Dalla capacità di modificare la dolcezza percepita di un dolce all’impatto sulle decisioni d’acquisto dei clienti, il colore può trasformarsi in un’arma formidabile al servizio della creatività del pasticcere e della sua attività. Ecco come scegliere le tonalità e gli abbinamenti giusti per ogni occasione
Una monoporzione di colore verde sembra più dolce di una gialla, a parità di ricetta; mangiare qualcosa di blu provocherà effetti inaspettati; degustare alla luce o al buio dà gradimenti diversi sugli stessi cibi. I grandi chef e pasticceri dicono sempre che il primo assaggio si fa con gli occhi ed è proprio così. Ma perché?
Ne abbiamo parlato con il professor Vincenzo Russo, che di comportamenti è uno specialista. È Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Coordinatore Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior and Brain Lab IULM”, Direttore Scientifico del Master in Food and Wine Communication IULM e Direttore Scientifico del Master in Comunicazione e Marketing dello Sport IULM.
«Quando mangiamo, i nostri sensi lavorano in sinergia per consentire al cervello di identificare esattamente gli alimenti ingeriti», esordisce. «E il nostro cervello ha circa il 50% delle cellule dedicate alla visione, mentre solo l’1% è dedicato a gusto e olfatto. Per questo motivo, la vista ha un ruolo chiave nel creare aspettative e nel provocare esperienze sensoriali gustative».
Come scriveva Shepherd nel 2015, ricorda Russo, “il sapore ha le caratteristiche dell’illusione”, quindi risulta facilmente influenzabile. L’aspetto del cibo può dunque avere un impatto decisivo sulle nostre attese e perfino predeterminare la nostra reazione di rifiuto o gradimento.
Sappiamo che esiste una sorta di “dominanza visiva” alla base della quale ogni sensorialità, come il gusto, si lascia fortemente influenzare dalle stimolazioni visive, in particolare dal colore.
Da tempo, la letteratura ha confermato che il colore può determinare fino all’85% delle decisioni di acquisto di un prodotto, sia per quanto riguarda il colore del prodotto stesso, sia quello degli elementi collaterali come il packaging. La percezione del colore, infatti, influenza le nostre decisioni perché precede la fase in cui il nostro sistema cognitivo processa gli stimoli, la fase in cui si creano le aspettative di gusto e di olfatto.
Lo si è dimostrato con una ricerca in cui un gruppo di persone ha assaggiato lo stesso yogurt usando cinque cucchiai con colore diverso (rosso, blu, verde, bianco, nero). Due le modalità: la prima prevedeva che lo yogurt avesse la propria colorazione naturale (bianco), mentre nella seconda era stato colorato di rosa. Per ciascun assaggio, ogni soggetto ha espresso su una scala da uno a nove il valore della dolcezza, della percezione di salato e il gradimento in generale. I risultati hanno mostrato che i campioni assaggiati dal cucchiaio nero sono stati valutati come meno dolci e meno piacevoli, mentre lo yogurt bianco è piaciuto più col cucchiaio bianco che con quello nero. Infine, lo yogurt rosa è piaciuto di più col cucchiaio nero che con quello bianco.
La prova più convincente della dominanza visiva sul gusto e del ruolo di un colorante alimentare nelle valutazioni dell’intensità del gusto proviene da una ricerca pubblicata da Clydesdale e altri nel 1992. Questi ricercatori hanno condotto una serie di studi psicofisici e hanno dimostrato che l’aggiunta di coloranti alimentari può fornire fino a un +10% di dolcezza percepita.
Anche il colore dei piatti o dei bicchieri fa parte di questo processo: una mousse al cioccolato presentata su un piatto bianco viene percepita più dolce dello stesso dessert presentato su fondo nero (Spence, 2015). Anche in un esperimento svolto da Piqueras-Fiszman e altri presso la Alìcia Foundation di Ferran Adrià a Barcellona, è stato comparato il sapore di una mousse di fragole ghiacciata servita su un piatto di colore bianco oppure su uno di colore nero. Il dessert servito sul piatto bianco è stato percepito come più intenso per il 15%, il 10% più dolce ed è stato gradito di più per il 10% rispetto alla stessa identica mousse servita sul piatto nero. Per lo stesso principio, uno yogurt mangiato con un cucchiaino bianco è stato descritto come più zuccherino rispetto allo stesso yogurt assaggiato con una posata di colore nero.
Questi risultati hanno portato alcuni a chiedersi se il colorante alimentare possa essere utilizzato come mezzo efficace per ridurre il contenuto di zucchero degli alimenti. Questa è una possibilità teorica e parte degli studi pubblicati fino a oggi ha misurato esposizioni a breve termine a particolari combinazioni di colore-gusto/sapore. Ma una cosa è certa: il colore influenza scelte e percezioni in modo sostanziale.
Nella vita di tutti i giorni, gli odori sono spesso percepiti insieme a segnali visivi. Entrambe le sensazioni interagiscono tra loro per modulare l’esperienza soggettiva: è molto difficile percepire una particolare nota odorosa se non con l’aiuto visivo. Si tratta di associazioni molto probabilmente acquisite, ma alcune sono particolarmente solide e cross-culturali (ad esempio, giallo/limone). Queste interazioni diventano tanto consistenti che la percezione dell’odore può cambiare con il colore, facendo in modo che, ad esempio, si possa percepire una bevanda al gusto di ciliegia come aromatizzata all’arancia, se è di colore arancione. Come è accaduto in uno studio del ricercatore DuBose.
Il colore non solo facilita l’identificazione degli odori, ma può anche influenzare i giudizi di intensità e gradevolezza degli odori stessi.
Oggi grazie alle tecniche neuroscientifiche possiamo valutare l’impatto emotivo provocato dalla scelta cromatica di un prodotto, della sua etichetta o del suo packaging. Un impatto che però è differente a livello culturale. Sappiamo, infatti, che il colore tende a evocare percezioni e associazioni di significato diversi tra le varie culture, segno che l’utilizzo di una medesima strategia cromatica risulterebbe scarsamente efficace su scala globale.
Nelle culture occidentali, il colore più gradito è il blu, seguito dal rosso, verde, viola, arancione e giallo. Si rilevano anche alcune differenze di genere: gli uomini dimostrano di tollerare maggiormente il grigio, il bianco e il nero rispetto alle donne, che si rivelano più responsive alle combinazioni di rosso e blu. Anche l’età sembra avere una certa influenza sul colore. Le combinazioni di rosso e blu sono maggiormente preferite da soggetti in età più avanzata.
Secondo J.A. Maga, l’aggiunta di colore verde in una soluzione dolce provoca un significativo aumento della sensibilità di dolce percepito dai consumatori. L’aggiunta di colore giallo, invece, rende meno dolce l’aspettativa e quindi la percezione dello stimolo. Secondo lo stesso autore, l’aggiunta di colore rosso non ha alcun effetto significativo sulla sensibilità al sapore dolce di un prodotto.
I colori associati alla maturazione dei frutti sono particolarmente efficaci nel modulare la dolcezza percepita. Per quanto riguarda il gusto aspro, la sensibilità dei consumatori diminuisce nel caso si aumenti la colorazione con giallo o verde e non si registra alcun cambiamento con colorazione di rosso. Colorare una soluzione chiara con colore rosso tende a diminuire l’aspettativa e la percezione dell’amaro, mentre l’aggiunta di giallo e verde non ha alcun effetto.
In pasticceria, l’uso del colore blu rischia di essere critico. Diverse ricerche hanno dimostrato che i prodotti alimentari blu sono associati a prodotti “alterati” e quindi pericolosi. Tempo fa, in una ricerca si è offerto del cibo con colore aggiunto blu inodore e insapore, in una stanza a raggi infrarossi. La presenza di questi raggi non permetteva di vedere i colori del cibo. Il campione assaggia e apprezza i prodotti fino a quando non viene accesa la luce normale permettendo di vedere il colore del cibo. In questa fase i consumatori si sono fermati e qualcuno si è sentito pure male. Il blu, infatti, è ancestralmente associato a qualcosa di avariato. In un’altra ricerca, presentando dei muffin di colore rosso o blu a fine pasto a un gruppo di soggetti osservati si è rilevato che i muffin blu sono rimasti intoccati rispetto quelli di colore rosso.
Il lucido in genere è molto attrattivo, di nuovo a livello ancestrale. Alcuni antropologi sostengono che questa attrazione sia legata alla naturale attrazione di ciò che è salvifico per gli animali, ovvero l’acqua con la sua lucentezza e trasparenza. Il lucido è dunque capace di attivarci emotivamente. Tuttavia, oggi, l’attenzione ai colori più tenui e naturali risponde perfettamente ai trend di consumo in cui il tema della naturalità, sobrietà e semplicità sono molto potenti.
Quelli relativi ai colori complementari sembrano essere gli abbinamenti migliori. Secondo la teoria del colore, le tonalità complementari sono quelle opposte sulla ruota cromatica. Ad esempio, il colore complementare al giallo è il viola.
Tuttavia, un altro elemento interessante è il contrasto. Come riporta Spence (2017), la scelta di creare contrasto cromatico tra cibo e piatto può essere una utile soluzione per fare apparire migliore un prodotto o per stimolarne il consumo. Usare piatti colorati per il cibo di un gruppo di soggetti con Alzheimer aumenta il consumo di cibo del 25% e di prodotti liquidi dell’84% (Dunne e altri, 2004). Per meccanismi simili, servire un uovo sbattuto su un piatto giallo lo rende percepito più chiaro e meno saporito, così come servire dell’uva viola su un piatto dello stesso colore la farà sembrare meno colorita, mentre servita su un piatto di colore blu potrà farla sembrare più rossiccia. Per lo stesso principio un cibo di colore rosso posto su un piatto blu lo farà percepire con un colore più intenso, quasi aranciato, piuttosto che rosso.
• Il rosso è il colore dell’energia per eccellenza: aumenta il battito cardiaco e crea un senso di urgenza, motivo per cui è spesso usato nelle svendite;
• Il blu evoca fiducia e sicurezza; è usato spesso da banche e dalle aziende in generale;
• Il verde è associato alla ricchezza; è il colore meno faticoso da percepire per l’occhio umano ed è usato per stimolare un senso di rilassatezza;
• L’arancione è aggressivo, usato spesso nelle “call to action”, ovvero quando si deve spronare un consumatore a compiere un’azione (sia essa iscriversi a una newsletter, comprare, vendere ecc.);
• Il rosa è un colore romantico e femminile, utilizzato molto nei prodotti dedicati alle donne;
• Il nero dà un’idea di potere ed eleganza, motivo per cui è molto usato nel settore del lusso;
• Il viola è usato per rilassare e calmare, ed è spesso associato a prodotti di bellezza o anti-età.
“Onorevoli Deputati! – Il presente disegno di legge, composto di undici articoli, ha l’obiettivo di sostenere e di promuovere l’eccellenza dell’arte culinaria italiana attraverso l’istituzione di un premio al merito, denominato «Maestro dell’arte della cucina italiana»”.
È iniziata con queste parole la discussione in Parlamento del disegno di legge C 1419, meglio conosciuto come “Legge Massari”, approvato dalla Camera il 31 gennaio 2024 e in Senato il 10 aprile 2024, dunque diventato a tutti gli effetti legge.
Ma che cosa dice esattamente la legge Massari? Che finalità ha? Chi riguarda? Quando entrerà concretamente in vigore? E perché è già passata alla storia come “legge Massari”? Ecco tutto quello che c’è da sapere
Il nome lo ha coniato il Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Onorevole Francesco Lollobrigida, promotore della legge, che a Sigep 2024 ne ha dato notizia battezzandola appunto “legge Massari”. Il maestro Iginio Massari ha certamente avuto un ruolo centrale nella sua stesura, tanto da essere espressamente citato in un passaggio della relazione tecnica, dove si legge che “sono stati consultati esperti dei settori delle categorie di merito di interesse del Premio, tra i quali il maestro della pasticceria italiana Iginio Massari, i quali hanno fornito osservazioni, informazioni e dati utili…”. E’ nota, del resto, la speranza di Massari di vedere introdurre anche in Italia un riconoscimento istituzionale prestigioso, che valorizzi l’eccellenza nelle professioni, sul modello dei celebri MOF francesi (leggi qui che cosa sono), e chissà che l’”Istituzione del premio di “Maestro dell’arte della cucina italiana”” non rappresenti davvero un primo, concreto passo in quella direzione.
Ecco, articolo per articolo, che cosa prevede il disegno di legge appena approvato anche in Senato, dal testo originale presentato alla Camera dei Deputati il 19 settembre 2023.
LA PREMESSA: PERCHE’ QUESTA LEGGE
Art. 1. (Finalità)
L’arte culinaria, nelle sue espressioni, rappresenta un’eccellenza italiana che coniuga artigianalità e creatività. Il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ne sostiene e ne promuove lo sviluppo, orientando la propria azione al recupero delle tradizioni e alla valorizzazione delle relative professionalità
MAESTRO DELL’ARTE DELLA CUCINA ITALIANA
Art. 2. (Istituzione del premio di « Maestro dell’arte della cucina italiana ») 1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il premio di « Maestro dell’arte della cucina italiana », di seguito denominato « premio », conferito ai cittadini italiani che si siano in maniera encomiabile distinti nel campo della gastronomia e, con la loro opera, abbiano esaltato il prestigio della cucina italiana, illustrando la Patria e contribuendo a valorizzare l’eccellenza nazionale. 2. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è altresì istituito un registro ove sono iscritti i nomi di coloro ai quali è stato conferito il premio.
LE CATEGORIE INTERESSATE
Art. 3. (Conferimento del premio) 1. Il premio è conferito annualmente dal Presidente del Consiglio dei ministri, nel limite di uno per ciascuna delle seguenti categorie di merito: a) gelateria; b) pasticceria; c) cucina; d) vitivinicoltura; e) olivicoltura. 2. L’elenco delle categorie di merito di cui al comma 1 può essere integrato con decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
LE MEDAGLIE
Art. 4. (Decorazione) 1. Il premio è costituito da una medaglia di bronzo che presenta, da un lato, l’emblema della Repubblica italiana e, dall’altro lato, in ragione dell’appartenenza a una delle categorie di merito di cui all’articolo 3, una delle seguenti diciture: a) « Maestro dell’arte della gelateria italiana »; b) « Maestro dell’arte della pasticceria italiana »; c) « Maestro dell’arte della cucina italiana »; d) « Maestro dell’arte vitivinicola italiana »; e) « Maestro dell’arte olivicola italiana ».
I REQUISITI
Art. 5. (Requisiti dei candidati) 1. Per la candidatura al premio è richiesto il possesso dei seguenti requisiti: a) avere concluso un percorso formativo pluriennale nel settore di riferimento; b) avere maturato almeno quindici anni di comprovata e riconosciuta esperienza nel settore di riferimento; c) avere tenuto una condotta civile e sociale irreprensibile; d) avere adempiuto agli obblighi tributari e previdenziali.
IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
Art. 6. (Presentazione delle candidature) 1. Le candidature per il conferimento del premio sono proposte dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Le associazioni di categoria possono presentare segnalazioni al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. 2. Le candidature sono inviate alla Presidenza del Consiglio dei ministri entro il 30 aprile di ciascun anno. 3. A ciascuna candidatura sono allegati i seguenti atti: a) documento d’identità; b) codice fiscale; c) curriculum vitae; d) estratto del casellario giudiziario e certificato dei carichi pendenti.
CHI DECIDE L’ASSEGNAZIONE
Art. 7. (Comitato di selezione) 1. Le candidature sono esaminate da un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. 2. Il comitato di cui al comma 1 è composto da: a) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, che lo presiede; b) un rappresentante del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; c) un rappresentante del Ministero delle imprese e del made in Italy; d) un rappresentante del Ministero dell’istruzione e del merito; e) un rappresentante di ciascuna delle categorie di merito di cui all’articolo 3, che si esprime limitatamente alle candidature relative alla categoria di appartenenza. 3. I componenti del comitato di cui al comma 2 sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su designazione, per ciascuno dei componenti di cui alle lettere b), c) e d), del ministro rispettivamente competente e, per i componenti di cui alla lettera e), del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. 4. Ai componenti del comitato, che durano in carica tre anni, non spettano compensi, gettoni, indennità, rimborsi di spese o emolumenti comunque denominati.
Art. 8. (Fase istruttoria) 1. Il comitato di cui all’articolo 7 svolge un’istruttoria preordinata ad accertare che i candidati in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 si siano resi singolarmente benemeriti nel raggiungere livelli di eccellenza nell’esercizio della propria attività in una delle categorie di merito di cui all’articolo 3. 2. L’istruttoria è condotta con modalità che assicurino una valutazione approfondita del livello di eccellenza dei candidati.
I BENEFIT
Art. 9. (Affidamento di incarichi di esperto negli istituti professionali) 1. Agli insigniti del premio possono essere conferiti incarichi di esperto negli istituti professionali per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera in deroga ai requisiti previsti dall’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
LE MODALITA’ DI REVOCA
Art. 10. (Revoca del premio) 1. Incorre nella perdita del premio l’insignito che se ne renda indegno. 2. La revoca del premio può essere proposta da ciascuno dei ministri rappresentati nel comitato di cui all’articolo 7. La proposta di revoca è presentata al comitato, che, previa sommaria delibazione, la comunica all’interessato. Entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, l’interessato ha diritto di presentare per iscritto le proprie osservazioni. 3. Entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione delle osservazioni da parte dell’interessato ovvero, in caso di mancata presentazione, dalla scadenza del termine di cui al comma 2, il comitato di cui all’articolo 7 decide sulla proposta di revoca del premio. 4. La revoca del premio è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
LA COPERTURA FINANZIARIA
Art. 11. (Disposizioni finanziarie) 1. Per l’attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 è autorizzata la spesa di 2.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024. Le risorse di cui al primo periodo sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. 2. Agli oneri di cui al comma 1, pari a 2.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023- 2025, nell’ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. 3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Non avendo necessità di decreti attuativi, né di copertura finanziaria (se non 2.000 euro annui, di fatto per la produzione delle medaglie), con l’approvazione del Senato la legge Massari è di fatto entrata ufficialmente in vigore. “I soggetti responsabili dell’attuazione dell’intervento normativo delineato”, si legge ancora nella relazione tecnica, saranno “le amministrazioni centrali coinvolte, tra cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste”. A loro spetterà anche esercitare “forme di controllo e di monitoraggio” sull’applicazione della legge, “anche mediante un’adeguata informazione”.
Sarà da capire meglio, per esempio, chi farà effettivamente parte del Comitato di selezione, in particolare chi saranno i rappresentanti di ciascuna delle categorie di merito. Sarà Massari a rappresentare la pasticceria? Chi ci sarà per la gelateria? Chi per la cucina? Altre domande arriveranno forse dai rappresentanti di categorie rimaste al momento escluse, come la panificazione e il mestiere del fornaio: saranno aggiunte? E ancora, rispetto alla presentazione delle candidature: quante e quali saranno le associazioni di categoria che “possono presentare segnalazioni al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste”? Tutte, indistintamente? Quanti riconoscimenti saranno assegnati ogni anno? Ci sarà un tetto massimo? E saranno assegnati già per il 2024, essendo indicato nel 30 aprile il termine massimo per la presentazione delle candidature?
Tutte domande che troveranno certamente risposta nei prossimi mesi.
Il regime alimentare chetogenico è un trend in crescita costante. Ma che cosa è, perché piace così tanto e come sfruttarlo al meglio in gelateria? Ne abbiamo parlato con Sergio Priotti, che ne ha fatto un cavallo di battaglia
La dieta chetogenica (in inglese ketogenic diet o keto diet) è uno schema nutrizionale a basso contenuto di calorie (dieta ipocalorica), a basso contenuto percentuale e assoluto di carboidrati (dieta low carb), ad alto contenuto percentuale di proteine e ad alto contenuto percentuale di lipidi.
Ridurre la presenza di zuccheri in gelateria e pasticceria sembra un paradosso, di certo non è una strada facile da percorrere, ma con costanza, impegno, studio, conoscenza delle materie prime tutto è possibile. Ne abbiamo parlato con un gelatiere che, oggi, basa la gran parte della sua produzione proprio sul gelato chetogenico, Sergio Priotti. «Da quattro anni produco pasticceria e gelateria chetogenica, senza l’ausilio di edulcoranti. Ovvero prodotti senza amidi, glutine e zuccheri. Utilizzo solo “zuccheri” alternativi al glucosio, destrosio e fruttosio. Ho così iniziato a studiare l’inulina, la stevia, il sucralosio, l’eritritolo, il monk fruit, l’allulosio e i loro effetti sia sul prodotto sia sull’organismo, grazie anche al supporto e alla collaborazione con numerosi medici», spiega.
Conosciamo meglio alcuni ingredienti che si possono usare per la produzione di gelato chetogenico e che potete trovare nel laboratorio di Bagnolo Piemonte (Cuneo), dove ha sede la Pasticceria Bagnolese di Sergio Priotti.
Il monk fruit (Luo Han Guo) è un frutto proveniente dalle regioni montuose del Sud-Est asiatico, principalmente dalla Cina e dalla Thailandia. Si tratta di un dolcificante naturale senza calorie che si estrae dall’omonimo frutto asiatico. Il monk fruit contiene infatti dei composti naturali, i mogrosidi, che conferiscono al frutto il suo potere dolcificante. I mogrosidi possono essere fino a 200-300 volte più dolci dello zucchero comune, ma senza apportare calorie significative o influire sui livelli di zucchero nel sangue.
L’allulosio è un dolcificante che si trova in piccole quantità in natura, è infatti definito uno “zucchero raro”. Negli ultimi anni negli Stati Uniti ha sostituito l’eritritolo in tanti prodotti dolci destinati ai diabetici e a chi segue una dieta “low carb”/chetogenica. I suoi punti di forza sono il gusto molto simile a quello dello zucchero, il fatto che, rispetto allo zucchero apporti solo 1/10 di calorie e non alzi la glicemia, e la possibilità di utilizzarlo anche nei prodotti da forno e nei gelati.
L’eritritolo ha assunto e sta assumendo maggior rilevanza tra i dolcificanti, rappresentando sempre più una valida alternativa ai classici dolcificanti sintetici e semisintetici. È presente in natura, viene estratto industrialmente da zuccheri vegetali sottoposti a processi intensivi di fermentazione batterica in specifici bioreattori. Ha un apporto calorico molto basso (circa 0,2 Kcal/g), il suo indice glicemico è pari a zero e ha un potere dolcificante intorno al 60 – 80% rispetto al saccarosio.
Il sucralosio è un dolcificante artificiale privo di calorie derivato dal saccarosio. Si tratta di una molecola 650 volte più dolce rispetto allo zucchero. l’Efsa ha autorizzato il claim secondo cui i cibi e le bevande contenenti sucralosio (nelle quantità indicate nel Reg. CE n. 1924/2006) in sostituzione dello zucchero inducono un minore aumento del glucosio nel sangue dopo il loro consumo rispetto ai cibi e alle bevande contenenti zucchero. Il sucralosio aiuta quindi a ridurre la risposta glicemica post-prandiale.
Sergio Priotti è un precursore dei tempi sia con la produzione di pasticceria che di gelateria. «Non perché io sia più furbo di altri, ma perché ci ho creduto e non ho mai mollato». A colazione propone una quarantina di brioche di cui almeno sei vegane e otto senza glutine, senza lattosio e senza zuccheri. E poi, naturalmente, c’è il gelato chetogenico, «qui non posso usare, per esempio, l’eritritolo, né il latte, ma posso utilizzare la panna – perché ogni 100 g ha 2,4 g di carboidrati – diversamente uso l’acqua solarizzata oppure latte di soia o di mandorle. Per il gelato chetogenico alla frutta posso adoperare solo fragola, frutti di bosco, avocado e mela verde. Per le creme, invece, si può spaziare dalla nocciola al pistacchio, dal cioccolato al fior di panna fino alla crema vaniglia, il tuorlo, infatti, si può usare senza problemi. Nel gelato cheto ci sono, infine, anche il caffè e l’amaretto». Quest’ultimo è realizzato con amaretti di produzione propria, ovviamente senza zuccheri. Chi non è abituato, al palato sentirà subito un po’ di differenza, per poi avere un’esplosione di sapori in bocca «non c’è più la dolcezza degli zuccheri tradizionali a coprire il sapore. È importante, però, fare molta attenzione alle temperature di cottura, di emulsione e di raffreddamento, altrimenti il gelato rischia di restare amaro», spiega Priotti. Nella produzione chetogenica ci sono anche le tagliatelle, la pizza e il pane. «Abbiamo clienti che arrivano per lo più da fuori,» racconta, «faccio comunicazione attraverso i social, ma preferisco parlare con le persone direttamente. Ho studiato e investito molto per arrivare a produrre alimenti sani, che possono essere consumati anche da diabetici o da persone con altre patologie. Su quello che non so non mi espongo, ma sono supportato da medici e nutrizionisti».
Per il suo “fiori di panna” chetogenico, Priotti utilizza i seguenti ingredienti: panna, acqua solarizzata oppure una bevanda di soia o di mandorla (il riso nel chetogenico non si può usare, mentre il cocco in questo caso coprirebbe il sapore della panna). Per dare struttura si utilizza l’albume d’uovo mentre come addensante si può usare il baobab o, al massimo, la gomma xantana (meglio non usare guar o carrube perché creano cristallizzazione degli zuccheri). Come zuccheri, una minima parte di xilitolo insieme a eritritolo oppure sucralosio (o uno o l’altro, non insieme). Si miscela il tutto con l’emulsionatore dotato di speciale lama al titanio, quindi si passa alla pastorizzazione a 87°C, temperatura fondamentale per togliere la cristallizzazione degli zuccheri. Infine la mantecazione: l’estrazione avviene a -10°C, si mette il gelato in abbattitore per qualche minuto e infine è pronto per la conservazione o la vetrina. Nei primi quindici minuti sarà duro, ma successivamente diventerà cremosissimo sia a -22°C come a -12°C.
L’acqua solaritizzata è «un antico metodo per energizzare l’acqua che ho appreso in Giappone – spiega Priotti. Basta utilizzare una bottiglia in vetro blu, la si riempie di acqua e la si mette alla luce del sole per quattro ore, la luce attraverso il vetro crea una struttura molecolare che ne toglie la pesantezza, bevendola ci si purifica dalle tossine contenute nell’organismo».
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