È un racconto affascinante, quello che sottende l’ultimo lavoro editoriale di Stefano Laghi e Alessandro Bertuzzi, per Italian Gourmet: è il frutto di una lunga amicizia, della grande esperienza di entrambi, di una passione non ancora sopita per la pasticceria e l’insegnamento…
Trecento sono i km che separano Alessandro Bertuzzi, di base a Faenza, da Stefano Laghi, collega e amico che troviamo ad Alessandria, nelle vesti di direttore di produzione, presso la pasticceria Maison Antonella 1986.
Ad unirli è invece la stessa passione, un uguale approccio al mondo del lavoro, e una serie importante di corsi che insieme hanno curato per la piattaforma on line Word Food Training, polo formativo per chi cerca competenze restando nel proprio laboratorio, del quale Stefano è curatore.
È Alessandro a prendere per primo la parola
“Ho vissuto un passaggio graduale dalla cucina alla pasticceria. Ho iniziato a lavorare a 14 anni, mentre facevo l’alberghiero. A 19 anni ero già in cucina alla Locanda Solarola (2 Stelle Michelin) con Bruno Barbieri, a 22 anni facevo il sous chef in un hotel 4 stelle. In mezzo però, un passaggio al Sigep, la rassegna internazionale di maggior rilievo per i settori della gelateria, pasticceria e panificazione: ricordo distintamente il senso di incanto che provai guardando Stefano che lavorava lo zucchero. Fui come rapito! Da allora continuai a seguire Stefano da lontano, leggendo di lui sulle riviste, andando di nuovo a trovarlo in fiera, nell’attesa che i nostri destini si incrociassero. O almeno quello era il mio sogno nel cassetto e nel 2004 ebbi la possibilità di incontrare colui che mi aveva stregato anni prima e fu a lui e a nessun altro che parlai del mio desiderio di ribaltare la mia carriera. Dopo appena due mesi tenevo già dei corsi di ingredientistica come docente, parlavo del cioccolato, dell’olio extravergine di oliva, della bilanciatura delle bagne e della gradazione alcolica. Fu così che nacque e si saldò l’amicizia più che fraterna con Stefano”.
La palla passa a Stefano, ma la musica è la stessa
“Per me Alessandro è come un fratello, più di un amico. Ci conosciamo da più di vent’anni e questo è il momento giusto per mettere su carta il sigillo di questo nostro rapporto. Ci siamo incontrati su un terreno che condividevamo e la nascita del progetto è venuta da sé. Non c’è nulla di meglio che poter fare il lavoro che ci piace in compagnia di un amico”.
A proposito del progetto…
“Tutto nasce dall’idea di una monoporzione lievitata che ho sfornato – ci racconta Alessandro – nel 2014 per un’azienda leader nella produzione di farine artigianali che opera nel settore molitorio da più di ottant’anni: all’epoca ero la loro voce tecnica. Curai una masterclass dal nome profetico, oserei dire, la «Pasticceria Circolare non sfogliata» da prima colazione. Presentai la Rocherina: una brioche italiana alle nocciole che univa una pasta lievitata aromatizzata e due tipologie di farcitura in contrasto, che stimolavano il gusto e l’olfatto. A completare il tutto, una glassatura e una finitura tipica di una monoporzione fresca da pasticceria. Quando l’ho sviluppata, ho pensato subito ad un prodotto da boutique di alta pasticceria. Parte tutto da quel dolce, poi negli anni ho introdotto altre preparazioni nei miei corsi che hanno continuato a ricevere grandi consensi da parte del pubblico. Preso dall’entusiasmo, raccontai il tutto a Stefano con il quale da sempre condivido pensieri e obiettivi et voilà, tutti i prodotti inseriti nel volume sono rotondi, senza ritagli, senza spigoli. La rotondità è estesa chiaramente anche a tutti i concetti trattati, non è solo un esercizio di stile, ci riferiamo quindi alla tecnica, alle tipologie di lievitazione, agli impasti. Tutto deve essere circolare, i cicli devono essere razionalizzati e gli sprechi limitati al minimo”.
Circolare uguale sostenibile
“La pasticceria circolare è un approccio che mira all’ottimizzazione – spiega Laghi – non produce scarti, è veloce e va a braccetto con un approccio imprenditoriale, perché soddisfa l’economia del laboratorio e l’organizzazione delle ore di lavoro. In generale, tutto ciò che è tondo non deve essere ritagliato e formato, e implica di per sé un livello di produttività altissimo. Ecco perché l’idea “sul cerchio” di Alessandro mi è sembrata fin da subito perfetta. Il libro è diretto soprattutto ai professionisti che hanno un’attività e a quelli che dirigono o producono all’interno di una società o in laboratori non di proprietà. È un libro che parla di organizzazione, di produttività e prova a insegnare un metodo. Quindi, da un lato, si rivolge direttamente agli operatori del settore, ma dal momento che nel libro si insegna a preparare degli ottimi sfogliati e si affinano delle tecniche, potrebbe benissimo interessare anche l’amatore che ha delle buone conoscenze di base e ha voglia di impreziosire la sua libreria e mettere alla prova le sue abilità. Con Alessandro volevamo riempire un vuoto che il mercato aveva messo in luce. E io per natura sono abituato ad approfondire tematiche poco battute: tra una miriade di monoporzioni glassate e torte moderne, la viennoiserie (prodotti da prima colazione) aveva un grande vuoto dal punto di vista delle monoporzioni lievitate. Anche se nella nostra accezione non ci limitiamo alla prima colazione, ma arriviamo fino alla merenda. Non certo a caso, nella mia pasticceria il flusso di clienti resta invariato sia al mattino che al pomeriggio”.
Cinque capitoli, oltre 70 ricette
C’è una parte dedicata al dolce e una a quella salata, proprio per dare seguito al concetto di circolarità e di zero sprechi, perché dal punto di vista degli autori, se un impasto va bene per il dolce, deve andar bene anche per il salato. Si segue uno schema comune: impasto lievitato, fatto con uova, per garantire la morbidezza durante tutto l’arco della giornata, quindi due farciture, una più cremosa e l’altra acidula o alcolica o speziata, capace di andare in contrasto con la precedente. A coronamento del tutto troviamo una glassa che si raccorda con l’impasto e una decorazione.
“Le ricette le abbiamo divise in capitoli, in base alla tipologia di impasto – continua Stefano Laghi -, poi naturalmente abbiamo tenuto conto del fatto che da un impasto possono nascere diverse proposte. Questo perché un pasticcere che realizza cinque tipi di brioche diverse, non può pensare di fare altrettanti impasti diversi. Sarebbe assurdo proporlo e andrebbe contro quel processo di circolarità che ci sta tanto a cuore. Da qui la scelta di raggruppare tutti i temi intorno a pochi impasti.
Perché l’esigenza di inserire un capitolo sul salato? Perché è una parte essenziale del nostro mestiere. Anche se ci occupiamo di dolci è qualcosa con cui facciamo i conti giornalmente. Non c’è pasticcere che nel proprio laboratorio non faccia anche qualche prodotto salato. La richiesta d’altro canto è troppo alta per non essere assecondata, basti pensare a tutti quei clienti che preferiscono una colazione salata ad una dolce o anche solo a chi sceglie di pranzare, ad esempio, con una brioche salata. Ecco perché era giusto dedicare una fetta del nostro progetto a questo tema.
Il risultato? Abbiamo diversificato le farciture e le rifiniture. Quindi ci sono poche ricette strutturali di base e moltissime idee di perfezionamento e completamento”.
Tutto parte dalle materie prime
“Le materie prime sono fondamentali nel nostro lavoro: parte tutto da lì. Lavorare il miglior tipo di prodotto, e se possibile alzare ancora di più il livello, è una prerogativa fondamentale. Le seleziono di conseguenza in maniera quasi chirurgica, a seconda di quello che devo fare, in base alla tecnica che devo utilizzare, e a dove devo posizionarle nel dolce. Se ad esempio devo realizzare una pasta frolla per fare una decorazione da mettere sopra una monoporzione da pasticceria, non mi limito a usare un burro a caso, ma ne valuto la struttura, il gusto e il ruolo che deve assumere nel dolce. In questo caso potrei utilizzare un burro piatto con un alto punto di fusione che mi permette di avere una frolla non deformabile che rimane quindi in forma, scusate il gioco di parole, e che mi permette di avere una decorazione precisa. In generale, parto dalla ricetta e mentalmente scompongo gli ingredienti per poi riunirli sul tavolo e dar loro una forma e una sostanza diversa”.
Poi a dare una mano arriva la tecnologia, fondamentale per ottimizzare le attività quotidiane di laboratorio e per migliorare la produzione. Alcune tecnologie però sono talmente performanti da riuscire a nascondere la bassa qualità della materia prima, quindi diventano un espediente, una via di fuga, un trucchetto, che è chiaramente disdicevole, perché ingannevole nei confronti del cliente.
Nonostante consideri la tecnologia qualcosa di imprescindibile per chi vuole fare il nostro mestiere oggi, nel mio approccio al lavoro c’è la costante volontà di non perdere mai di vista l’importanza dell’artigianalità e della manualità, aspetti che fanno ancora la differenza tra le varie produzioni”. E questo libro ne è la prova:
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a cura di redazione italian gourmet
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