Il collezionista raccoglie, cataloga, conserva, preserva almeno in parte dall’usura del tempo gli oggetti verso i quali orienta la sua passione.
Spesso sviluppa un rapporto molto personale e affettivo con la propria collezione; siamo sempre nell’ambito delle cose e non delle persone, ma le cose possono avere un valore simbolico e storico, diventano memoria del passato.
Quando si evolve, la passione del collezionista virtuoso lo porta alla fase in cui non basta accumulare, sorge anche il desiderio di condividere, se non il possesso e l’utilizzo, almeno la visione della propria collezione.
Nasce così un’esposizione permanente, un museo.
È proprio la passione per il collezionismo (di auto e moto d’epoca sopratutto ma non solo) della famiglia Colombo, e in particolare del signor Umberto, che ha fatto scattare la scintilla del Memorabilia, un locale sorto in un ex capannone industriale completamente riqualificato, ad Agrate Brianza, e che ha l’ambizione di richiamare appassionati di auto, moto d’epoca e della buona tavola.
Un locale che si articola in diversi spazi, sia espositivi sia dedicati alla ristorazione che, grazie ad ampie vetrate, consentono sempre la visione della grande galleria di auto.
Una collezione privata consistente, frutto di una passione lunga 30 anni, che richiedeva uno spazio di dimensioni importanti per venir apprezzata.
Oltre 137 le auto americane e inglesi possedute dalla famiglia Colombo, pezzi unici come la Rolls Royce bianca appartenuta a Cary Grant. Una parte di queste auto sono esposte al Memorabilia, ferme e in fila ma perfettamente funzionanti, personalmente guidate ancora dal signor Umberto e prestate per mostre, spot o matrimoni. Costituiscono il cuore dell’idea e anche della concezione spaziale del locale, che si sviluppa tutto attorno al garage.
Architetto, nonché curatore artistico dell’allestimento degli spazi espositivi, è Davide Colaci. Quattro le sezioni dell’esposizione e quattro anche gli spazi del locale: il ristorante, il Depot Cocktail bar, il Garage e la Gallery con gli oggetti. È proprio la Gallery che apre la raccolta, uno spazio bianco come una tela, sulla quale sono disposti oggetti del recente passato: trovati presso fiere e mostre, acquistati, restaurati ed esposti. Cento oggetti per volta, a rotazione su un totale di duemila pezzi. Oltre alla sezione del grande garage con le auto, ‘cold wheels’, la galleria ne prevede altre tre: la “Minimum maximum” che espone oggetti che giocano con le dimensioni e stupiscono, dalla miniatura all’oggetto di uso comune in formato gigante. Segue poi ‘Oddity’ la parte che racchiude stranezze e bizzarie da tutto il mondo e da diverse epoche, e infine ‘Retromania’ che include oggetti da memoria quasi nostalgica legata a fumetti, cinema, pubblicità, musica e stili di vita degli ultimi 100 anni.
Tornando al locale e al coté gastronomico l’offerta ristorativa è in linea con quanto accade oggi nelle grandi città, dove musei e spazi espositivi, sopratutto di arte contemporanea, investono anche su proposte di ristorazione di qualità.
All’ingresso alcuni tavolini, tra i quali spicca una luccicante moto, consentono di dare un’occhiata alla mostra sorseggiando un aperitivo al Depot, il cocktail bar guidato dal bar manager Edoardo Brambilla. Qui il bere miscelato è un po’ retro come ispirazione, a tema con il locale. Possiamo quindi ordinare un “One nigth with Ernesto”, dove Ernesto sta per Calindri, che dal passato di Carosello ci invitava a sorseggiare Cynar “contro il logorio della vita moderna”. Un cocktail che inevitabilmente tra gli ingredienti vede il Campari Cynar oltre alla cedrata Tassoni.
Poco oltre il Depot si trova il ristorante: un’unica sala che conta circa 70 coperti, disposti su tavoli in zone delimitate da separè, blu cobalto e l’ottone dominano. Lo chef è un trentenne beneventano, Luca La Peccerella, che già era con Filippo Gozzoli al ristorante Armani a Milano. Gli anni trascorsi con Gozzoli hanno consentito a Luca di approfondire la ricerca sul gusto umami, non a caso i piatti proposti alla cena di inaugurazione avevano una sorta di “fil noir”: la presenza ricorrente di diversi tipi di funghi in varie preparazioni. E sempre Filippo Gozzoli ha fornito un contributo a dare la spinta iniziale a questo locale.
Cucina di tradizione italiana alla base, da nord a sud, con piatti iconici (ravioli del plin, parmigiana di melanzane, baccalà mantecato ecc) senza pindarici voli creativi ma con l’intento di rendere tutto perfettamente riconoscibile e familiare al palato.
Luca ci racconta che segue questo progetto da un anno e mezzo e la sua intenzione è quella di impostare una cucina che dia piacere, senza stravolgimenti, “chi cucina è un altruista”. Come in una collezione di oggetti del passato riportati a nuova luce, anche la carta che La Peccerella ha pensato riporta in auge classici della cucina italiana (l’antipasto all’italiana, la polenta nel paiolo). Importante è stare bene con la brigata, secondo Luca, e di conseguenza far sta bene anche il cliente, benessere dentro e fuori la cucina.
a cura di Roberto Magro
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere