Lo Chef Eugenio Boer è intervenuto al Congusto Gourmet Institute e ha parlato al futuro della ristorazione italiana del suo percorso nel settore: tante tappe, grande dedizione, caparbietà e curiosità.
Gioie e dolori della professione del cuoco. Tanta fatica ma anche molte soddisfazioni, quelle che racconta lo chef Eugenio Boer, del Ristorante Bu:r a Milano, agli allievi del corso professionale per cuoco del Congusto Gourmet Institute. Senza filtri, si è messo a nudo andando a ritroso nel suo passato professionale e personale, tra le prime esperienze e l’origine di questa passione.
Lo chef deve trasmettere il proprio sapere
“Per chi fa questo mestiere – esordisce Eugenio Boer da Congusto – è importante stare da questa parte. È importante passare il proprio sapere, perché non ha senso tenerselo per sé. Facciamo una cosa molto bella e divertente, come cucinare, fare pasticceria, servire in sala. Io sono stato fortunato, a tre anni vedevo i sorrisi di mia nonna mentre cucinava, e quelli di mio padre quando mangiava, ed eccomi qua”. La voglia di fare il cuoco, per lo chef di origine olandese, parte da lontano: “sono cresciuto in Olanda in una casa per metà italiana e per metà olandese. La connessione tra il gesto di cucinare compiuto dalla nonna italiana e la felicità di mio padre olandese, mi ha fatto realizzare che quello era il gesto più bello del mondo”. Rientrato in Italia, deve proseguire gli studi, questo il patto con il papà per poter lavorare contemporaneamente in un ristorante. “Ho continuato a lavorare al ristorante e ad andare a scuola, questo è servito a mio padre per capire che la cucina non era solo un’infatuazione, ma una vera passione. Per 5 anni ho lavorato e studiato, non ho mancato le mie responsabilità. Ho un diploma da ragioniere e la benedizione di mio padre”.
Una professione iniziata molto presto
Dunque, un avvio alla professione partito prestissimo. Appassionato e convinto, ha convogliato tanta curiosità ed energia nel suo lavoro sviluppando il talento. Ma ha avuto dei maestri, da Alberto Rizzo (L’Osteria dei Vespri) a Palermo, Kolja Kleeberg (Vau) a Berlino, Gaetano Trovato (La leggenda dei frati) a Colle Val d’Elsa, Norbert Niederkofler (St. Hubertus) in Val Badia. All’inizio del 2012 viene chiamato da Davide Mingiardi come chef di Enocratia e poi ancora a Milano con Elita Bar e Fish Bar. Nel 2016, l’esperienza con il ristorante Essenza, che si tramuta nella conquista la prima stella Michelin, nel novembre 2017. Dall’estate 2018 nasce il nuovo progetto Bu:r che conduce insieme alla sua compagna di vita personale e professionale, Carlotta Perilli che si dedica alla sala.
Saper lavorare in brigata
“Rimanere sempre in ascolto per poi rielaborare le informazioni e crescere, è fondamentale per chi vuol fare questo lavoro. Io so fare una cosa sola – precisa Boer – so cucinare. Mi piace l’arte, ascolto la musica, ma mi dedico esclusivamente al mio mestiere che consiste nel rendere felici le persone”. Ai giovani futuri professionisti, Eugenio Boer evidenzia un concetto importante: “Fare ciò che viene chiesto quando si è parte di una brigata, compiere gesti ripetitivi e maniacali è il compito da svolgere quando si sta crescendo perché nella realizzazione di un piatto si rappresenta l’idea dello chef che ci mette la faccia. Ma, allo stesso tempo, si deve assorbire il più possibile da quella esperienza e farla propria”.
La formazione base e non smettere mai di imparare
Il percorso di chi vuol fare questo mestiere è lungo e complesso, bisogna partire dalle basi, per questo la formazione gioca un ruolo determinante. Quindi, impiegare il tempo nel modo giusto, senza buttar via gli anni, è fondamentale come spiega Eugenio Boer da Congusto. “Continuo a rimanere curioso – prosegue lo chef – ho fatto uno stage a 44 anni e se avessi tempo ne farei uno all’anno, perché credo ci sia ancora tanto da fare e da dire, e anche da trasmettere a chi lavora con me. Dopo un adeguato periodo di formazione, rivolgendosi a strutture che ti offrono un percorso completo fatto di tecnica, pratica e teoria, le grandi esperienze sono fondamentali e dovrebbero essere abbastanza lunghe per capire il percorso di uno chef. Non si tratta solo di cucinare le ricette di altri, ma acquisire un bagaglio tecnico fatto anche di gusto e allenamento del palato. Vi suggerisco di assaggiare sempre tutto!”. E il talento? “Riconoscere un talento all’interno di una brigata richiede tempo, lo chef ha bisogno di capire. Se uno ha talento deve impiegarlo, farlo fruttare grazie alla conoscenza. C’è sempre qualcosa da apprendere per alimentare il talento. Se ti blocchi potrebbe esaurirsi, dunque, va costruito giorno per giorno. Ai ragazzi che passano nella mia cucina dirò tutto quello che so”.
Puoi vedere e ascoltare l’intero intervento dello chef Eugenio Boer sul profilo Instagram del Congusto Gourmet Institute.
a cura di Redazione Italian Gourmet
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