Supervisiona, gestisce, organizza. Isabella Potì, sous chef e pastry chef del ristorante Bros’ di Lecce, controlla ogni cosa, dalle partite di carne all’estetica del piatto. Ed è innamorata della pasticceria…
di Mariarosaria Bruno
Foto di Danilo DOM Calogiuri
Spirito internazionale, carattere indipendente e grande tenacia. Se le chiedi come fa a conciliare il doppio ruolo di sous chef e pasticcera, risponde con disinvoltura «mi riesce naturale».
Isabella Potì, anima femminile del ristorante Bros’ di Lecce, è una vera fuoriclasse. A 22 anni è stata inserita dalla rivista Forbes nella lista dei trenta personaggi under 30 più influenti in Europa nel 2017, nella categoria “arte e cultura”. Il medesimo riconoscimento, per il 2018, è andato allo chef di Bros’ Floriano Pellegrino. Scusate se è poco.
Nata a Roma da padre italiano e madre polacca, Isabella arriva in Salento a pochi mesi di vita.
Qui, nel tacco d’Italia, si innamora della cucina e della pasticceria e, dopo il diploma alberghiero, decide di partire per esplorare l’universo gastronomico oltre confine. Segue la scia delle stelle Michelin e passa dal londinese Hibiscus alle corti basche di Martín Berasategui e del pastry star Paco Torreblanca. Torna in Puglia con un bagaglio di esperienze che la porta ad aprire, nel 2015, l’insegna leccese assieme a Pellegrino, compagno di vita e di fornelli, con cui condivide intuizioni e visioni culinarie. In tandem, studiano le sfaccettature del gusto e si concentrano sulla percezione sensoriale, plasmando piatti territoriali e innovativi.
«Lavoriamo sempre a stretto contatto per la creazione del menu: le idee si mescolano in continuazione, secondo una linea guida che sia congruente con la filosofia di Bros’», spiega.
Un’attività delicata e di grande responsabilità, quella del sous chef, che implica abilità tecniche, ma anche capacità comunicative e di problem solving. «Ci vuole costanza e dedizione al lavoro, ma bisogna pure sapersi immedesimare nella mente dello chef per poter svolgere al meglio le proprie mansioni», osserva Isabella. Sì, perché il cosiddetto “secondo” rappresenta un importante trait-d’union tra la brigata e il mondo esterno, un filtro indispensabile tra il capo e la squadra. Controlla e supervisiona le attività della cucina e del personale, affinché il ristorante funzioni in maniera impeccabile.
«È come se lo chef non fosse presente, devi svolgere tutti i compiti che sono suoi: dalla gestione dello staff e degli orari di lavoro agli ordini, dal guardare le liste all’organizzazione della giornata e della mole di lavoro, sino al controllo di ogni aspetto del servizio, a partire dall’uscita dei piatti, che devono essere sempre perfetti», commenta Isabella. Nel suo caso, poi, a tutti questi compiti si aggiunge la responsabilità della partita della carne e della pasticceria. Insomma, un gran bel da fare.
La sua giornata comincia presto al mattino e termina all’una di notte, con un break pomeridiano di un paio d’ore. «Prima del servizio abbiamo sempre il nostro briefing: ci incontriamo nella sala, appuriamo quanti saranno i tavoli da servire, gli ospiti e le eventuali allergie segnalate», racconta.
In cucina, invece, esamina che tutto sia pronto, prima di aprire le danze delle comande: un controllo per verificare quantità e sapori della linea. «Dopo il turno del pranzo e della cena, poi, ci riuniamo nuovamente per riscontrare eventuali errori commessi durante il lavoro, e per capire come correggerli».
L’aspetto più delicato della professione? «Le normali problematiche che comporta la gestione di uno staff: il carattere di ognuno dei membri, la coesione e l’unione del team, che non devono mai venire meno e che sono alla base del nostro ristorante», risponde.
Bros’ rappresenta un fortunato ed esemplare caso gastronomico, non solo perché in poco tempo è diventato una mecca dei gourmand di tutta Italia, ma anche perché la sua brigata ha un’età media di venti anni. Merito ancora di Isabella, che inqualità di sous chef contribuisce alla scelta del personale.
«La più piccola è una commis che a breve diventerà maggiorenne. In genere prendiamo a lavorare i purosangue leccesi alle prime esperienze, altrimenti tendiamo a selezionare ragazzi stranieri, che hanno una visione della cucina completamente diversa», precisa. «È un modo per continuare a viaggiare con lo spirito: i ragazzi che vengono dall’estero ci portano sempre stimoli nuovi». Ecco il segreto di una brigata giovane, carina e super occupata. Proprio come lei.
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