Al ristorante come nel salotto di casa. Uno stile inconfondibile quello di [Bu:r], in via Mercalli a Milano, è la casa di Eugenio Boer, e racconta di lui a partire dalla trascrizione fonetica del suo cognome. Lo chef italo-olandese rende omaggio al suo paese di adozione con una carta di prodotti totalmente nostrani, che cambia stagionalmente. Soprattutto per una questione di sostenibilità.
Eugenio Boer è uno straordinario affabulatore, anche se sostiene di parlare poco nella vita di tutti i giorni. Racconta della sua precocissima passione per la cucina, quasi rubata, a tre anni alla nonna materna, racconta di paesi differenti, di persone che non si capiscono a parole ma condividono il medesimo cibo.
La cucina, ne è convinto, è storia e ricordo personale che diventa universale, leggibile da chiunque secondo la propria esperienza di vita.
Il suo ristorante è un salotto dove l’accoglienza viene presa molto sul serio da sua moglie Carlotta, e dove i clienti diventano persone e spesso amici.
La stagionalità poi, è imprescindibile.
I suoi menu cambiano quattro volte l’anno, con gli unici punti fermi rappresentati dal Cervo (della Macelleria Zivieri di Zola Predosa che tratta solo selvaggina italiana), accompagnato da conserve di lampone e dal Piccione (di Laura Peri di Montevarchi, che li alleva in modo straordinario).
I produttori, fondamentali perché permettono a uno chef di concetto come Boer di poter realizzare le sue idee e di raccontare una storia, sono presentati agli ospiti con una cartolina su ogni tavolo.
I menu sono un viaggio per l’Italia, anche grazie a chi produce le materia prime straordinarie da cui nascono i piatti.
I menu sono quattro, e nascono spontaneamente dai ricordi di Eugenio. I Classici è dedicato soprattutto alla carne, quello solo stagionale valorizza il pesce, il terzo è vegetariano e l’ultimo è un percorso in cui lo chef prende Per mano l’ospite.
Eugenio racconta di avere una memoria del gusto quasi infinita, ricorda tutto ciò che ha assaggiato e capisce come è stato cucinato.
I suoi menu nascono in apparenza di botto: la lista dei nuovi piatti viene scritta in un attimo, quasi comparisse dal nulla. E’ invece frutto di pensieri – e ricordi – inconsci, come è giusto che sia.
I Classici, presenta il Cervo, l’Uovo declinato secondo la stagione, il Piccione che cambia il suo contorno ma viene sempre presentato in tre cotture in omaggio a Gaetano Trovato, suo maestro, una carne di Michele Varvara, di Altamura, con cui lo chef ricerca i tagli meno conosciuti ma straordinari.
Nel menu di primavera protagonista è la bavetta di manzo di razza podolica, un taglio che si trova vicino al diaframma, cucina alla brace e servita su macco di fave fresche e salsa di salmoriglio e accompagnata da un’insalatina di fave e cipolle bianche in agro. Un omaggio alle grigliate in Sicilia, dove Eugenio ha vissuto e lavorato, e anche una presentazione più leggera della carne.
A seguire, fra i classici, il Risotto di Campo (dedicato a Nino Bergese)mantecato con burro affumicato al fieno e Robiola di Roccaverano e presentato su garum di polline, fermentato maison con Koji di riso Carnaroli, che inebria con il suo sentore floreale e balsamico, fiori di lavanda echiffonadedi melissa. Un piatto, racconta Eugenio, che cambia quasi ad ogni cucchiaiata, e ricorda le sue giornate in campagna con la nonna, dalla lavanda nei cassetti al profumo del fieno.
Il predessert è uguale per tutti e tre i menu degustazione, Sicilia, legame indissolubile tra Eugenio e l’isola che lo ha accolto. Un piatto al contempo unico e molto tradizionale: crumble di mandorle e pistacchi siciliani, caffè, capperi di Pantelleria fritti e poi canditi, sorbetto di granita al limone, zeste di arancia candita e cioccolato di Modica a pezzetti, servito con il tuppo siciliano.
Il dessert è Il rimedio della nonna, meringa con gelato e confetture di latte all’alloro e cognac, che fa pensare al latte caldo con uno spirito, che le nonne di una volta consideravano la panacea per il raffreddore.
La Primavera, dedicata a mare e campagna, fa partire per un viaggio ideale con Asparagi Italiani, presentati con mosto cotto di fichi e mandorle.
Prosegue toccando la Liguria con Gamberi e zucchine, gamberi rosa di Santa Margherita, zucchine e agrumi, e ancora Liguria e Sicilia con La Triglia mediterranea, olive taggiasche del frantoio di Oneglia, pomodori secchi, pistacchi di Bronte e albedo di cedro Piretto di Sicilia.
Giunge in Sardegna con i‘Plin’ al nero, ripieni di cozze di Sardegna, zafferano, lattuga e ricci di mare, tocca la Basilicata e Puglia per tornare in Liguria con Fragole e rose, fragole di Candonga, mandorla di Toritto, estratto di rosa della Pasticceria Romanengo di Genova e rabarbaro.
L’Italia Vegetale è il menu vegetariano di [Bu:r], nato dalla considerazione di quanta parte della cucina tradizionale italiana sia legata a piatti vegetariani, di tradizione contadina e di fatto povera.
Emblematico è il Finto riso rosso, che ci porta al Sud, con i semi di Annurca del Pastificio dei Campi, pomodoro, limone del Gargano alla brace e peperone crusco.
Il menu vegetariano viene spesso scelto anche dagli onnivori, anche grazie al concetto di ospitalità di [Bu:r], semplice, diretto e autentico che induce gli ospiti a tornare spesso, anche sei, sette volte nell’arco della durata di un menu.
Diventa allora spontaneo assaggiare tutte le proposte.
Molto interessante per gli ospiti è anche la possibilità di non avere l’obbligo di ordinare il medesimo menu per l’intero tavolo.
L’unico che viene consigliato per tutto il tavolo è il menu al buio perché ha due portate in più, altrimenti si è liberi di scegliere.
Boer è convinto che così si crei una grande elasticità anche in cucina: ‘I ragazzi non si fermano di fronte a niente. In questo modo anche loro sono abituati a pensare che ciò che importa è rendere felice il cliente e non hanno vincoli. Noi partiamo dal presupposto che accogliamo le persone e dobbiamo farlo per bene’.
Gli ospiti si dividono equamente tra i quattro menu proposti, e quasi un 10% sceglie la carta, ancora presente perché l’ospitalità, secondo Eugenio, deve dare la possibilità a ognuno di decidere quanto e cosa mangiare.
Ci saranno novità nel prossimo futuro? ‘Chissà, può darsi’ – risponde Boer. ‘ Da settembre cambieranno di certo gli orari. Lavoreremo 5 giorni, chiudendo il lunedì e il martedì, ma il sabato e la domenica saremo aperti anche a pranzo. Sono certo che i ragazzi della brigata saranno felici di avere due giornate di libertà. In questo modo ci avviciniamo ai paesi dell’Europa Continentale, in cui è così già da anni’.
C’è un posto che più di altri è casa, per Eugenio Boer?
La risposta arriva fulminea: ‘Mia moglie. Non ho mai avuto un concetto di casa. Casa era il posto dove appoggiavo il cappello, fino a quando ho incontrato Carlotta, perché lei mi ha dato ciò che non avevo mai avuto prima dalla vita’.
Adesso non ci resta che attendere il menu estivo!
a cura di Federico Lorefice
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