Maggio 2024

ISTRUZIONE, PRATICA, TECNOLOGIA: 3 SOLUZIONI PER RIPORTARE I GIOVANI IN PANIFICIO

A cura di Atenaide Arpone e Anna Celenta

Gli ultimi dati di Confartigianato sulla carenza di personale fotografano una situazione in continuo peggioramento e che coinvolge sempre più imprese artigiane. Dalla scuola alla collaborazione diretta tra imprenditori-artigiani e istituti alberghieri, abbiamo raccolto opinioni e testimonianze di associazioni e operatori. Con alcune proposte concrete per superare l’emergenza.

Cresce la difficoltà di reperimento dei pasticceri artigiani: nel 2023 le entrate delle imprese per le professioni di “Pasticcieri, gelatai e conservieri artigianali” e “Panettieri e pastai artigianali” sono salite a 24.510, in aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente, nello stesso tempo, però, è salita anche la carenza per queste tipologie di lavoratori specializzati: 13.970 entrate, pari al 57,0%, risultano di difficile reperimento, pari al 57,0%, in aumento di 13,9 punti rispetto al 43,1% registrato l’anno precedente.

Tre le maggiori regioni, con almeno mille assunzioni nelle professioni dell’arte bianca, la difficoltà di reperimento più elevata, e superiore alle media, si osserva in Lombardia con 4.110 entrate di cui il 66,2% difficili da reperire, Sicilia con 1.870 entrate di cui il 62,0% difficili da reperire, Marche con 1.000 entrate di cui il 62% difficili da reperire, Veneto con 1.440 entrate di cui il 61,8% difficili da reperire, Toscana con 1.130 entrate di cui il 61,1% difficili da reperire ed Emilia Romagna con 2.690 entrate di cui il 61,0% difficili da reperire.

Entrate di Pasticcieri, gelatai e conservieri e Panettieri e pastai artigianali difficili da reperire per regione

Anno 2023 – % su totale entrate – categorie professionali 65.12 e 65.13 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Unioncamere – Anpal

Alla ricerca del lavoro perduto

Il rapporto di Confartigianato fotografa una vera e propria emergenza, che non è solo italiana, perché la scarsità di personale qualificato è una problematica che si sta affrontando in tutta Europa. Ciò frena anche le transizioni ecologica e digitale ed è indicato come il problema più grave dal 58,1% delle Pmi del nostro Paese, a fronte del 54,1% della media delle piccole e medie imprese dell’Ue. Secondo il rapporto di Confartigianato, la ricerca di personale ha tempi medi di 3,3 mesi che possono superare un anno per trovare operatori specializzati. Tutto questo per le piccole imprese ha un costo che Confartigianato quantifica in 10,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto per le ricerche di manodopera che durano oltre 6 mesi.

Marco Granelli, presidente Confartigianato

La collaborazione con le scuole è necessaria per dare una svolta

Per reagire alla carenza di personale, il 66% dei piccoli imprenditori ha adottato una serie di strategie. In particolare, un quarto delle aziende ha puntato sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale. Secondo Confartigianato, infatti, per il 72% dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche e ingegneristiche (STEM).

«Per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro, bisogna partire dalla scuola, di tutti gli ordini e gradi, che deve imparare a insegnare la “cultura del lavoro” mischiando sapere e saper fare, superando la storica separazione tra formazione umanistica e formazione tecnica per preparare davvero i ragazzi ad affrontare un mondo in continua evoluzione. Crediamo molto nelle iniziative come il Liceo del made in Italy e nei nuovi percorsi di formazione professionale che il Governo ha promosso. Però, affinché funzionino davvero e diano risultati, sono necessari il potenziamento della parte di formazione tecnico-pratica e il coinvolgimento diretto degli imprenditori nel ruolo di formatori», ha dichiarato Marco Granelli, presidente Confartigianato.

Nico Carlucci, presidente di categoria di Confartigianato Bari

Confartigianato Bari: senza cambio generazionale il mestiere di panificatore è a rischio

«La ricerca di personale qualificato è pressoché impossibile, abbiamo dirottato sulle giovani leve da formare, ma che su questo versante stiamo registrando dati negativi impressionanti. Se dovesse continuare questo trend, numerose attività di panificazione non riusciranno a restare aperte, non parliamo nemmeno di potenzialità di crescita, ma di vera e propria sopravvivenza e ricambio generazionale impossibile», è l’allarme di Nico Carlucci, presidente di categoria di Confartigianato Bari e terza generazione di panificatori. «La retribuzione è buona, le soddisfazioni professionali sono molteplici, la tecnica e l’innovazione del settore consentono sperimentazioni importanti ma, purtroppo, tutto ciò è accompagnato da turni di lavoro oggettivamente faticosi. Tra il lavoro notturno e le aperture all’alba, molti giovani non riescono a far combaciare l’attività con il proprio stile di vita o con quella che ritengono essere un’adeguata qualità della vita. Anche se su questo aspetto la tecnologia ci supporta: la possibilità di produrre pane con fermentazioni lunghe riduce la necessità di lavoro notturno e alleggerisce il carico manuale». Carlucci auspica un maggior sostegno da parte dello Stato che dovrebbe incentivare le assunzioni e i percorsi professionali. «Nella mia attività cerco costantemente di avvicinare i giovani suscitando in loro un po’ di curiosità, purtroppo senza risultati concreti, almeno per il momento», conclude Carlucci.

Natale Laganà
Ezio Marinato

L’opinione dei Panificatori: professionalizzazione nelle scuole e un aiuto dalle istituzioni

A proposito di istruzione si esprime così il panificatore messinese Natale Laganà, titolare del Panificio Laganà 1968, nonché vice presidente Assopanificatori Messina: «Gli istituti alberghieri non riescono a professionalizzare i ragazzi, per lo meno al Sud. Io farei un lavoro a monte, partendo dalle scuole statali. Come ci sono istituti che professionalizzano nel settore metalmeccanico, per citarne uno, dove gli studenti fanno anche delle ore di laboratorio per imparare il mestiere, così dovrebbe succedere nella panificazione. Le ore di pratica in laboratorio permettono di accedere al mondo del lavoro con un minimo di competenza. In questo modo, i ragazzi si approcciano al mestiere con la giusta dose di consapevolezza e, perché no, un pizzico di passione».

«Mi è capitato di incontrare studenti che cadessero dalle nuvole quando sentivano parlare di lavoro notturno», incalza Ezio Marinato, maestro panificatore e titolare dell’omonimo panificio di famiglia, parlando della sua esperienza come formatore in corsi di livello superiore rispetto agli istituti alberghieri, dove si suppone che, chi si approccia al mondo della panificazione, sia consapevole del sacrificio che questo comporta. «Anche se i tempi sono cambiati il nostro lavoro si svolge ancora di notte, questo se vogliamo restare degli artigiani e sfornare pane al mattino, quando ancora la clientela che viene in negozio pensa di trovarlo», continua Marinato. «Questo è quello che succede nella mia azienda, che si trova in un piccolo paese (Cinto di Caomaggiore, Venezia, ndr), ma ci possono anche essere necessità diverse dalla mia. Siamo un’azienda di famiglia, anche volendo, non potremmo permetterci anche solo due braccia in più perché non è facile far quadrare i conti. Da un lato si vuole riconoscere il giusto e meritato compenso al collaboratore, dall’altro le piccole aziende a conduzione famigliare come la nostra non se lo possono permettere. Faccio un esempio: mia sorella dedica tre quarti del suo tempo all’amministrazione che toglie alla produzione, ma se dovessi assumere un’altra persona sarebbe molto più oneroso».

«La difficoltà non è soltanto trovare personale, ma anche mantenerlo una volta che lo hai formato. Nel mio staff ci sono persone che lavorano da una quindicina d’anni e altre da pochi mesi, non so ancora se queste, una volta che avranno imparato il mestiere, resteranno», spiega Laganà. «Da parte mia, però, faccio di tutto per trattenerli, per esempio, grazie alla tecnologia del freddo sono riuscito a spostare alle 4.30 l’orario di inizio produzione di pane e conto di arrivare alle cinque, che non è più nemmeno considerato lavoro notturno. Naturalmente questo si può fare solo con lo spazio in laboratorio, necessario per lo stoccaggio, e la tecnologia del freddo. Per esempio, quando arriviamo in laboratorio la mattina presto abbiamo già circa 50 kg di pane a 12°C pronti da informare. Li produciamo il giorno prima, a fine turno, e li lasciamo lievitare a temperatura controllata. Lo stesso si può fare con i prodotti per la prima colazione, tra l’altro con un uso minore di lievito, quindi sono anche più buoni. Insomma, oggi non serve più andare in laboratorio a mezzanotte come succedeva in passato. I mezzi per rendere il mestiere del panificatore più umano, lato artigiani, ci sono, mancano un pizzico di ambizione e di spirito di sacrificio in più dei giovani, da una parte, e il sostegno delle istituzioni con una giusta politica, dall’altra. A mio avviso, lo Stato dovrebbe incentivare la professionalizzazione dei ragazzi invece di “sovvenzionarli” con sussidi», conclude Laganà.

«Un lavoro come il nostro deve essere reso appetibile anche dal punto di vista umano. I ragazzi hanno voglia di fare esperienze nuove, diverse, anche lavorativamente parlando. Negli ultimi anni ho incontrato sempre più persone, più o meno giovani, che prima hanno fatto altre esperienze lavorative e che, a un certo punto, si sono avvicinate alla panificazione piuttosto che alla pasticceria. Questo è positivo perché significa che imparano il mestiere seguendo una passione. Ma dimostra anche che non è più come una volta, che svolgevi una professione per tutta la vita, ne consegue che, talvolta, incontri anche chi durante il Covid faceva il pane in casa e pensa di reinventarsi frequentando dei corsi, ma alla fine non sa che dovrà lavorare di notte», spiega Marinato che conclude: «dobbiamo tutti trovare un punto di incontro, anche scolastico».

Voci dalla scuola

Per capire se, effettivamente, è necessaria una maggiore professionalizzazione siamo “entrati” anche nelle scuole, dove abbiamo raccolto alcune opinioni.

Lia Mascolo, dirigente scolastica dell’Istituto San Paolo di Sorrento (Napoli): «Nel nostro istituto siamo riusciti a trovare un giusto equilibrio, grazie anche alla collaborazione con la Federalberghi della Penisola sorrentina e di altri enti con cui ci interfacciamo. I ragazzi vanno motivati, ma allo stesso modo vanno stimolati i nostri tutor: noi abbiamo pensato di mettere questi ultimi in contatto con quelli di diverse aziende, in modo che siano costantemente aggiornati su quello che richiede il mercato, perché per una scuola è importante formare bene i ragazzi, ma “formare i formatori” è altrettanto indispensabile».

Danilo Di Vuolo, insegnante di Arte Bianca dell’Istituto San Paolo di Sorrento: «Il nostro compito non è facile: dobbiamo cercare di trasmettere sia la materia sia la passione per questo lavoro e oggi è diventato veramente difficile. I ragazzi inseguono grandi sogni, senza comprendere quale sacrificio ci sia dietro. E poi ci scontriamo con programmi vetusti, bisognerebbe cambiare anche quelli. L’arte bianca è cambiata tanto e noi dobbiamo sì, trasmettere le basi, ma allo stesso tempo dobbiamo essere contemporanei. Una cosa urgente da fare, sarebbe – solo per fare un esempio – aumentare le ore di laboratorio, perché ormai i ragazzi, la pratica, non la fanno quasi più».

Se l’arte bianca piange, la cucina non ride

E cosa succede nelle cucine? Anche gli chef stellati di fama internazionale lamentano la mancanza di personale giovane e specializzato.

Alfonso Iaccarino, chef Don Alfonso 1890 (due stelle Michelin): «I ragazzi di oggi vengono da un periodo non eccezionale per la loro formazione: sono stati chiusi, fermi e obbligati rinunciare improvvisamente alla libertà di cui godevano. Ne sono rimasti scioccati e vanno prima di tutto capiti. Poi gli va spiegata la verità e, cioè, che il lavoro è una cosa seria e molto lontana da quello che mostra la televisione. Bisogna spiegare, però, anche il bello del nostro lavoro e per fare questo occorre maturità in chi li gestisce: non bisogna massacrarli facendogli fare la gavetta come la facevamo noi. Noi venivamo dalla “fame”, loro da un mondo in cui tutto è o sembra a portata di mano».

Peppe Aversa del Ristorante Il Buco di Sorrento (una stella Michelin): «Sta a noi, imprenditori e scuola, ridare una motivazione ai ragazzi e fornire loro un’immagine più veritiera del mondo del lavoro che, negli ultimi anni, è stato descritto solamente per esasperazioni. Allo stesso tempo, bisogna soddisfare le loro necessità, prima di tutto in termini d’orario. L’epoca di chi passava la propria vita nella propria impresa è finita: bisogna rivedere la gestione del lavoro creando giornate libere in più e orari ben precisi».

SOLO PER VOI: ECCO CHE COSA VEDERE A CIBUS 2024

A cura di Anna Celenta
Foto courtesy of Cibus

In esclusiva per il Corriere del Pane, l’invito a visitare Cibus, dal oggi al 10 maggio, di Riccardo Caravita, Food and Brand Manager Cibus e una selezione di prodotti e ingredienti per arricchire le vetrine delle vostre bakery.

Dal oggi al 10 maggio a Parma si tiene la 22esima edizione di Cibus. I numeri dell’edizione 2024 superano tutte le manifestazioni precedenti segnando un nuovo record per le fiere del settore in Italia: più di 3.000 brand presenti e 2.000 top buyer internazionali provenienti dai principali mercati obiettivo.

In esclusiva per i lettori del Corriere del Pane, abbiamo percorso un tour virtuale attraverso i prodotti che caratterizzeranno l’edizione e che sapranno arricchire di idee, spunti e novità le vostre aziende: «Cibus è anche una grande vetrina per il comparto bakery, cresciuto negli anni, e che oggi occupa un intero padiglione. Parliamo di un comparto che nel 2023 ha raggiunto i 13 miliardi di euro di ricavi. A Cibus abbiamo un’ampia gamma di aziende che realizzano prodotti, spesso innovativi, che spaziano dai semilavorati ai prodotti ambient, sino ai freschi e surgelati, che saranno portati in giro per il mondo dagli oltre 2.000 buyer provenienti dai più importanti mercati internazionali e presenti appunto a Cibus», ha dichiarato alla nostra redazione, Riccardo Caravita, food and brand manager di Cibus.

Le novità healthy e funzionali

Nel tour virtuale tra le novità di prodotto emerge un trend in forte crescita negli ultimi anni: nutrizione, benessere e, soprattutto, alimenti “potenziati” dal punto di vista proteico. Non a caso, nelle “Aree Speciali” di Cibus, tornerà, dopo il successo della passata edizione, “Cibus Healty” che ospiterà convegni dedicati al comparto dell’alimentazione funzionale con la presenza di professionisti del settore. Qui, si alterneranno sul palco testimonianze di sportivi e nutrizionisti dedicate al tema del benessere.

Break & fast – Molino Rossetto

Break & fast appartiene alla linea BIGOOD di Molino Rossetto. Si trova in forma di barattolo di farina d’avena con l’aggiunta di proteine in polvere. Ogni 100g di prodotto contiene 32 g di carboidrati, 20 g di fibre e 27g di proteine. Si tratta di un preparato senza zuccheri aggiunti e ricco di proteine (circa 30%), perfetto per una colazione o per dare maggior gusto e boost di proteine al caffè, cappuccino o altra bevanda. Il consumo è ideale per un target sportivo e attento al benessere alimentare.

Margherita vegana e gluten free e base pizza barbabietola – PizzaMi

Pizzami propone la sua iconica “Margherita” in veste vegana e gluten free, priva di allergeni e lattosio.

Realizzata con ingredienti di alta qualità e farcita con pomodori italiani, questa pizza riproduce perfettamente la consistenza della mozzarella tradizionale. Il “formaggio” utilizzato è preparato con acquafaba, un composto ottenuto dai ceci, ricco di fibre, proteine e a basso contenuto calorico. Durante la cottura, il formaggio si scioglie e assume un aspetto traslucido e filante, proprio come la mozzarella tradizionale. Per private label retail: ricetta, farcitura e pack personalizzabili. Disponibile nella versione precotta e surgelata.

PizzaMi propone anche la base pizza alla barbabietola: un prodotto innovativo e originale, che strizza l’occhio alla tradizione, ideale per pizze gourmet. Con un cornicione alto in perfetto “stile napoletano”, e un impasto morbido e fragrante, questa base pizza cattura anche l’occhio con il suo vibrante colore magenta. Bella, buona, ma anche salutare: gluten free, 100% vegana, clean label, ricca di vitamine, fibre e minerali. Disponibile per foodservice, private label e retail con ricetta, farcitura e pack personalizzabili.

Farina proteica – IPA Food

Farina Proteica rende i tuoi impasti proteici, con pochi carboidrati e ricchi di fibre. È ideale per tutte le creazioni dolci (plum-cake, muffin, pancake, ecc.) e salate (pizza, pane, focaccia, ecc.). Non contiene lievito, né alcun tipo di aromi o conservanti. È facile da utilizzare, basta seguire le nostre indicazioni sul retro della confezione.

Farina di pomodoro – Gruppo Fai e G Muraca

Se si parla di prodotto green 100%, chi meglio di lei? Recuperata dal processo di produzione della passata di pomodoro, riesce a creare uno sviluppo green e di economia circolare. Usata negli impasti, nelle preparazioni di piatti, come insaporitone, come guarnizione nei piatti gourmet, ricca di antiossidanti e di licopene, ma soprattutto senza glutine.

Flake biologici di Zigolo Dolce & Ribes Nero – Ioboscovivo

Lo Zigolo Dolce è un tubero, con un sapore mandorlato, ad alto interesse nutrizionale: contiene grassi di ottima qualità, fibre insolubili e amido resistente che lo rendono un importante Prebiotico. È un’ottima fonte di vitamine (E e C in particolare) e sali minerali come il ferro. È naturalmente privo di glutine e colesterolo. I flake con ribes nero liofilizzati pronti al consumo sono 100% vegetali, senza zuccheri aggiunti, senza glutine, ricchi di fibre e di ferro.

Le proposte sfiziose e alternative

Plum-cake allo yogurt con polvere di grillo – Trevisan

Soffice plum-cake arricchito con yogurt e polvere di grillo (Acheta domesticus). Confezionato singolarmente in vaschetta da 6 pezzi x 35g.

Biscottini salati al tartufo – Savini Tartufi

Lo snack sfizioso per l’aperitivo. I Biscottini salati al tartufo sono composti da Farina di grano tenero 77%, olio di semi di girasole alto oleico, olio di oliva, sale, aromi, tartufo estivo (tuber aestivum vitt.) 1%, tartufo estivo disidratato (tuber aestivum vitt.) 0,07%, aroma naturale. Il prodotto può contenere semi di sesamo e senape.

Burrata Microondabile Nduja – Consorzio del Molise

Due ingredienti della tradizione uniti insieme, la nduja e la burrata, danno vita a 80 g di puro gusto italiano. Il pack, anche esso innovativo, permette il rapido decongelo in microonde: il gusto italiano pronto all’uso per condire un piatto di pasta o una pinsa/pizza.

Pinsa di alta qualità – Pinsami

Pinsa di alta qualità, ricettata margherita, conservabile nel freezer. La base segue la ricetta originale della pinsa: tre diverse farine, lievito madre, una lunga lievitazione per un risultato molto “aereato”, leggero e croccante. Pomodoro e mozzarella sono 100% italiani. Pronta in 7 minuti.

Base Pizza Contemporanea – Mediterranea Quality Food

La base Pizza contemporanea con cornicione alto, realizzata con farina tipo 1 e germe di grano.

Spunti dalle grandi aziende per “rubare” idee all’industria

Negli anni l’industria ha dimostrato di prendere spunto dagli artigiani per lanciare nuovi prodotti, lo stesso possono fare gli artigiani, guardando quali novità stanno per lanciare le grandi aziende dell’agroalimentare. Eccovi alcune novità in mostra a Parma.

Biscotti alla vaniglia con mais corvino – Martino Rossi

Frollini con mais corvino, senza glutine, dal sapore intenso e dall’aroma rustico e integrale. Inoltre, sono senza glutine e senza lattosio, senza conservanti e coloranti, con mais da filiera italiana.

Nuove Fisarmoniche Mulino Bianco – Barilla G. e R. F.lli

Un impasto di brioche al cacao e uno agli 8 cereali si incontrano a formare soffici onde, farcite con una golosa crema al malto d’orzo e cacao, per una esperienza indulgente e con tutta l’energia dei cereali.

Con la loro forma unica, le Fisarmoniche sono ideali da inzuppare e da gustare anche in piccoli pezzi. La sofficità dell’impasto e la ricca farcitura offrono un’esperienza di gusto unica, ancora di più se inzuppata nel latte o nel caffè. Con -35% di zuccheri rispetto alla media delle merende più vendute.

Focaccia Snack – Pandorà

Focaccia Snack è la versione più pratica della Focaccia Ligure croccante. Sono quadratini di focaccia ideali per uno spuntino rapido, perché in formato più piccolo e confezionati in un comodo sacchetto. La lavorazione artigianale crea piccole disomogeneità che conferiscono l’aspetto di un prodotto autentico e tradizionale, proprio come la focaccia croccante Pandorà. Da portare sempre con sé e sgranocchiare in qualsiasi momento della giornata.

LeFrescheBiscottate – Integrali Salate – Grissin Bon

Fette biscottate salate prodotte con 100% farina integrale, adatte a ogni momento della giornata. Ideali per sfiziose bruschette, formaggi spalmabili, ricette vegetariane o con un’ottima fetta di salmone. Grissin Bon reinventa così l’utilizzo della fetta biscottata affinché questa possa essere non solo la compagna ideale per colazioni dolci o salate, ma anche una croccante soluzione per pranzo e cena.

Bao Buns, panini cotti al vapore – Nipponica

I Bao Buns sono un popolare street food cinese composto da un panino cotto al vapore da farcire con infiniti condimenti. Il panino al vapore ha una forma semicircolare da 6 -8 cm da farcire a piacere con carne, pesce, gamberi o fritti. Da scaldare al vapore o al microonde. Il Bao è un panino di farina di grano cotto al vapore, senza crosta, soffice, leggermente gommoso, dalla superficie bianca e così lucida da sembrare porcellana.

Presentazione in anteprima a Cibus, mercoledì 8 maggio presso lo stand Molino Pasini: Farina Napoletana Moderna

Grande efficacia anche per la farina Napoletana Moderna, studiata in collaborazione con Fudemy, per realizzare una versione rivisitata della classica pizza partenopea: un impasto leggermente più idratato, un cornicione più pronunciato, una friabilità superiore al morso. A presentare questa innovativa farina saranno presenti, mercoledì 8 maggio, proprio coloro che l’hanno fortemente voluta e studiata: Giovanni Tesauro e Michael Pelizza, rispettivamente fondatore e Master Tutor di Fudemy, Food Consulting Academy, nata dal connubio tra passione, scienza e competenza che crea percorsi formativi sulla pizzeria e panificazione per privati e professionisti.

Cibus e Banco Alimentare

Anche per l’edizione 2024, Cibus collabora con Banco Alimentare, affinché nulla vada sprecato. Al termine della manifestazione, infatti, Banco Alimentare recupererà i prodotti che le aziende espositrici scelgono di donare, salvandoli dallo spreco e distribuendoli alle organizzazioni caritatevoli convenzionate in Emilia-Romagna che aiutano persone in difficoltà. Questa iniziativa ha un impatto positivo sociale, ambientale ed economico. Durante la scorsa edizione di Cibus Connecting Italy sono state recuperate 7 tonnellate di alimenti, che corrispondono a circa 14mila pasti.

LA FOCACCIA DI RECCO COL FORMAGGIO IGP: STORIA, TUTELA E … LA RICETTA “RUBATA”

A cura di Francesca Tagliabue
Foto courtesy of La Baia – Milano

Abbiamo “rubato” per voi i segreti della Focaccia di Recco col Formaggio osservando un grande chef: Francesco Giurato del Ristorante Manuelina, che era ospite a Identità Golose e ha proposto una demo su questo argomento allo stand di Molino Vigevano.

Prima un po’ di storia e qualche curiosità. La focaccia col formaggio a Recco ha radici antiche: si narra infatti che questo prodotto esistesse già all’epoca della terza crociata. La sua ricetta, tramandata per molti secoli, è giunta praticamente integra ai professionisti del secolo scorso.

Tuttavia, la sua grande fama e le successive pessime imitazioni, hanno spinto gli artigiani del paesino ligure a creare, nel 2005, il Consorzio Focaccia di Recco col formaggio (www.focacciadirecco.it), posto a tutela di questo prodotto semplice e sano e con pochi ingredienti. Nel 2015, dopo un lungo percorso finalmente la Focaccia di Recco col Formaggio raggiunge l’IGP. La zona di produzione della Focaccia di Recco col Formaggio IGP è rappresentata dall’intero territorio ligure del comune di Recco e dei comuni confinanti di Avegno, Sori e Camogli.

IL GIRO D’AFFARI

Secondo un articolo apparso sul Sole 24 Ore lo scorso gennaio, la focaccia di Recco porta alla cittadina un fatturato stimato di 4 milioni e garantisce lavoro ̀a 12 aziende con 20 punti vendita per oltre 500 addetti. Se però si calcola l’indotto il giro d’affari cresce di 4 volte (Fonte: Sole 24 Ore del 14 gennaio 2024)

LA FESTA DELLA FOCACCIA DI RECCO

Per chi volesse gustare i diversi tipi focaccia di Recco o cercare di carpirne i segreti, il Consorzio ha creato una festa che si tiene ogni anno (nel 2024 sarà domenica 26 maggio) che è anche uno degli eventi liguri più conosciuti al largo pubblico: una festa dove gli storici panificatori Moltedo e Tossini in collaborazione con il Consorzio distribuiscono gratuitamente decine di migliaia di porzioni.

DOVE SI MANGIA LA FOCACCIA DI RECCO COL FORMAGGIO IGP

Per chi è ghiotto di Focaccia col Formaggio ed è disposto a fare qualche chilometro per raggiungere la cittadina ligure, ecco l’elenco dei locali che producono la vera Focaccia di Recco col Formaggio IGP

Ristoranti a Recco:

Angelo

Manuelina

Da ö Vittorio

Da Lino

Alfredo

Del Ponte

Ristoranti a Sori:

Edobar – Il Boschetto

Panifici a Recco:

Panificio Moltedo G.B. via Assereto

Panificio Moltedo 1874 via XX Settembre.

Tossini via Roma – Tossini via XXV Aprile.

Panifici e gastronomia a Recco:

Tossini via Assereto

Tossini via Trieste

Asporto a Camogli:

Focacceria Revello dal 1964

Asporto a Sori:

Focacceria Tossini

La ricetta “rubata” della Focaccia col Formaggio Manuelina

La Focaccia col Formaggio è un grande patrimonio e i produttori appartenenti al consorzio lavorano con l’obbiettivo di continuare ad aumentare la fama di questo fantastico prodotto. Per questo motivo, capita che i produttori varchino i confini della zona di produzione. È accaduto lo scorso marzo allo chef Francesco Giurato, del Ristorante Manuelina, uno dei luoghi dove è possibile degustare questa delizia.

Giurato ha mostrato ai visitatori di Identità Golose la preparazione della Focaccia col Formaggio Manuelina «Quando non siamo a Recco e vogliamo far conoscere la focaccia col formaggio, non possiamo usare la dicitura IGP, ma possiamo chiamarla Focaccia col Formaggio Manuelina. (il disciplinare lo permette agli appartenenti al Consorzio) Per quanto riguarda gli ingredienti, nessun compromesso, anche in trasferta sono rigorosamente gli stessi che utilizziamo a Recco». In questo caso sottolinea lo chef «la scelta degli stessi ingredienti è fondamentale per avere un buon risultato in qualsiasi circostanza, come può essere una fiera. Le condizioni climatiche a volte possono rendere più o meno difficile la stesura della pasta, ma con l’esperienza delle nostre mani nel tirare l’impasto e i nostri ingredienti, possiamo avere la garanzia di avere un prodotto sempre con le stesse caratteristiche. Usiamo sempre la stessa farina, che è la PS del Molino Vigevano: oltre a essere molto forte ed estensibile, questa farina è anche molto stabile in qualsiasi condizione».

LA RICETTA DELLA DEMO

Durante la demo dello chef Giurato a Identità Golose la redazione del Corriere del Pane è riuscita a “carpire” alcuni segreti di questo prodotto, tra cui una ricetta molto vicina a quella originale:

Ingredienti

Note per il procedimento

Si impasta per 6/7/8 minuti al massimo, ma poi l’impasto va ulteriormente lavorato per incordarlo. Occorre essere molto veloci, mescolando acqua e farina e aggiungendo poi l’olio al filo. Una volta formate le palline si dà la forza spingendo l’impasto all’interno con i pollici; a questo punto si lascia riposare a temperatura ambiente per 10/20 minuti coprendolo con della plastica. Se le temperature esterne sono molto elevate, l’impasto non dovrà riposare per più di 15 minuti. 

La stesura dell’impasto si fa con il dorso delle mani ed è importante notare che la pasta va divisa in due parti già al momento della realizzazione delle palline. Infatti, lo strato inferiore della focaccia deve essere più spesso perché a contatto con il rame (per la superficie occorre quindi realizzare delle palline più piccole).

Una volta stesa la parte inferiore dell’impasto, si dispone lo stracchino che deve essere tagliato in pezzi piccoli e uniformi. Sullo strato superiore più sottile si realizzano dei piccoli fori (i camini) che permetteranno di far fuoriuscire l’umidità creata dallo stracchino bisogna scegliere un prodotto equilibrato non magro, perché in cottura “scomparirebbe” e nemmeno troppo grasso perché si brucerebbe facilmente alle alte temperature brucerebbe.

La cottura che deve avvenire a una temperatura di 290/300 °C utilizzando forni refrattari con la platea calda al 100% e il cielo con una temperatura inferiore del 30%.

CORSO DI STENDITURA DELLA PIZZA: COSA SUCCEDE DOPO L’IMPASTO

La manualità con cui viene trattato l’impasto è quella che trasforma la pizza: arriva un corso per pizzaioli professionisti che si focalizza solo sulla tecnica di lavorazione e la mano dell’artigiano.

È la prima volta che parliamo di un corso per la stenditura della pizza. Sì, avete letto bene, non un corso da pizzaiolo, non una serie di lezioni sulla panificazione dedicate alla pizza, ma un corso esclusivamente dedicato al solo passaggio della stenditura della pizza, rigorosamente per addetti ai lavori.

Spesso l’attenzione di chi insegna e di chi impara a fare la pizza si focalizza principalmente sull’impasto: la stesura può differire, ogni pizzaiolo impara una tecnica da un maestro o da un corso e poi la porta avanti nel suo percorso.

Ma cosa succede quando un pizzaiolo si disegna una propria tecnica che gli permette di realizzare, con lo stesso impasto, pizze anche molto diverse tra loro come lavorazione e, dopo più di 40 anni allo stesso forno, decide di formare un pupillo cui insegnare la sua speciale arte di stenditura a mano? A risolvere il dilemma di Leo Matarrese, da 41 anni pizzaiolo de “La Baia dal 1969”, storica pizzeria milanese a pochi passi da Piazza Cinque Giornate, è stata la proprietaria del locale, Sabrina Longhi, lei che ogni giorno prepara di persona l’impasto artigianale estremamente elastico che Leo stende dal 1982.

Impasto particolare che «ancora oggi preparo secondo la ricetta segreta tramandatami da mio padre – farina forte, sale, acqua e pochissimo lievito di birra, che io rigorosamente doso ogni giorno secondo l’umidità esterna e interna del locale». Tempi di lievitazione di media durata (6-8 ore), in frigorifero a circa 5°C perché la presenza del forno a legna riscalda molto l’ambiente, e l’impasto arriva al forno in panetti da 200 g circa, pronti a sottomettersi alla stenditura di Leo, qualunque sia la lavorazione scelta.

Appresa la particolare tecnica di stenditura dal socio del padre di Sabrina Longhi, Leo Matarrese da quarant’anni prepara nella stessa giornata pizze dalle lavorazioni molto diverse: alla Milanese (sottili, croccanti e friabili, con il bordo appena accennato), alla Partenopea (la classica napoletana morbida, soffice e con il bordo alto), nel padellino (versione croccante della pizza in teglia, che lievita otto ore in più rispetto all’impasto abituale), a “petalo”, estremamente sottile, per citarne solo alcune.

Nasce così l’idea di far tenere a Leo un corso per professionisti che si concentri solo sull’arte della stenditura a mano della pizza, per trovare chi voglia imparare una preziosa tecnica artigiana e investire su sé stesso. «La mia idea è di tenere qui da noi un corso di un paio di ore, solo stenditura, una volta alla settimana, con massimo due persone per volta perché possano affiancare e seguire bene Leo. Partiremmo da metà maggio, secondo me farlo al mattino sarebbe meglio» ci spiega Sabrina Longhi. «Si terrà su appuntamento dalle 10 alle 12, preferibilmente nelle giornate dal lunedì al mercoledì, i giorni in cui solitamente chiudono i locali, per venire incontro ai professionisti che già lavorano. Chiediamo solo un rimborso spese per le materie prime e il tempo del pizzaiolo, 100 euro per due ore» specifica Sabrina, che non vede l’ora di cominciare

Per info:
[email protected]  

La Baia dal 1969
Via Benvenuto Cellini 3, 20129 Milano