A partire da oggi, un team di professionisti guidato da Allan Bay ci accompagnerà alla scoperta del mondo del delivery di qualità nella ristorazione con notizie, informazioni utili, ricette dedicate e altri contenuti esclusivi. Un progetto che guarda lontano, anche oltre l’emergenza coronavirus.
Da oggi parliamo sistematicamente di delivery. Ma bisogna fare una premessa, importante.
Il progetto è nato fra Alberto Citterio, Manuela Vanni e me medesimo più Gianni Vallardi e Francesco Briglia, miei editori dei libri di Italian Gourmet e di GrandeCucina, alla fine dell’anno scorso. Verteva su tutto quanto poteva fare un ristorante con una cucina “di qualità” (qualunque cosa voglia dire), per incrementare il fatturato, insomma guadagnare di più (per noi tutti la ristorazione è un’attività artigiana che deve rendere, non altre “elucubrazioni” mentali…) ma indipendentemente dall’aumento del numero dei pasti forniti nel ristorante ai clienti, limitati spesso da mancanza di spazio e altro. Avevamo indentificato 4 linee di intervento.
1 Il take away, tutti sapete cosa è, ovvero la consegna di cibo che il cliente ritira e porta a casa.
2 Il delivery, ovvero gli stessi piatti del take away, che però vengono portati a casa del cliente. Suddiviso in:
2.1 Delivery di piatti da mangiare a temperatura ambiente, tipo catalana di crostacei o vitello tonnato.
2.2 Delivery di piatti che il cliente deve solo scaldare, in forno o nel microonde – quindi con contenitori adatti a questa procedura.
2.3 Delivery di piatti che richiedono un intervento del cliente, sempre di pochi minuti però. Tipo mandare della pasta e, separatamente, un ricco sugo e altro in mini contenitori; il cliente deve cuocere la pasta, scaldare il sugo, scolare la pasta nel sugo e fare amalgamare per 1 minuto, unendo ingredienti tipo un grasso o basilico.
3 Mini banqueting, tipo da 10 persone. Con i piatti di cui sopra ma con un cuoco mandato dal ristorante che finisce e impiatta. Qui c’è una grande potenzialità.
4 Vasodelivery, ovvero piatti finiti, soprattutto sughi ma anche spezzatini, bocconcini e altri, cotti in vasocottura e abbattuti in positivo. Venduti o consegnati al cliente, durano anche 2 settimane o più.
Per questo motivo da oggi sotto la voce delivery intendiamo queste 4 diverse possibilità.
Il dramma del coronavirus non ha fatto altro che accelerare la nostra messa a punto. Con questa attenzione: che oggi tanti si buttino, con maggiore o minore competenza, con maggiore o minore fortuna, sul delivery per contribuire a salvare un poco i conti del ristorante in questo tremendo 2020, va benissimo. Ma noi parliamo di un progetto strategico, che sarà valido anche, anzi soprattutto, negli anni a venire.
Ovviamente il primo argomento di analisi riguarda la parte normativa: fondamentale, per questo come per tutti i lavori.
Il secondo è la scelta dei contenitori: cosa fondamentale, che si mangia più con gli occhi che con la bocca, questo lo sanno tutti.
Il terzo riguarda le tecniche di cottura ottimali. Spero che nessuno si sorprenda se “caldeggeremo” la cbt e l’imbustamento in atmosfera modificata: siamo fatti così…
Il quarto, il modo di distribuire, ovvero l’utilizzo o meno delle società di delivery esistenti e del do it yourself.
Il tutto con uno scopo preciso: dare al cliente non la stessa emozione del mangiare al ristorante, questo non è possibile, lo sappiamo, ma dargli un’emozione diversa ma comunque appagante.
Ovviamente, proporremo ricette, a iosa. Con una forte convinzione: ogni piatto può essere deliverato, utilizzando una delle tecniche indicate sopra. Forse a pensarci bene se ne trovano 2 o 3 per i quali questo non vale: ma sono appunto 2 o 3 su migliaia.
Ancora un po’ di pazienza e poi al lavoro!
a cura di Allan Bay
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