Sono oltre un centinaio, in tutta Italia, i ragazzi di Caffè Vergnano che consegnano la colazione, di quelle fatte a dovere, direttamente a casa.
Anomalie ai tempi del Coronavirus. A Torino i ragazzi di Caffè Vergnano, perché di ragazzi si tratta, all’immobilismo hanno preferito il fare e il fare bene. Hanno avuto un’idea: consegnare una colazione, di quelle fatte a dovere, direttamente a casa. Mettono in moto la macchina e partono, e con loro a ruota, altri baristi in tutta Italia. Sono oltre un centinaio. Poi un cavillo burocratico ferma ai box i Vergnano boys. Loro, la loro Apecar non la loro idea.
Facciamo un passo indietro e andiamo con ordine. Da venerdì 17 aprile, era possibile ricevere (se vivevi a Torino) espressi, brioche e cappuccini. Bastava telefonare o inviare un whatsapp al numero attivato dall’azienda e fare l’ordine. Il pagamento era consentito in contanti o tramite piattaforma online Satispay. Dopo un mese e mezzo di astinenza finalmente si tornava a fare una colazione come quella del bar, nonostante si fosse ancora in pieno lockdown. Il servizio (di consegna a domicilio) era stato attivato da Caffè Vergnano che arrivavano con la sua apecar, un vero e proprio Coffee Shop su tre ruote, attrezzato con macchina professionale, gestito dai baristi Caffè Vergnano, che permetteva inoltre, per chi avesse finito le scorte, di acquistare anche il caffè macinato 100% arabica in lattina. Potevi bere un espresso (1,5 euro), un cappuccino (2 euro) o un bicerin con quel retrogusto di gianduia che da sola vale la spesa (2 euro) e potevi mangiare una brioches sfornata al mattino (2 euro) alla marmellata, al cioccolato o vuota.
La prima dichiarazione ufficiale di Carolina Vergnano fu: “Sappiamo che la colazione o il caffè al bar, in pasticceria e anche in panificio è un rito per molti italiani e crediamo sia una delle abitudini che più mancano in questo momento di quarantena, per questo, nel rispetto delle norme di sicurezza previste dalla legge, abbiamo pensato di attivare questo servizio a domicilio che potesse, anche se in piccolo, dare un segnale di conforto e di normalità”.
Per capire cosa ci fosse dietro una simile azione abbiamo contattato Federico Rinaldi, Design Team in casa Vergnano: “Avevamo due mezzi attrezzati per fare quel tipo di servizio, fermi, in azienda e che di solito venivano utilizzati durante gli eventi. Abbiamo pensato che in un momento come questo, dopo 50 giorni di lockdown oltre al delivery degli chef e dei pizzaioli, era giusto pensare a quello dei baristi. Abbiamo provato a dare il buon esempio, partendo dalla nostra città. Sapevamo che avremmo fatto rumore e che avrebbero iniziato a farci delle domande”.
Siete andati avanti comunque.
«Certo. La nostra azienda voleva portare quella leggerezza che mancava da tempo, provando a tornare a quelle abitudini che da sempre hanno contraddistinto le nostre giornate. Volevamo dare un segnale agli operatori del settore, volevamo fargli capire che potevano continuare ad avere un rapporto con la loro clientela, portando le colazioni a casa, in ufficio. Siamo certi che alla riapertura queste modalità di vendita diventeranno una consuetudine anche per i mesi futuri. Non torneremo alla normalità nell’immediato ecco perché abbiamo pensato di spronare gli imprenditori del settore».
Cosa consegnate(avate)?
«La nostra offerta è semplice. Puoi scegliere un caffè, un cappuccino o un bicerin e abbinarli ad un classico cornetto. E poi c’è una limited edition delle nostre lattine di caffè. Non avrebbe senso, per noi, avere un’offerta più ampia, perché sarebbe difficile gestirla e perché abbiamo dato voce alle statistiche e a ciò che la gente preferisce consumare al banco».
Come si ordina(va) e si consegna(va)?
«Avevamo attivato un numero al quale telefonare o mandare un messaggio il giorno prima della consegna. Raccoglievamo gli ordini, pianificavamo il giro delle consegne e andavamo a casa della gente. Non era somministrazione la nostra, eravamo sul filo del rasoio tra l’ultima preparazione e il delivery».
Chi forniva le brioche?
«Uno storico pasticcere di Chieri. Le preparava fresche ogni giorno, non era un prodotto surgelato, e ogni mattina alle 7 passavamo a ritirarle. Un piccolo artigiano fermo da inizio marzo, che ha aperto solo per noi, mettendo in produzione un centinaio di brioche al giorno: almeno questi erano i numeri della prima fase del progetto!».
Come siete passati dall’apecar al camioncino?
«L’Apecar è stata sollecitata oltre modo, compresi due giorni interi sotto la pioggia. Ha avuto un guasto tecnico e siamo stati costretti a dirottare verso un altro mezzo, attrezzato sempre come un vero e proprio coffee shop. L’apecar era sicuramente più bello esteticamente ma a livello funzionale i due mezzi erano paritetici».
Chi ha gestito la logistica?
«Noi di Caffe Vergnano. C’è un ragazzo che passava praticamente tutto il giorno al telefono a ricevere ordini e programmare consegne, poi la sera organizziamo insieme il giro in modo che al mattino fosse tutto chiaro e pronto per la consegna. Lo stesso nostro sistema è stato adottato a Roma, da due nostri clienti: anche loro muniti di due Apecar hanno iniziato a girare per la città consegnando caffè fatti come il buon Dio comanda e brioche appena sfornate».
Il vostro è un servizio di colazione delivery vero e proprio.
«Dal primo giro di consegne abbiano ripreso a sentire i nostri clienti per spronarli ad attivare il delivery e un elenco completo di chi ha scelto questo servizio lo trovate sul nostro sito, nella sezione blog. Sono più di cento in tutta Italia e la lista è in continuo aggiornamento. Vogliamo dare visibilità a chi, anche con fatica, prova a rialzarsi e a ripartire».
Parliamo di packaging.
«Materiale mono uso in carta, facilmente riciclabile. Niente plastica. A breve convertiremo ciò in un materiale compostabile. Da questo punto di vista facciamo un passo indietro rispetto al passato: prima del virus si parlava di oggetti a lunga durata, oggi la pandemia ci impone, per un fattore igienico sanitario, di optare per una proposta mono uso».
Poi la parola passa a Diana Lisci, responsabile Pr di Caffè Vergnano. Perché lo fate? Voi producete caffè.
«È una coccola per i nostri clienti, per i cittadini. È il modo che abbiamo scelto di usare per dare un segnale positivo per spingere i bar e la ristorazione alla ripresa, anche perché con l’inizio della fase due sarà fondamentale essere pronti ad affiancare al lavoro di sempre, una proposta di delivery e di asporto».
L’Apecar è un progetto fine a sé stante?
«Tutto il contrario, è un progetto di caffè mobili di cui abbiamo una buona gamma a catalogo. Dalle bici, ai container. Sono piccoli caffè attrezzati per poter operare ovunque e in qualsiasi momento».
La polizia municipale, vi ha però multato e ha bloccato il servizio. Perché?
«A seguito di un primo parere espresso da funzionari comunali era emerso che non fosse necessario richiedere ed ottenere una scia cosiddetta itinerante, posto che la consumazione del caffè sarebbe avvenuta al di fuori del luogo di preparazione del medesimo, vale a dire tramite consegna a domicilio. Speriamo che il Comune renda più agevole la burocrazia perché questi progetti sono il futuro».
Una cosa è certa: i ragazzi si sono fatti sentire. Hanno dato il via ad un movimento di baristi e addetti ai lavori che hanno avuto il coraggio e la forza di sposare un’idea e alzare la saracinesca. Il futuro è già iniziato e sarà roseo solo per chi sarà in grado di rinnovarsi nell’emergenza.
Clicca per l’elenco completo di chi consegna la colazione a domicilio
a cura di Nadia Afragola
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