C'è stato un tempo in cui l'alta ristorazione era di spettanza femminile. La Guida Michelin edizione francese, l'unica per molti anni, non aveva avuto dubbi assegnando alle donne, le grandi mères della campagna lionese, il primato della cucina più succulenta, raffinata e immaginifica del Paese. Un mix straordinario di sapienza contadina e rigore prussiano, eccellenza delle materie prime e ricchezza delle ricette, complessità di gusti e opulenza delle presentazioni.
Alcuni anni dopo la Michelin Italia premiò con le tre stelle Michelin in sequenza una piemontese, una lombarda e una francese trapiantata a Firenze. Tre donne e tre storie incredibilmente diverse, accumunate dal grande talento culinario e dalla capacità di declinarlo in un lavoro di assoluto successo. L’unica delle tre a calcare ancora la scena gastronomica è Nadia Santini, con le sue parole brevi dette a voce sottile, ma con una forza enorme, espressa nei suoi piatti iconici.
Intorno a lei, le donne sono poche, troppo poche.
Le (troppo poche) donne in cucina
Anche quest’anno, in scia a un trend deprimente che dura da troppo tempo, la Michelin ha stellato (e pure in coabitazione con un collega) una sola donna chef. Dove sono scomparse tutte le altre?
La questione è annosa. Come per il calcio, “che non è uno sport per signorine”, anche la cucina non è mestiere per donne. Troppo duro, troppo faticoso.
Eppure, nelle mense – dove si fatica cento volte più che in un ristorante – a cucinare sono in maggioranza le donne. Discorso analogo per le trattorie.
Cosa dicono i dati
Il CRÉDOC (Centre de Recherche pour l’Étude et l’Observation des Conditions de Vie) certifica come in Francia il 93% dell’home cooking venga fatto dalle donne. Allo stesso modo, il 55% degli studenti degli istituti alberghieri in Francia sono donne.
Una percentuale che scende di poco (48%) negli Stati Uniti. Dopo il diploma, il 39% trova lavoro come cuoca. Guadagnando in media un terzo in meno dei loro pari grado maschi. Altro che tetto di cristallo!
Le eccezioni sono belle e lodevoli. Abbiamo inaugurato il nuovo corso di Grande Cucina dedicando alcune pagine a una donna chef stellata, la super brava Caterina Ceraudo, che assomma un macaron, due figlie, un compagno sous-chef e un’infinità di vasetti di marmellata confezionati in bassa stagione, tanto per non riposarsi troppo.
Ma Caterina è proprietaria del suo ristorante e può modulare ritmi e tempi dell’impegno. Per le dipendenti è tutt’altra storia.
Notizie dal Parabere Forum
Maria Canabal, giornalista francese fondatrice del Parabere Forum, l’assemblea mondiale dell’alimentazione al femminile, ha messo in rete seimila donne che in ogni angolo del mondo praticano il mestiere del cibo.
Nell’appuntamento annuale – quello del 2022 si è appena svolto a Maiorca – le testimonianze si sono ripetute uguali a se stesse, tra discriminazioni salariali e orari impossibili.
Per assurdo, in aiuto alle donne chef è arrivata la pandemia, con il suo mutamento socio-antropologico.
La precarietà del presente e l’incertezza del futuro hanno indotto soprattutto i più giovani – maschi e femmine – a ridisegnare i confini del proprio investimento lavorativo.
La passione non è più sufficiente a compensare i tanti, troppi sacrifici della cucina. Ripensare orari e organizzazione del mestiere vuol dire venire incontro alle esigenze di chi deve gestire allo stesso tempo lavoro e famiglia.
Il National Center for Women in Information Technology ha documentato che i brevetti realizzati da team misti, uomini e donne, sono il 40% più citati e che il tasso di successo delle start up con più donne ai vertici è due volte superiore.
A fare la differenza, non le quote rosa, ma l’inclusione senza discriminazioni di genere, che significa differenti prospettive ed equilibri. Ancora meglio se con la benedizione delle stelle.
a cura di Licia Granello
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