Sono molti gli alberghi che cercano nuovi modi di raccontarsi attraverso cocktail signature ed esperienze mixology.
Non tutti sanno che la storia del bere miscelato si è sviluppata soprattutto nei bar degli alberghi di fascia alta. Erano gli anni del cosiddetto proibizionismo e negli hotel si potevano consumare alcolici, serviti sul bancone di uno speakeasy o direttamente in camera.
Lo stesso “professore” Jerry Thomas, considerato il padre della miscelazione moderna, prestò la sua opera dietro il bancone di tanti hotel in diverse città degli Stati Uniti. L’Inghilterra, dov’è prassi entrare anche solo per recarsi al bar e godere di un aperitivo, è forse il Paese che più di tutti ancora oggi preserva questa eredità. Non sorprende quindi che uno tra i miglior cocktail bar del mondo – il Connaught, gestito dai due italiani Ago Perrone e Giorgio Bargiani – si trovi proprio dentro un hotel londinese.
La scena italiana
Fino a qualche anno fa in Italia invece si era perduta l’abitudine di frequentare un hotel senza avere una camera, ma oggi che viviamo una nuova epoca d’oro della mixology non stupisce che gli hotel italiani moltiplichino il numero di cocktail bar al proprio interno.
Le formule si fanno all day eating and staying così che le persone possano scegliere su un arco di tempo il più ampio possibile e trovare sempre un’occasione di ristoro ed accoglienza.
I banconi puntano sulle edizioni limitate che spesso dialogano con la cantina e con le etichette importanti. Così una limited edition di successo all’Hotel de la Poste di Cortina ha portato al lancio del Cortina Mountain Gin che profuma di Dolomiti e della Cortina Iced Vodka, mentre il Four Seasons Milano ha selezionato la distilleria valdostana Levi per produrre un gin brandizzato Stilla Bar. A fare la differenza però, sia nel settore leisure sia in quello business, è la creatività dei bartender.
Come si costruisce una carta cocktail di successo in una struttura dell’hospitality
Anche se ancora manca una vera e propria consapevolezza del valore di questo segmento per il business alberghiero, l’attenzione verso il mondo bar negli hotel sta cambiando e sono i bartender a farsi portavoce di questa mutazione.
Classe 1989, Lucas Kelm, argentino di nascita e veneziano d’adozione, è il bar manager delle strutture di Relegance Collection, Palazzina Grassi a Venezia e Rosapetra a Cortina. Per la sua particolare abilità e creatività, Lucas è diventato un punto di riferimento del bartending italiano oltre che un ambassador del food pairing.
«Una carta di un grande albergo non può seguire le dinamiche di un cocktail bar perché deve accontentare una clientela più ampia e a volte anche più classica. La carta cocktail “vincente” si compone tanto di signature drink all’insegna di tendenze e stagionalità, quanto di classici» ci racconta.
Stagionalità e tendenze a Palazzina Grassi
«Per non perdere di vista i gusti e le preferenze dei clienti non amo spingermi troppo in là, ma certamente lascio la mia impronta, sempre all’insegna della filosofia “less is more”: pochi ingredienti – al massimo quattro – e due gusti che si riconoscano chiaramente, con cui giocare» prosegue Kelm.
«A Palazzina Grassi lavoriamo a stretto contatto con la cucina, sia cercando abbinamenti inusuali food & cocktail, sia utilizzando ingredienti stagionali “rubati” dalla dispensa. Stiamo costruendo la carta invernale in un’alternanza di ingredienti e distillati e, tra questi, proponiamo un signature Gin Fizz al pepe, con infusione di pepe nero e pepe Sichuan», conclude il bartender.
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Alla prissima puntata, per scoprire con Grande Cucina e Italian Gourmet la più ricercata mixology all’interno degli hotel
a cura di Marco Torcasio
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