Fra incursioni e scoperte, riflessioni e domande, ecco il racconto del terzo giorno di Panettone Senza Confini. Con un grande incontro
Il terzo giorno di “Panettone Senza Confini” si apre mentre lo skyline di Barcellona si avvicina e mi sembra così diversa da tutte le volte che l’ho visitata dall’interno. Arrivare dal mare, l’ho scoperto in questi giorni, è un approccio alla terra emozionante. Lo godo dal balcone per pochi minuti, perché oggi si lavora. Accendo il computer e la mattina si è già trasformata in dopo-pranzo. È tempo di intrufolarsi da qualche parte, su questa Costa Smeralda che sembra una città.
Un uccellino vestito di bianco mi aveva cantato che Eugenio Morrone stava preparando un gelato speciale. Perché speciale? Beh innanzitutto perché pensato e realizzato in trasferta, con materie prime e tecnologie differenti da quelle abituali, in un contesto unico, dove i numeri si moltiplicano. E poi perché era un gelato alla vaniglia. Attenzione: non una crema aromatizzata alla vaniglia, ma un gelato dove la vaniglia doveva esplodere in bocca, protagonista assoluta dell’esperienza di assaggio.
Il gelato con le 3 S
«Il gelato fatto come si deve ha tre caratteristiche. Mi piace chiamarle le “3 S”» lo trovo, Morrone, nel laboratorio della gelateria Amarillo, insieme a Thierry Bamas e a Davide Malizia. «La prima S è il livello sensoriale, cioè: quanto gusto gli vogliamo dare? La seconda S è la struttura: il gelato deve essere caldo al palato, non deve far venire sete, ma deve far venire voglia di mangiarne un altro, alla fine. L’ultima S è la parte sentimentale, perché nel nostro prodotto dobbiamo mettere noi stessi». Morrone non ha potuto portare ingredienti da casa ma, per essere sicuro del risultato, ha portato il suo computer. Lì, mi ha mostrato un programma che si chiama Free-zing App e permette il bilanciamento degli ingredienti in ricetta, partendo dalle loro caratteristiche nutrizionali.
«La prima analisi è però sempre l’assaggio, perché è lì che capisco innanzitutto quale sarà l’ingrediente con il gusto dominante che, se non è quello principale, rischia di essere coprente» dice Morrone. Io di quei numeri, nonostante le spiegazioni accurate e convinte del maestro gelatiere, ci ho capito poco e niente. Ma ho avuto il pensiero che la tecnologia è al servizio dell’esperienza, non il contrario. Infatti ne ho avuto anche la riprova, proprio qui, in quello che chiamerò “L’Affaire Latte”.
Il gelato, nel laboratorio Amarillo, è pronto. Morrone, Bamas, Malizia ed io lo assaggiamo. A me piace, ma gli altri scuotono la testa. Sa troppo di latte, che copre la vaniglia. Parte un conciliabolo di maestri e alla fine si decide che la questione sta nella diversa natura del latte UHT (obbligatorio su una nave) rispetto a quello fresco. Si rifanno i calcoli al computer, ma quello che risolve tutto è il confronto fra Bamas e Morrone.
Uniscono le esperienze e le riflessioni di due paesi icone del dolce e, soprattutto, di due Campioni del Mondo di Gelateria e il secondo assaggio è perfetto. Lo spolvereranno tutti, regia compresa, nel Teatro Sanremo, all’incontro giornaliero con “Panettone Senza Confini”. Lo rispolvero anch’io felice, pensando che se fossi un esponente della pop-art potrei aggiungere una quarta S, quella di Slurp.
(a proposito di pop art: su Costa Smeralda c’è un piccolo museo-gioiello di design italiano contemporaneo. Lo scopro per caso in uno dei miei vagabondaggi sulla nave, dove mi perdo in continuazione)
La seconda star internazionale
Il gelato di Morrone non è stato l’unico protagonista dell’incontro pomeridiano. La star del giorno è il grande Paco Torreblanca, maestro pasticcere spagnolo di grande valore (nella foto di apertura una sua creazione). Io personalmente lo adoro, perché i suoi dolci sono un concentrato di conoscenza, arte e poesia. Per non parlare di che signore stupendo è.
Di lui dice Iginio Massari: «Paco Torreblanca porta avanti il concetto di alta pasticceria a livello e su scala mondiale. I suoi dolci vengono infatti esportati in tutti i continenti. Ma voi vi innamorerete non solo della sua abilità, soprattutto della sua cultura e della sua generosità. Paco è stato insignito dall’Accademia di Belle arti della laurea ad honorem per la sua arte nello zucchero che si ispira ai grandi maestri pittori e scultori. La sua città futura fatta in zucchero, le trasparenze, il modellaggio degli zuccheri (diversi) che usa fa innamorare di questo mondo, che è arte a tutti gli effetti».
Racconta Torreblanca: «Quando da giovane lavoravo a qualche prodotto, pensavo che fosse l’estetica l’unica cosa importante. Ora so e credo che il sapore non si debba sacrificare per nessun motivo. Ma se posso unificare tutte e due è perfetto».
Lui si ispira ai grandi maestri di ogni epoca – Leonardo da Vinci in primis, ma dice anche «Quello che è stato fatto è stato fatto, a me interessa andare sempre avanti».
Paco Torreblanca e il panettone
In Spagna, per molti anni, l’unico panettone che si conosceva era quello industriale. Poi, Paco Torreblanca è approdato in Cast Alimenti e lì ha incontrato Achille Zoia e Iginio Massari. Non è nata solo un’amicizia, ma una vera e propria illuminazione per Torreblanca sulla gestione e l’utilizzo del lievito madre: «Achille e Iginio mi hanno cambiato il modo di pensare la pasta lievitata e il lievito madre. Ho studiato e lavorato a Parigi e per me la cosa più buona del mondo era la brioche. Ma poi loro mi hanno fatto assaggiare il panettone e ho detto (in italiano) “mamma mia, porca miseria!” Tornato da Cast Alimenti ho iniziato a fare prove su prove e poi a produrre questo lievitato. Li ringrazierò sempre perché grazie a quelli come loro, grazie anche ad eventi come “Panettone Senza Confini” ora in Spagna si conosce e si produce il panettone artigianale. E non solo il mio, ma sta iniziando una cultura diffusa».
Gli fa eco Thierry Bamas: «In Francia adoriamo la brioche, il panettone è qualcosa che non conosciamo ancora bene, anche se sta iniziando ad essere molto apprezzato. Ma è vero che quando si conoscono quelle texture lì, è vero che è magico. Noi abbiamo moltissimi tipi di brioche, ma non abbiamo una texture come quella del panettone».
La chiosa è di Achille Zoia e non lascia repliche: «Paco fa il panettone più buono di Spagna».
Un pensiero prima di dormire
Nello spazio per le domande, a fine incontro, la collega Catia Acquesta ha chiesto a Massari e Torreblanca se avessero mai perso la fiducia, avessero mai avuto un momento nero, di sconforto. Ovviamente non stiamo parlando di ragazzini e, dunque, quel momento c’è stato per entrambi. Ed entrambi hanno avuto non solo il conforto e il supporto delle compagne di vita e della famiglia, ma anche una fiducia innata – e impagabile – nel futuro, nelle proprie possibilità di riscatto.
Mentre riprendiamo il mare, esco sul balcone e guardo la città che si allontana, ripensando a queste ultime parole dei maestri. Barcellona mi saluta così e ve la voglio mostrare. Perché sembra che mi parli e mi confermi il loro pensiero: non importa quanto possa essere chiaro o scuro sopra e sotto. È la luce all’orizzonte che colpisce e conquista il nostro sguardo.
a cura di Alessandra Sogni
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