La farina, fino a qualche anno fa era un ingrediente insignificante, oggi invece sta assumendo sempre più importanza, anche come leva di marketing
Il fenomeno più evidente dell’ultimo Sigep è quello che chiamo la “riscossa delle farine”: dove un tempo era difficile trovare uno stand di un mulino nei padiglioni della fiera, ora i più grandi, i più accattivanti sono proprio quelle degli antichi mugnai. Non facciamo nomi, è inutile, perché c’erano tutti, da tutta Italia.
Il fenomeno più evidente dell’ultimo Sigep è quello che chiamiamo la “riscossa delle farine”: dove un tempo era difficile trovare uno stand di un molino nei padiglioni della fiera, ora i più grandi, i più accattivanti sono proprio quelle degli antichi mugnai. Non facciamo nomi, è inutile, perché c’erano tutti, da tutta Italia.
Un bene per il settore almeno per tre motivi:
Il molino diventa brand: dalla farina generica siamo arrivati alla farina firmata, il molino si trasforma in azienda con una propria identità e strategia di marketing e commerciale. Ci si mette la faccia, la competenza e la famiglia (in quasi tutti i casi): non siamo più nel mondo delle commodities e della pura trasformazione (macinare il grano), ma in quello di un prodotto nato da un’azienda e da un’idea per il mercato.
La qualità si impenna (e anche i prezzi): è una conseguenza del punto precedente, un processo di questo tipo punta a un miglioramento della qualità del prodotto e a un incremento dei margini di guadagno, anche in grande distribuzione, dove il settore farine è uno di quelli che è cresciuto di più negli ultimi anni. Identificare un molino e un prodotto con un brand vuol dire essere richiesto e cercato dal mercato, ergo essere disponibili a pagarne il prezzo conseguente.
Il mercato si evolve: una farina-brand che ha un suo valore economico può essere acquistata solo da chi vuole innovare nel settore panificazione. Comprare le “nuove farine” vuol dire pensare al business altresì in modo “nuovo”. L’evoluzione dei molini, infatti, non è mai disgiunta da attività di divulgazione e formazione sulle nuove farine, il loro utilizzo, le nuove tecniche di panificazione e i relativi prodotti. Le “accademie” sono una realtà da alcuni anni.
Anche il modo di presentarsi, sta cambiando in maniera significativa. Si fa ricorso a star chef-pasticceri-pizzaioli, comunicazione in stile food esperenziale, show cooking e prodotti accattivanti. Ma si cercano anche attività alternative, legate alle nuove tecnologie come la realtà virtuale e i social network.
Innovare veramente, non imitare o copiare, è la vera sfida che alcuni hanno colto e stanno cavalcando, differenziandosi in maniera sostanziale dagli altri.
Il settore della panificazione come tanti altri del commercio in Italia, è contraddistinto da un eccesso di offerta, quindi il nuovo mercato è più un mercato di qualità che di quantità. In questo settore, inoltre, va considerata anche la struttura commerciale, spesso concentrato più a livello regionale e non di Italia intera, prevalentemente articolato su distributori, che premia un rapporto mediato e indiretto tra panificatore e brand, con un’impostazione legata a volumi e sconti. La riscossa non si fermerà: in questo senso, va solo messa a punto.
(A cura della redazione)
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