E venne il tempo della tredicesima stella. Dopo un inseguimento durato decenni, Quattro Passi, ristorante iconico della Costiera Sorrentina, agguanta per la coda la cometa dell’alta ristorazione italiana.
Un coup de théâtre arrivato quando già i fotografi stavano scattando le immagini finali dell’evento. Come già l’anno scorso, Gwendal Poullenec, direttore internazionale della Rossa, si è appalesato grazie alle videoregistrazioni. Più che un sospetto di pigrizia, la certezza di una guida ben radicata e capace di camminare sulle sue gambe, a differenza delle nuove edizioni appena lanciate in giro per il mondo, dove è ancora necessario spendersi in prima persona.
Dopo il saluto iniziale, Poullenec è riapparso in video per certificare la riattribuzione delle tre stelle a Norbert Niederkofler, dopo il cambio di location dall’hotel Rosa Alpina all’Atelier Moessmer. ”E adesso, siamo pronti per i saluti finali del nostro direttore internazionale”, ha annunciato Marco Do, responsabile comunicazione Michelin. Ma la bocca sorridente di Poullenec ha detto ben altro: “La guida Michelin ha assegnato le tre stelle Michel a Quattro Passi!”.
Una scelta che conferma il nuovo indirizzo “imprenditorialista” della Rossa, sempre più restia al riconoscimento di destinazioni meno glamour, ma coraggiose e ispirate. Il tutto, senza nulla togliere ai meriti dei neo tristellati. Applausi, baci e abbracci hanno accompagnato padre e figlio, Tonino e Fabrizio Mellino, saliti sul palco a ricevere la targa, aggiungendosi agli altri dodici tristellati.
Ma non di sole tre stelle vive la guida Michelin. E anche nel gradino sotto l’Empireo le sorprese non sono mancate, con una coppia di ristoranti passati da zero a due macarons. Nel primo caso, si è trattato di una conferma di fiducia nei confronti di Michelangelo Mammoliti, già bistellato alla Madernassa e ripremiato nel nuovo progetto Rei Natura, ancora nelle Langhe, a Serralunga d’Alba. Più impattante la doppia stella ai fratelli Capitaneo, che hanno conquistato Milano con il loro locale – Verso – in piazza Duomo.
Gli altri tre neo-bistellati parlano rigorosamente napoletano: Maicol Izzo, Andrea Aprea e Domenico Candela. Izzo è uno scugnizzo imprestato alla cucina, talentuoso e determinato. Il suo “Piazzetta Milù” a Castellammare di Stabia è un mix goloso di tradizione partenopea e sfacciataggine giovanile (non a caso, ha vinto anche il premio Young Chef 2024). Da toccacuore la dedica: “Mio padre e mia madre hanno aperto una pizzeria venticinque anni fa.
È grazie a loro se questa sera sono qui”. Aprea, napoletano doc di stanza a Milano, si è meritatamente ripreso quello che aveva perso lasciando il “Vun” del Park Hyatt. Il bravo Candela arriva alla seconda stella dopo una lunga rincorsa al ristorante George del Parker Hotel, con strepitoso affaccio sul golfo di Napoli.
In quanto alle prime stelle, quest’anno le new entry sono ventisei, tra cui – tristemente – solo tre donne: la perugina Ada Stifani, Amanda Eriksson del “Wood”, a Breuil Cervinia e Aurora Mazzucchelli, indomita chef bolognese che ricuce sulla giacca la stella smarrita grazie al bel progetto dedicato a lievitati e cucina d’autore.
Nel complesso, 395 ristoranti stellati, a testimonianza di uno stato di buona-anzi-ottima salute della cucina di qualità italiana.
Il veleno sta nella coda, dicevano i latini. Il bistellati Bracali e Aimo e Nadia hanno perso una stella. Peccato.
a cura di Licia Granello
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