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Basta piagnistei in panificio – parte 2

Secondo appuntamento con le grandi firme del Corriere del Pane e secondo appuntamento con Roberto Capello.

Se vuoi scoprire la prima parte, clicca qui

Fatta sullo scorso numero la premessa sulle condizioni economiche e sindacali contingenti, torniamo ai fornai: le perdite delle quote di mercato di cui tutti si lamentano sono frutto della perdita di “appeal” del pane che è passato da alimento che riempiva la pancia ad alimento che accompagna il cibo, altro cibo. Il suo essere fondamentale cresce se e quando il pane assume anche una funzione “curativa”. Quindi tutta la narrazione sull’insostituibilità del pane è oggi, purtroppo, pura fiaba. Il problema è che noi produciamo ancora e le nostre organizzazioni fanno quindi sindacato con questa errata convinzione cardine. Produciamo, ci vendiamo giornalisticamente e sindacalmente come categoria fondamentale. Certo: in tempo di guerra o di pandemia possiamo fare a meno delle discoteche, ma non del pane, ma parliamo per l’appunto, di tempo di guerra.

Cambiare la narrazione del pane e della professione
Per fortuna, non siamo in guerra, quindi il pane – per essere acquistato – deve competere con altri alimenti e dotarsi di tutta una serie di valori sia reputazionali, sia etici, sia nutrizionali sia, finanche, medicamentosi, per renderlo “intrigante”, quando non addirittura, “sensuale” agli occhi dei clienti. Se non ci svegliamo, a causa della nostra pigrizia, dal torpore della narrazione sul pane come alimento fondamentale, siamo “fregati”, anzi ci siamo già in parte fregati. E lo siamo anche se non impariamo a cambiare la narrazione stessa della nostra professione: un racconto, bucolico che ci presenta come “quelli della notte” sudati davanti ai forni, che allevano con sapienza la pasta e che sfamano il popolo. Insomma, degli affascinanti “machi” a immagine di quel “Diego Abbatantuono” fornaio in un film di Fantozzi “sprupuziunato per quanto riguarda la dimensione du sesso”. Bello, non c’è che dire (e, perché no, auspicabile), ma è una narrazione errata che allontana dal nostro ambiente produttivo le nuove generazioni.

Ammodernare la professione
Vale la pena prendere a riferimento i minatori dei popoli occidentali (non parlo ovviamente del sud del mondo o del suo estremo est) che in molti casi debbono essere formati a utilizzare le “talpe” (le famose VBM usate per scavare i tunnel) comandandole con un touch screen. Si usano ancora gli esplosivi, ma con un’operatività che oggi è sicuramente molto diversa. Nel mondo panario, le azioni per un “ammodernamento” e un alleggerimento del nostro lavoro sono attività in capo agli operatori, come in capo agli stessi sono le azioni volte a migliorare la sostenibilità del lavoro del fornaio. Queste azioni, se operate efficacemente, ampliano la platea dei potenziali candidati al nostro mestiere rendendo così meno accesa la tensione sulla ricerca dei lavoratori e, paradossalmente, rendendo la categoria stessa molto meno ricattabile dai lavoratori e più efficiente.