C’è una nuova energia positiva a La Madernassa, e si sente. Tra la brigata di cucina, tra il personale di sala che si muove magistralmente, nella creatività della vivace proprietà di questo relais che è tra i più ambiti di tutto il Roero.
È l’energia del cambiamento, vivace motore di positività, che pur portando aria nuova non distoglie l’attenzione da quelli che sono i fondamenti di questa struttura: il grande rispetto per le materie prime e per la clientela, la solidità di una proprietà che ha saputo valorizzare, negli anni, il suo legame con il territorio e con la cultura a cui appartiene.
La Madernassa è sì un ristorante due stelle Michelin (guidato oggi da Giuseppe D’Errico), ma è anche il resort che sorge proprio al confine tra Langa e Roero in quel di Guarene dove, tra camere di charme, si trovano oltre 15 mila mq di giardino, orti, serre, filari di viti, frutteti e piante aromatiche.
E qui, tra le nuove vesti cucite sartorialmente indosso a La Madernassa, ci sono anche quelle ideate dal giovane cofondatore della struttura Ivan Delpiano: sette prodotti della linea Emozioni Gourmet pensate sia per la colazione (come le pere Madernassa con le fave di Tonca) sia per abbinamenti a formaggi, carne o pesce.
«Si tratta di prodotti», spiega Delpiano, «nati dalla filiera controllata e realizzati con ricette dello chef D’Errico. L’idea è nata dalla volontà di poter far arrivare a tutti la nostra filosofia di natura e di bontà strettamente legata ai prodotti del territorio».
E così nascono anche il Mad Gin realizzato sempre con la pera Madernassa o la linea di profumi (anche per l’ambiente) prodotta in collaborazione con Daphné di Sanremo che uscirà con quattro diverse referenze: la prima è a base di pera Madernassa e fiori di riviera.
Tutti i prodotti sono acquistabili in struttura e saranno lanciati sul mercato in autunno anche su piattaforma di e-commerce.
La novità più grande è però l’arrivo del nuovo chef che si potrebbe presentare, in estrema sintesi, come un professionista dalla sensibilità francese, dalla creatività italiana, dalla precisione svizzera e dalla grande e indiscutibile tecnica.
Lo chef e la brigata de La Madernassa
Classe 1987, D’Errico si è formato presso l’Alma di Gualtiero Marchesi, diplomandosi nel 2009. L’impronta “artistica” della cucina di Marchesi lo porta a scegliere, per continuare la sua formazione, la cucina di uno dei ristoranti più famosi al mondo, tre stelle Michelin dal 1968, la prestigiosa Maison Troisgros.
Qui si ferma per sei anni e cresce come sous-chef al fianco di Michel Troisgros, suo vero mentore.
Il percorso intrapreso tra cibo come forma di linguaggio, studio del piacere come bisogno e consapevolezza legata agli ingredienti, lo porta alla Stella Michelin nel 2018 come Executive Chef del Ristorante Ornellaia di Zurigo e, sul finire del 2021, l’incontro con Ivan Delpiano e Fabrizio Ventura co-founder de La Madernassa lo riporta invece in Italia.
Qui lavora insieme al fratello Francesco, classe 1988, che dopo gli studi all’Alma si perfeziona nel ristorante Maison Decoret a Vichy di Jacques Decoret Mof, dove trascorre cinque anni iniziando la sua esperienza come commis fino a diventare chef di cucina. Nel medesimo ristorante, con l’aiuto dello chef, si è allenato per partecipare al concorso Mof (Un des Meilleurs Ouvriers de France) fino ad arrivare in semifinale e non è dunque un caso che si sia candidato per le prossime selezioni del Bocuse d’Or Italia previste in primavera a Rimini sotto l’abile regia, come sempre, di Luciano Tona.
In sala Giuseppe Palazzo guida uno staff di sette persone perfettamente integrato con la brigata di cucina (composta da una decina di cuochi), ma tra tutti svetta il giovane sommelier filippino, l’elegante e professionale Vincent Nuevo.
È invece con Giuseppe D’Errico che abbiamo parlato del nuovo menù e del suo modo di intendere la cucina.
L’intervista a Giuseppe D’Errico
Cosa la influenza nella preparazione dei piatti?
In realtà mi lascio influenzare da tutto quello che arriva: ho seguito un percorso professionale che mi ha portato soprattutto all’estero e il mio modo di vedere e di interpretare la cucina è molto ampio. Mi lascio influenzare dai contrasti, dai profumi e a tratti posso essere anche provocatorio utilizzando qualsiasi cosa che io senta mia, anche se proviene da un altro paese. La cucina per me è a tutto tondo: tutto quello che può essere cucinato è degno di nota. Poi ovviamente la cultura, il pensiero che sono alla base sono molto italiani perché le mie origini sono quelle e c’è un forte rimando alla mia terra, la Campania: ideazione, pensiero e mano sono italiane, ma la sensibilità con cui traduco tutto è francese.
E proprio legato alla sua terra c’è un piatto straordinario: l’Anguilla Velata.
Sì, è per me un richiamo al Cristo Velato che si trova a Napoli. Amo molto il mondo dell’arte, lo seguo con passione e questo piatto viene realizzato sovrapponendo del Lardo di Colonnata all’anguilla sia per un richiamo alla mia terra, sia per una ragione tecnica ben precisa. Il piatto è composto da due filetti sovrapposti di anguilla dallo spessore diverso: la masticazione risulta inevitabilmente differente e anche la succulenza lo è. La cottura avviene in due fasi: a vapore a bassa temperatura; con lo yakitori per una voluta ricerca del sentore di brace. Il lardo serve per veicolare gli aromi come alloro e finocchietto selvatico, mentre nel burro che accompagna il piatto abbiamo erbe fini, cerfoglio, erba cipollina, prezzemolo e un po’ di limone e sale.
Nel menù il richiamo all’arte è molto presente
Sì, ci sono diversi piatti nati da una forte ispirazione artistica. Per esempio il Dripping di gamberi (Gamberi rossi di Mazara del Vallo, arancia, cipolla in agro dolce e pralinato di cipolla) che è un chiaro richiamo a L’Escargot di Henri Matisse: recupero la tecnica di collage del maestro mettendo paste di verdure e verdura fresca come un mosaico. Il Grande rosso (Risotto cotto in acqua di pomodoro, olio di olive nere e origano fresco) è invece dedicato ad Alberto Burri: l’idea alla base del piatto è quella di plasmare il burro come Burri ha fatto con la plastica.
Da dove nasce la sua passione per l’arte?
Nasce sicuramente dal mio trascorso in Francia perché alla Maison Troisgros sono sempre stato stimolato in questo senso: Michel Troisgros è un grande appassionato di arte, abbiamo viaggiato molto insieme e ho avuto la fortuna di visitare anche numerose gallerie. Tanti piatti a Roanne avevano questa ispirazione: lui ha una conoscenza impressionante per la materia, io sono più mosso dalla curiosità.
Quanta Campania c’è nella sua cucina?
Partiamo da Il Pomod’oro: un piatto per me importante. Si tratta di una foglia di riso farcita con petali di pomodoro confit, pesto di basilico, acqua di pomodoro condita con semi e olio al basilico: è il mio modo per portare gli ospiti de La Madernassa a casa mia. Certo è un piatto estivo, ma per me l’estate è la traduzione più semplice della mia personale cultura culinaria: da qui nascono anche la Parmigiana di Melanzane o la Transumanza (Sella di agnello Varvara marinata con spezie e erbe, terrina di zucchine e cetrioli, salsa tzatziki) in cui le zucchine sono quasi alla scapece ma realizzate à la minute. C’è insomma un grande richiamo alla cultura campana, che però è sempre associata ad altre tecniche.
E poi c’è già un piatto signature che cambia in base alle stagioni, ma che resta fortemente identitario.
È quello preparato con il latte cagliato. Il richiamo è a Lucio Fontana: abbiamo iniziato con Rifiorire, ora in carta abbiamo Il re dei fughi. Si parte dalla tecnica per raccontare una stagione e un pensiero: Rifiorire era preparato con piselli, germogli e fiori di stagione che andavano a contornare il latte, mentre ora abbiniamo i porcini o anche il tartufo.
Foto: Davide Dutto
a cura di Sarah Scaparone
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