questo impasto posso fare, il pane originale, delle baguette alla viennese, posso aggiungere delle pepite di cioccolato oppure della frutta; posso farlo diventare un bretzel vuoto e farcito; posso farlo diventare un panino da farcire e molte altre referenze diverse ancora».