Un focus sull’oro verde della Liguria in occasione del World Pesto Championship, la gara di pesto al mortaio appena terminata, dove cento concorrenti da tutto il mondo hanno incrociato i pestelli.
“Pronti, al pesto, via!”. In cento attendevano la frase di Roberto Panizza, ambasciatore della Liguria nel mondo e creatore del Campionato Mondiale di pesto al mortaio, che ogni due anni porta al Palazzo Ducale di Genova cento aspiranti vincitori, selezionati in tutto il mondo, per creare in quaranta minuti, sotto gli occhi dei giudici che assaggeranno, il pesto migliore.
Come molte altre volte, ho avuto l’onore e il piacere di far parte dei trenta giurati che degustano, nella prima fase, una batteria di dieci semifinalisti per eleggerne uno solo che andrà in finale, e poi le creazioni dei dieci finalisti. Il segreto per riuscire a degustare mantenendo un buon equilibrio anche dopo aver assaggiato il pesto di qualche concorrente al quale magari è scappata la mano con il sale o l’aglio? Fettine di mela, offerte in abbondanza dall’organizzazione, da masticare tra un assaggio e l’altro per “azzerare” il palato.
I rumori che seguono l’annuncio del via sono inconfondibili ed evocativi della cucina: frenetici spacchettamenti del basilico Dop di Pra’, colpi ritmici del pestello di legno sul marmo del mortaio a sminuzzare per primi aglio e pinoli, mentre nell’aria si spande un profumo celestiale di foglioline verdi.
I criteri di valutazione del pesto
Cosa devono valutare i giudici, cioè noi, all’assaggio della deliziosa salsa verde? I voti vengono assegnati per la manualità – la bravura, rapidità e precisione con cui si usa il pestello e contemporaneamente si fa roteare il mortaio tenendolo per le quattro “orecchie” – per l’aspetto, preferendo colori più chiari e delicati, per la finezza della macinatura delle foglie (che, essendo ovviamente banditi i frullatori, non è cosa da poco!) e per la consistenza: né troppo fluido, né troppo compatto, e qui è la dose dell’olio evo a fare la differenza. Infine, il parametro più importante: l’equilibrio degli ingredienti che, essendo pochi, vanno dosati con il bilancino o meglio, con l’occhio dell’esperto, per evitare un pesto troppo agliato o troppo “formaggioso”.
Il premio, il pestello d’oro, quest’anno resta a Genova, nelle mani di Mattia Bassi, 56 anni, ingegnere navale che vive sulle alture dell’Acquasanta, nel primo entroterra genovese, con la ricetta che è una tradizione di famiglia e una particolare tecnica che usa il pestello ‘a due mani’.
Una tecnica, non una ricetta
Benché il Campionato del Pesto sia un’occasione per parlare di tradizione e di ingredienti Dop, il suo inventore Roberto Panizza sottolinea sempre che “Il pesto è una tecnica, non una ricetta: se prendiamo cento famiglie genovesi, ognuna produrrà un pesto diverso, a seconda del suo giusto e delle sue abitudini. In questo senso vanno anche le eliminatorie che conduciamo in tutto il mondo. Il nostro obiettivo è portare il pesto ovunque, con la massima apertura”.
Anche quest’anno, un risultato raggiunto, con concorrenti che arrivavano dalla California, dal Regno Unito, dal Giappone, dalla Francia (la parigina Jeanne Beauvais, che è entrata nella rosa dei dieci finalisti), da Dublino (l’italiano Luca Terranova, residente in Irlanda, anche lui in finale) e, premiata come concorrente più lontana, la brasiliana Kelly Rocha che ha vinto un’eliminatoria del Campionato al seguito delle tappe di Ocean Race a Itajaì, nel Sud del Brasile (9.846 chilometri da Genova). Un premio anche per la concorrente più anziana, la novantenne Maria Carbone. A giudicare dalla sua eccellente forma, il pesto è pure un elisir di lunga vita.
Una salsa amatissima
Abbiamo detto che è una tecnica, non una ricetta. Ma la ricetta c’è, e gli ingredienti giusti pure.
Ma benché noi giurati assaggiamo il pesto da solo, per valutarne meglio texture ed equilibrio gustativo, la sua “fine” perfetta a tavola è insieme alla pasta.
Su trenette genovesi, gnocchi o trofie, anche con farina di castagne, come accade spesso nell’entroterra ligure.
O, senza troppi formalismi, anche sul classico piatto di spaghetti. Perché parliamo di un condimento tra i più noti in Italia e all’estero e tra i più ‘googlati’ nelle ricerche online.
Profumato, facile, veloce, ha il profumo della primavera. E come la primavera, ne va assaporata la freschezza: è una salsa fredda, per cui mai scaldarlo in padella o farlo saltare insieme alla pasta, rovineremmo tutta la cura di una preparazione al mortaio.
a cura di Barbara Sgarzi
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