È ufficialmente ripartito MasterChef, siamo giunti alla decima edizione e a giudicare gli aspiranti chef torna l’affiatatissimo trio composto da Bruno Barbieri, pioniere del programma sin dalla prima edizione, che quest’anno dichiara di voler alzare l’asticella ed essere più “cattivo”, Antonino Cannavacciuolo con la sua simpatia e il suo rigore e Giorgio Locatelli, con il suo spirito British e una naturale attenzione per l’innovazione.
Abbiamo fatto due chiacchiere con loro, poche ore dopo la partenza del programma, andato in onda giovedì sera su Sky Uno. Registrato il miglior debutto degli ultimi 5 anni con 1 milione 203mila spettatori medi. Appuntamento tra una settimana, giovedì 24 dicembre alle 21.15 su Sky e NOW TV, con i nuovi episodi di MasterChef Italia, e le sfide che decreteranno i componenti ufficiali della Masterclass di questa nuova stagione.
Antonino Cannavacciuolo
“Inizio facendo i complimenti alla nostra punta di diamante a Bruno Barbieri, presente in tutte e dieci le edizioni di MasterChef Italia: prima o poi insieme faremo un film. Gli autori hanno trasformato qualcosa di brutto, legato al periodo che stimo vivendo, che avrebbe potuto limitare MasterChef in positività. Siamo entrati nelle case dei concorrenti prima di conoscerli, insieme alla loro passione per la cucina”.
In questi dieci anni di MasterChef quanto è cambiato il paese?
“Negli ultimi dieci anni è cresciuto il paese. È cresciuta l’Italia che oggi guarda l’etichetta dei prodotti che porterà nella cucina di casa sua e va a cercare l’ingrediente, un preciso ingrediente e non il solito di sempre. MasterChef usa il linguaggio che la gente usa oggi, mi ricordo “il mappazzone da evitare di mettere nel piatto” lanciato anni fa da Bruno. Oggi siamo tutti MasterChef e questa è la magia del programma, che ti permette di imparare anche cose nuove. E qui entra in gioco il lavoro degli autori sugli ingredienti. Ogni anno presentiamo qualcosa che sul mercato italiano non si vede e all’improvviso dopo dieci giorni iniziano a parlare tutti di quell’ingrediente. È un linguaggio che arriva nelle case degli italiani, ecco perché dobbiamo sempre fare meglio e puntare sulla ricerca, come accade in fondo poi nelle nostre cucine”.
Giorgio Locatelli
“Quando sei abituato a fare le cose in un certo modo e si aggiungono delle difficoltà non fai altro che aguzzare l’ingegno. Ecco, abbiamo fatto questo, reagire al cambiamento e devo ammettere che mi sono ritrovato bene in questa “bolla”. È stato bello avere a che fare con gli aspiranti concorrenti, che arrivavano da differenti paesi e aspetti sociali. Sembrava di vedere un’Italia moderna, rifletteva quello che è il paese adesso, con la comune passione per la cucina italiana e MasterChef si è proprio fatto testimone di questo. Poi abbiamo chef Barbieri con noi: è chi ha paura di nulla!”.
È cambiato il modo di intendere la cucina?
“La cucina è il nuovo Rock and roll non fosse altro che per il grande successo che riscuote nei giovani. Negli anni ’80 in cucina ci stava la mamma, non c’era questa complicità tra il mangiare e la vita di tutti i giorni. MasterChef ha cambiato la maniera in cui si guarda all’atto del mangiare. Alcuni amici della mia età mi raccontano di come i loro figli facciano delle annotazioni sul modo di impiattare: ecco questo viene da MasterChef e tutto riflette la società e il momento che stiamo vivendo”.
Bruno Barbieri
“Gli autori sono stati fantastici e sapete perché? Perché c’era il Covid, ma noi non ce ne siamo quasi accorti, abbiamo tirato fuori un MasterChef più bello del solito. Era il decimo anno e c’era la necessità di mettere una marcia in più. Un anno straordinario dato dalla grande scelta della Masterclass che si è aperta a persone che arrivavano da altri paesi. Questo ci ha aiutato a costruire un meccanismo molto divertente. Abbiamo alzato l’asticella, sono diventato più duro, credo di aver dato 28 “NO” in tutti i casting. Era necessario che nell’insieme il programma si facesse più elevato e interessante sotto tutti gli aspetti. Aver messo dentro tante situazioni tecniche ha fatto sì che i concorrenti scelti fossero veramente forti, giocando comunque sempre noi tre, con Antonino e Giorgio, nonostante si fosse più slegati del solito, dovendo stare ognuno nel suo camerino, o praticamente mascherati durante le riunioni. Non è stato facile ma è stato bellissimo”.
Il valore aggiunto del programma.
“La cosa interessante di MasterChef è che oltre a scoprire talenti e farsi vetrina per chef emergenti, ha dato la possibilità a tanti piccoli produttori, che non hanno la forza di arrivare nella grande distribuzione, di farsi conoscere. Storie che hanno rimesso questo paese sul livello gastronomico che meritava, direi tra i primi tre al mondo. Poi come quando gioca la nazionale di calcio e tutti sono allenatori, con MasterChef tutti sono diventati chef, ma va bene. Fa bene al movimento, al meccanismo. Oggi la gente fa le Mystery Box a casa: ma ci pensate? Oggi tutti fanno i risotti, usano il tartufo, hanno capito che l’aceto balsamico non è condimento per l’insalata ma un elisir. Che meraviglia, la vita!”.
a cura di Nadia Afragola
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