La pasta fresca è una bandiera della ristorazione italiana: scegliere di farla in casa rappresenta un vero valore aggiunto. E per superare qualsiasi difficoltà tecnica il nuovo volume “Pasta!” di Roberto Carcangiu offre una guida valida e sicura, dalla scelta delle materie prime, all’utilizzo del torchio, alla descrizione dei formati.
Gli ingredienti della pasta fresca
Su tutti primeggia ovviamente la farina: tradizionalmente la pasta fatta in casa nell’Italia Meridionale è realizzata soltanto con semolino di grano duro, mentre nel Nord Italia e Svizzera vengono generalmente usate miscele composte da 20-40% di grano duro e da un 60-80% di granito di grano tenero.
E poi ci sono le uova, il cui utilizzo è regolato dalle disposizioni e definizioni del Decreto presidenziale n° 187 del 9.2.2001: almeno quattro uova intere di gallina, con duecento grammi di uovo per ogni chilogrammo di semola.
L’impasto per la pasta ripiena
Occorre tenere presente che l’impasto della pasta fresca varia in funzione non solo dei gusti, ma anche degli usi cui la pasta è destinata. In particolare, nel caso di quella ripiena, occorre valutare le dosi in base al tipo di farcia: per le preparazioni a base di carne l’impasto di base è quello classico della pasta fresca all’uovo con un rapporto tra uova e farina di 1 uovo (55 g) ogni 100 g di farina impiegata. Per le paste ripiene di magro, la cui farcia ha consistenza più morbida, servirà una pasta altrettanto morbida, realizzata con un minor numero di uova, in un rapporto ideale di 6 uova per ogni chilogrammo di farina, cui va aggiunta acqua sufficiente per ottenere un impasto sodo ed elastico.
Altri passaggi importanti
Fondamentale nella preparazione di pasta fresca, in casa come al ristorante, è la proporzione dei liquidi, la cui presenza nell’impasto varia dal 18 al 30%, secondo la composizione della miscela e la tipologia degli sfarinati.
L’impasto andrà effettuato nell’impastatrice, e può essere fatto sia con acqua fredda (dai 15 ai 25°C) che calda (dai 40 ai 100°C). La pasta realizzata a freddo sarà trasparente e di un bel colore paglierino, mentre quella prodotta a caldo sarà più tenace e resistente alla masticazione. Anche in questo caso la scelta è questione non solo di preferenze, ma anche di abitudini dei clienti: l’impasto a freddo è solitamente usato in Liguria, Abruzzo, Sicilia, quello a caldo nel Napoletano.
Importantissimo è il passaggio della gramolatura, che rende l’impasto compatto e omogeneo senza sfibrarlo, salvaguardando così tenacità e resistenza, evitando la formazione di una crosta superficiale. La gramola, generalmente quella a coltelli, esercita sull’impasto una pressione che fa unire fra loro i granuli di semolino o di farina formando dei piccoli “pallini”.
Infine la formatura: questa operazione si esegue spingendo l’impasto attraverso una trafila, per ottenere la pasta della forma desiderata. Strumento utilizzato è un torchio a vite orizzontale dotato, subito fuori della trafila, di un coltello rotante che taglia la pasta a mano a mano che questa esce. È questo passaggio che definisce la forma della pasta, scelta tra le tantissime proposte dalla nostra tradizione. Una volta estrusa la pasta, si può procedere con l’essiccazione.
La pasta fatta in casa può essere conservata oppure preparata fresca tutti i giorni. Una tra le tante scelte che spettano al ristoratore: in questo, come in tutto, alla padronanza della tecnica, alla conoscenza della normativa, alla dimestichezza con la tradizione si unisce sempre la personalità di chi cucina.
Per chi vuole sapere tutto sulla pasta, consigliamo l’imperdibile volume “Pasta!” di Roberto Carcangiu
Articolo a cura di Daniela Guaiti
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