a cura di Roberto Magro
L’associazione di idee tra acquisizioni industriali internazionali e mercato italiano vede spesso il nostro Paese in un ruolo passivo, acquisito più che acquirente.
Moda, mondo manifatturiero, automobili, settore alimentare, non ci siamo fatti mancare nulla in quanto terra di conquista. Non è fortunatamente sempre così, e quando è un gruppo italiano a fare ‘shopping’ all’estero, una punta di orgogliosa rivalsa si impadronisce di noi. O più semplicmente l’idea che il nostro saper fare è in grado di ambire anche a grandi dimensioni industriali, con buona pace delle piccole-medie imprese che restano preziosa spina dorsale della nostra economia. Imprese italiane che mostrino di non avere nulla da invidiare ai grandi gruppi stranieri. Quando la buona notizia arriva nel setttore alimentare, allora, per chi scrive di cibo, la gioia rischia di essere doppia: patriottica e di settore.
Tutti sanno chi è Ferrero e quali dimensioni abbia raggiunto a livello internazionale. É di questi giorni la notizia dell’acquisizione da parte dell’azienda di Alba dei dolci Usa della Nestlé, per un valore di 2,8 miliardi di dollari, un vero sbarco in grande stile negli USA, dove tra l’altro Ferrero è già presente con alcuni dei suoi prodotti (Tic Tac, Ferrero Rocher e Nutella).
L’operazione comprende oltre venti marchi storici americani, tra i quali Crunch.
Ferrero si colloca così al terzo posto tra le aziende dolciarie d’America ed è prevista anche l’acquisizione degli stabilimenti produttivi Nestlè.
La storia di Ferrero, partita da Alba nel 1942, giunge oggi alla conquista della nuova frontiera Made in USA; in mezzo un percorso industriale di oltre settant’anni di successi ed espansioni, a partire da quel Mon Cheri che per primo spopolò in Germania.
Dall’esigenza post bellica, agli albori, di fare di necessità virtù e sfruttare i prodotti locali, nocciole innanzitutto (non a caso la Nutella si chiama così perchè nut è nocciola in inglese. L’italianità che non rinnega fin dall’inizio una vocazione internazionale, kinder, bambini in tedesco, non sarà un’altra scelta casuale), alla diversificazione e acquisizione di nuovi marchi. Un’azienda che ha sempre unito al saper fare una grande capacità comunicativa non senza una buona dose di creatività. Senza tralasciare anche un’attitudine al welfare aziendale, tipico di imprese di un’altra epoca.
Ferrero ha conquistato gli italiani anche solo grazie a un camion itinerante travestito da locomotiva, che distribuiva dolci ai bambini nelle occasioni festive verso gli anni 50, il “treno dei bimbi”. O più razionalmente imparando a saltare il passaggio distributivo dei grossisti e dotandosi di una propria rete di camion, seconda solo all’esercito italiano quanto a numerosità, con la scritta FERRERO ben visibile: logistica e comunicazione in un colpo solo.
Il primo ufficio a New York nel 1969 sbarcò con i Tic Tac. Creatività, comunicazione e un packaging pratico e innovativo: i tic tac appunto che si aprono con un solo gesto, o l’Esta-The che include la cannuccia. Un’estetica attrattiva: le barrette suddivise in dosi porzionalbili meglio dalle mamme e il noto kinder sorpresa, un dolce che è anche gioco.
Un fatturato che oggi è di oltre 4 miliardi di euro, 16.000 i dipendenti, 15 gli stabilimenti nel mondo e 32 le società operative. Numeri importanti.
Già nel 2015 c’era stata un’altra importante acquisizione sul mercato britannico, inaugurando una fase che vede la crescita non solo come sviluppo delle proprie linee di prodotti ma anche attraverso acquisizioni. La prima in assoluto negli USA nel 2015, nei confronti di un produttore di cioccolato.
Con l’acquisizione di questi giorni,più corposa, nei confronti di Nestlé, la ‘ Dolce vita’ Made in Italy di FERRERO si consolida ulteriormente oltreoceano.
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