Seicento anni e non dimostrarli. Anzi, migliorando qualità e diffusione anno dopo anno (ma anche secolo dopo secolo). Mentre Cristoforo Colombo scopriva le Americhe, nelle cucine del castello di Ludovico il Moro il garzone di cucina Toni entrava nella leggenda impastando la madre di tutti i panettoni - farina, uova, zucchero, uvetta e canditi - per riparare a un incidente culinario.
Un percorso lunghissimo, quello del panettone, segnato da alcuni punti di non ritorno, dall’utilizzo del lievito-madre alla creazione dello stampo apposito, figli della primissima produzione industriale. All’inizio degli anni ’20, Angelo Motta e Gioacchino Alemagna trasformarono Milano e dintorni in una vera e propria panetton-valley, con tanto di documentari dell’Istituto Luce a testimoniare la lavorazione.
Come un pezzo di pane
Fabbricare panettoni è diventata rapidamente una pratica diffusa, con bassi costi e alto tasso di redditività. A patto di usare le opportune scorciatoie: in primis, materie prime scarse e tempi di lavorazione compressi. Al netto delle “cappelliere” di latta e delle foto in bella mostra sulle confezioni, panettoni tristanzuoli, poveri di gusto al punto di doverli supportare con creme varie. Del resto, se il cibo smette di essere un valore per diventare merce, che per definizione è vincolata al prezzo, allora il panettone può costare quanto il pane, anche meno.
Il disciplinare del Panettone
Due date: 1999 e 2005. A un passo dal secondo millennio, l’allora Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali attribuisce al panettone lo status di P.A.T. Lombardia, Prodotto Agroalimentare Tradizionale, “le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo”. Stessa sorte tocca al pandoro, iscritto però nell’elenco della Regione Veneto. Ma soprattutto, a metà degli anni ’10 un Decreto Ministeriale sancisce per la prima volta l’obbligatorietà di materie prime e lavorazioni specifiche. Il panettone viene definito “prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida”. Al suo interno, in quantità definite, farina di frumento, zucchero uova di gallina “A” o tuorlo d’uovo, burro, uvetta, scorze di agrumi canditi, lievito naturale e sale.
Il trucco
Non è tutto oro quel che luccica, nemmeno tra i panettoni protetti dal disciplinare. Perché per accontentare i produttori seriali e la loro necessità di allungare i tempi di scadenza, un comma appositamente inserito permette di aggiungere anche emulsionanti, conservanti, aromi sintetici e lievito chimico. A difesa di chi compra, l’ineluttabilità dell’etichetta, dove tutto deve essere menzionato. Basta leggerla per capire quando e quanto l’artigianalità deve fare rima con conservabilità (e magari con qualche ingrediente non proprio di primissima scelta). A confortare la produzione dei panettoni con l’aiutino, i numeri del fatturato, che supera i 400 milioni di euro. Per altro, a fronte di un prezzo di vendita decisamente superiore, il valore economico dei panettoni artigianali sfiora il dato industriale.
A ognuno il suo
Dai pasticceri di pasticceria a quelli dei ristoranti più o meno stellati, il panettone è diventato un obbligo gastro-sociale a cui è impossibile sottrarsi. Per evitare defezioni, c’è un panettone per tutti i gusti (e ormai anche per tutte le allergie): si va dai panettoni con dentro di tutto ai panettoni quasi senza tutto. Dentro pistacchi, cioccolato, frutta candita e secca, caffè, liquori e tutto lo scibile cremoso. Fuori, di volta in volta, burro, zucchero, uova, canditi, farina bianca…
Equamente divisi tra competizione creativa e ansia salutistica, i panettoni migliori restano quelli più difficili da fare: senza trucchi, senza spinte gustative, senza rincorsa modaiola. Per tutelarli, le varie manifestazioni del settore – con la supervisione dei numi tutelari Salvatore De Riso, Gino Fabbri e Iginio Massari – dedicano ogni anno una sezione specifica al panettone tradizionale. Che da solo può valere pranzo, merenda e cena. Prima di affondare i denti, annusare per credere.
In apertura: foto da Panettone e Panettoneria di Vincenzo Tiri
a cura di Licia Granello
Panettone e Panettoneria
Vincenzo Tiri
Per chi vuole scoprire il panettone sotto nuove forme e andare oltre le regole della pasticceria tradizionale, sia esso un tecnico o un appassionato. Quattro capitoli per altrettante stagioni, che raggruppano più di cento ricette in cui il panettone viene declinato in base ai momenti della giornata, dalla colazione al dessert, passando dal dolce al salato, dalle ricette tradizionali rivisitate, a quelle più innovative.
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