Dopo l'addio dello chef stellato al capoluogo lombardo, tra polemiche e consensi, la domanda è sorta spontanea. E chi può rispondere meglio di chi nella città ci lavora direttamente?
Abbiamo così chiesto a dieci nomi del settore di esprimersi sulla loro Milano dopo il caso che ha infiammato gli ultimi giorni. Non solo i foodies e gli addetti ai lavori ma anche, cittadini e non, che sempre di più negli ultimi tempi sembrano dividersi tra gli amanti e i detrattore della metropoli, senza mezze misure.
Milano è dunque l’Eldorado dell’Horeca? O è il miraggio descritto da Felix Lo Basso, in cui sicurezza e clientela di fascia alta latitano?
E se, molto più semplicemente, la verità stesse nel messo?
Ecco la risposta di chi vive quotidianamente sia Milano che il settore, dove è emerso anche un nuovo aspetto importante: il tema delle nuove norme relative ad alcol e guida.
Milano nelle parole dei ristoratori
Filippo Sironi e Gianmarco Venuto (Il Mannarino)
«È ancora una città ricca di opportunità ma ci sentiamo di dire che subisce l’effetto di un’amministrazione pubblica che continuamente ostacola chi fa impresa. Un’amministrazione che è incapace di garantire in primis sicurezza e servizi pubblici adeguati. Ciò sta facendo diminuire l’attrazione che turisti, spesso clienti alto spendenti, hanno nei confronti di Milano».
Elio Sironi (Ceresio7)
«Per far funzionare Milano come si deve ci vorrebbe un Salone del Mobile ogni settimana. Si tratta di un battuta che faccio spesso ma è innegabile che ci siano settimane in cui la città è particolarmente “vuota”. Un po’ di aiuto da parte delle istituzioni in questo senso non guasterebbe. Per il resto posso solo dire che io amo Milano, anche con le sue imperfezioni. Ho vissuto in altre città europee e mi sento di dire che non è seconda a nessuno. Soprattutto nella ristorazione: c’è grande professionalità e si mangia bene. Se ci sai fare e “trovi la quadra”, questa città sa regalare ancora tanta soddisfazione. Io lo vedo con i risultati del Ceresio7, che ancora oggi mi sorprendono e gratificano».
Redi Shijaku (La Gioia Collection)
«Milano è una delle poche città italiane dove è possibile costruire qualcosa di concreto anche partendo da zero. Ne sono innamorato, dopo 25 anni qui mi affascina ancora. La sua energia e dinamismo premiano chi ha voglia di innovare e mettersi in gioco. La ristorazione sta evolvendo, diventando un settore più strutturato, con ruoli definiti e nuove opportunità di carriera. Questo consente un lavoro più soddisfacente e un equilibrio che, da proprietario, sarebbe difficile ottenere altrove. Milano ha le sue sfide, come la sicurezza e la difficoltà di trovare location giuste a prezzi giusti, e il settore è sempre più concorrenziale. Ma è una città che premia chi ha una visione chiara. Mi chiedono spesso se apriremo all’estero, ma per ora rispondo che il nostro sogno americano è Milano».
Jin Hu (Izu)
«Milano è una città cosmopolita, un centro multiculturale che offre molteplici opportunità. Nella ristorazione , come in tutte le altre attività, ci sono sicuramente delle difficoltà che vanno affrontate, cercando di trovare valide soluzioni. Milano premia chi si impegna, chi fa sacrifici e si mette in discussione per migliorare. È una città molto competitiva, è come giocare un campionato di serie A, dove devi dare il massimo per emergere. Per me è una grande opportunità lavorare in questa città, dove vieni ripagato dal rapporto umano con li cliente, il milanese può avere 2-3 posti storici di cucina tradizionale dove andare, ma poi è curioso e attento alle nuove tendenze e ama provare una cucina alternativa, che può essere l’etnico o il fine dining. Come accade in tutte le città del mondo, possono esserci episodi di delinquenza, un controllo più serrato può sicuramente aiutare i cittadini a sentirsi più sicuri. II food cost e i costi delle utenze sono aumentati, ma in questi ultimi anni si sono verificati aumenti su tutti i fronti, come ristoratore dobbiamo distinguerci, offrire sempre più qualità e servizio, far emozionare il cliente garantendo un’esperienza memorabile».
Daniel Canzian (DanielCanzian Ristorante)
«Non è la città in sé, ma la gestione dei costi, la concorrenza e molti altri fattori a rendere questo lavoro complesso. Sono, però, gli ingredienti della “ricetta” della ristorazione. Milano è senza dubbio una piazza impegnativa: negli ultimi anni c’è stata una vera e propria corsa verso le grandi città, alimentando una competizione sempre più serrata. Questo ha richiesto competenze solide, soprattutto nella gestione delle attività in contesti metropolitani. Preferisco, dunque, Milano, con tutte le sue sicurezze e insicurezze, agli apparenti paradisi. È una città che ti forgia, ti dà una corazza per affrontare qualsiasi altra realtà. I costi? Sono aumentati ovunque, soprattutto nelle “città alfa” come Milano. Penso infatti a Londra, Parigi o New York. Le difficoltà di questo mestiere, quindi, non possono essere imputate solo a questa metropoli. Certo, sul fronte della sicurezza e dell’implementazione dei servizi c’è ancora un passo avanti da fare».
Samuele Serra (Milano Restaurant Group)
Ilaria Puddu (Giolina, Gelsomina, Marghe)
«Milano è una città che ho amato tanto e mi ha dato tanto, soprattutto dal punto di vista lavorativo. Oggi, insieme ad altre città, come Torino e Roma, resta sempre sulla cresta dell’onda. È vero che negli ultimi dieci anni è cambiata molto. Lo dico da persona che sicuramente non resterà a Milano per tutta la vita e che non ha intenzione di viverci per sempre. I cambiamenti sono evidenti, è diventata una città meno curata e meno sicura, perdendo un po’ quell’allure che aveva un tempo. Sono cambiati anche i milanesi, le loro abitudini e il loro modo di vivere la città. Detto questo, c’è comunque molto fermento, soprattutto nel mondo del food. Sono nate e stanno nascendo tante realtà interessanti, oggi bisogna imparare ad adeguarsi a una Milano un po’ diversa, che comunque continua a offrire molto a chi fa impresa. In questo settore, per avere successo, bisogna fare bene impresa. Non basta più il fine dining fine a sé stesso. Vista la grande concorrenza, bisogna puntare al massimo livello in ogni aspetto: prodotto, qualità, servizio, accoglienza. Bisogna far star bene i clienti, perché è questo che fa davvero la differenza, qualunque cosa si faccia. Se la città ha perso qualcosa rispetto al passato, complice anche il Covid, sta a noi, con le nostre attività, cercare di mantenere vivo il suo spirito. Finché resterò qui, farò di tutto perché sia una città viva, piena di locali e ristoranti capaci di far star bene le persone».
Niccolò Frediani (Ribot)
«Milano è cambiata tanto. È un grandissimo palcoscenico, è sempre una grande opportunità. Certamente i milanesi sono cambiati, così come i motivi per cui la gente vive a Milano: è un altro mondo. È cambiato anche il modo in cui la gente sceglie i ristoranti, i motivi per cui li scelgono, il modo di mangiare e cosa mangiare. Se andiamo a guardare tutti gli elementi, c’è molto riconsiderare e riequilibrare. La qualità in primis, che ormai è un concetto che deve essere garantito e scontato. E po il brand, tutti i marchi, tutte le strategie, stando attenti a non vendere “troppo fumo e niente arrosto”, che è quello che succede moltissimi posti che aprono e poi scompaiono presto. E poi ci si domanda perché… Le scommesse sono accattivanti ma non facili, perché comunque il grosso problema in questo tessuto economico, finanziario e sociale europeo, è veramente difficile trovare gli equilibri giusti con i numeri. Questa è la grande difficoltà, ma non è solo a Milano, è così un po’ ovunque. Capisco dunque anche i tanti hanno il coraggio e la forza di mettersi lo zaino sulle spalle, andare a cercare nuovi mercati e nuove opportunità».
Alberto Tasinato (L’Alchimia)
«Devo tanto a questa città. Sono qui dal 2009, ho lavorato in tante strutture diverse, sia dal punto di vista dell’offerta che come tipologia di pubblico. Mi rendo conto che Milano ha davvero spazio per tutte le realtà che vogliono lavorare bene e che vogliano mettersi in gioco, a patto di volerlo fare con il massimo dell’impegno e della costanza. La città è esigente ma premia. Il tema è sapersi adattare alle sue richieste, ai suoi cambi, non ci si può più di tanto adagiare, bisogna sempre trovare la chiave per rimanere al suo passo. Le persone escono a cena e a pranzo, noi dobbiamo rendere i loro momenti a tavola ancora migliori di come se li immaginano. I temi, pur importanti, di sicurezza o taxi non sono secondo me cruciali nell’esperienza che si fa dentro al locale. Se dovessi tornare indietro e se devo pensare al futuro sceglierei sempre Milano».
Gennaro Esposito (Biga)
«È innegabile: dopo l’emergenza Covid la ristorazione ha vissuto un’involuzione, causata da molteplici fattori: la crescita dei canoni di locazione, il costo del personale e materie prime. Poi ci sono sempre nuove aperture, a fronte di una richiesta sempre minore, causata da una minore capacità di spesa dei clienti. Aggiungo un altro elemento: un centro città sempre più fantasma in termini di cittadini, dovuto al proliferare di case vacanze e b&b».
In apertura: foto Tove Liu / Pexels
a cura di Simone Zeni
La Pasta Fresca
Elio Sironi
Un libro che ci porta a scoprire tutte le variabili di uno dei grandi classici della cucina italiana e in cui Elio Sironi spiega con semplicità tecniche e procedimenti, in un’ispirazione a metà fra la tradizione del Bel Paese e le culture più diverse. Tecnica e ricette innovative, aromatizzate, con e senza uova.
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