Gli opposti si attraggono. Ma si completano pure, si rincorrono e si alimentano vicendevolmente. Perché il bianco non può esistere senza il nero, il freddo senza il caldo, il vuoto senza il pieno, l’acqua senza la terra, la luna senza il sole. Per regalare equilibrio e armonia. Così almeno insegna la teoria dello yin e dello yang, concetti ritmici e fluidi che danno forza e movimento all’universo. E danno pure vita ed energia a un ristorante giapponese “milanese” come il Kiyo: che significa “puro” e che incarna perfettamente la tradizione e la contemporaneità nipponica, il rigore e l’estro, la geometria e la circolarità.
A partire dallo spazio, nutrito dai colori sabbia e ocra, essenziali eppur totali, minimalisti eppur rilassanti, lineari eppur avvolgenti. Mentre il legno incontra la pietra, il tessuto la trasparenza, la materia il senso fluente del lusso. Sussurrato nei dettagli di un ristorante alla cui direzione sta un italiano, Francesco D’Antuono, e in cucina uno chef dai nipponici natali come Katsumi Soga. Che se non ama stare sotto i riflettori ben sa riflettere nei piatti la sua filosofia, fatta di rispetto per i sapori del Sol Levante e di un pizzico di originali contaminazioni creative. Ben espresse nel sushi e nel sashimi, nelle pietanze calde e in quelle fredde, nelle delizie speziate e in quelle più delicate, nonché nell’omakase, il menu degustazione.
Come quello studiato per un’occasione speciale. Anzi, per un food pairing con i sake proposti in abbinata guidata da Lorenzo Ferraboschi, sake educator e fondatore di Sake Company. Ecco allora la crema cotta tamagodofu con brodo umadashi, ikura, spinaci, carote e daikon, sorta di soave-sapido egg pudding servito rigorosamente cold. Ma ecco pure la melanzana yakinasu: marinata (con scorza di yuzu), grigliata e corredata di bonito (tonnetto), per un risultato piacevolmente affumicato. Due prelibatezze perfette se sposate al sake Koikawa Beppin – “che significa “bella donna”, fa notare mister Ferraboschi – junmai dal gusto democratico, perché adatto anche ad esser bevuto a tutto pasto. Mentre il più aromatico sake Azuma no fumoto si coniuga al meglio con il branzino usuzukuri, raffinato carpaccio impreziosito da gelatina ponzu e cipollotto. E il salmone misoyaki, marinato al miso e cotto in forno? Va d’accordo con il sake Dewanoyuki kimoto, dal profumo fragrante e dal sapore pieno e intenso. Mentre la maxi polpetta di granchio e pesce bianco cotta la vapore con salsa kanian viene esaltata nell’accoppiata con un elegante sake junmai daiginjo. Intanto, gli azuki con panna e fragole sono sedotti da un dolce Kiuchi-Umeshu, confortante liquore a base di prugne giapponesi.
E per chi volesse osare? Potrebbe ordinare gli udon freddi in salsa mentaiko, preparata con uova di pollack (merluzzo) marinate e poi cotte a bassa temperatura. Per una portata che va mescolata direttamente a tavola.
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