Il centro storico di Ostuni, la “Terra” come viene chiamato da chi da sempre ci abita, è un dedalo di viuzze concentriche che si aprono a volte su piazzette dove i tavolini dei ristoranti e i colori dei fiori accompagnano lo sguardo di chi cammina per andare verso la Cattedrale o alla piazza principale dove hanno sede il Comune e la statua di Sant’Oronzo, patrono della città.
“Negli anni ’70 mia mamma, originaria di Reggio Emilia, ha acquistato tanti piccoli immobili tutti nello stesso isolato”, spiega Leonora Gambetti, proprietaria del ristorante La Taverna della Gelosia e ideatrice del progetto di ospitalità diffusa che sta prendendo forma nella Città Bianca, così chiamata per il colore della calce che riveste le abitazioni, “ha pensato ai paesaggi mediterranei, alle case greche, ne è rimasta affascinata e li ha comprati per affittarli, il ristorante ha aperto in seguito, nel 1995”.
L’ingresso sorprende perché sembra quasi di essere dentro un’opera di Escher, è caratterizzato da una lunga scalinata a scendere dove ogni pianerottolo è un insieme di piazzette che si aprono su altre piazzette con tavolini e luci e ancora gradini a salire e scendere, e con le sale del ristorante ricavate all’interno della roccia che un tempo erano le abitazioni degli ostunesi.
Ora che purtroppo la mamma non c’è più Leonora non si è fermata al restyling in cucina, ha voluto ampliare la propria visione di donna imprenditrice realizzando un sistema di ospitalità diffusa. “Il progetto vedrà la luce ai primi di luglio di quest’anno e insieme al ristorante e al bar riguarderà la ristrutturazione di quattro-cinque unità abitative di 30-35 metri quadrati l’una composte da ingresso, zona living, angolo cottura, bagno e camera da letto”, continua Leonora, “sono tutte ricavate all’interno delle antiche case caratterizzate dall’essere una incastrata nell’altra, ogni ingresso è sostanzialmente una stanza, erano abitazioni molto semplici ma ricche di fascino”.
È sicuramente un progetto in divenire, ma la sua intenzione è quella di ampliare l’offerta con altri immobili nel tempo, creando quindi un borgo nel borgo dove dormire, uscire di casa e facendo pochi passi fare colazione nelle piazzette circondati dal verde. Il suo progetto però non termina qui, “la mia intenzione è anche quella di realizzare laboratori dove tenere corsi di panificazione e altro ancora”, spiega Leonora.
Per quanto riguarda la cucina, è tradizionale ma segue l’evoluzione stessa del modo di cucinare a livello globale, adattandola alle nuove cotture, dal sottovuoto a quelle lente.
La Puglia è un luogo ma è anche e soprattutto uno stile di vita, è sole, ulivi, lentezza, profumi, colori, sfumature. “Il nostro tributo alla Puglia è la ricerca del bello e del buono e delle sue infinite manifestazioni, che si trasformano in materie prime, ingredienti, consistenze e contrasti nei nostri piatti”, conclude Leonora, che nella sua cucina utilizza materie prime selezionate, pesci locali pescati e non allevati, prediligendo la cucina povera pugliese.
Lo chef è Antonio Giannotte, che ha preso il posto di Davide Russo, che per anni ha formato all’interno del ristorante una consolidata e aggiornata brigata di talentuosi professionisti della ristorazione.
Per quanto riguarda la cantina, solo vini pugliesi con qualche eccezione per alcune bollicine, grande attenzione al territorio quindi e ai piccoli produttori.
a cura di Riccardo Bonetti
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