Si avvicina la Pasqua, momento dell’anno dov e è protagonista il cioccolato in tutte le sue forme. I consigli del Presidente Ampi per una produzione consapevole
Tempo di festività pasquali; la pasticceria si prepara a uno degli eventi più importanti dell’anno che avrà come interprete principale il cioccolato che trova in questa ricorrenza l’occasione ideale per proporsi sotto forme diverse e declinato in mille varianti. Il presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, Gino Fabbri, ci guida in un percorso di preparazione che tiene conto dei diversi aspetti del tema, dal gusto alla forma alla presentazione, per affrontare in maniera efficiente ed efficace la programmazione tecnica della produzione finalizzata alla vendita.
«Il cioccolato è un prodotto che trae la sua popolarità dal senso di appagamento che suscita nel consumatore – esordisce il presidente Fabbri. È un aspetto che non dobbiamo assolutamente trascurare. Per questo è importante ricordare che il gusto del cliente deve essere rispettato, perché sarà lui a decidere in ultima analisi cosa acquistare, a dispetto di ogni discorso filosofico su tendenze salutistiche o sensoriali. Negli ultimi anni, una campagna massiccia da parte di comunicatori ed esperti a vario titolo in favore del cioccolato fondente ha puntato l’attenzione sulla superiorità qualitativa del cioccolato al 70/80% di cacao. Ora, a mio avviso, tale opinione ha certamente fondamento in linea teorica, ma non ha avuto riscontro nell’apprezzamento del consumatore. Il palato degli italiani mostra di gradire maggiormente, e le vendite lo dimostrano, il cioccolato al latte e perfino il cioccolato bianco.
Chi manifesta queste preferenze non deve assolutamente essere giudicato persona di poca sensibilità gustativa: il dolce, e il cioccolato in particolare, deve soddisfare e considerare un intenditore solo il cliente che acquista cioccolato fondente è un atteggiamento che denota snobismo inutile. Il nostro scopo, come pasticceri, è vendere il nostro prodotto, che non sarà certamente inferiore se lo declineremo in base alle preferenze della nostra clientela». Bando agli estremismi, dunque, è il primo insegnamento di Gino Fabbri che dalla sua profonda esperienza ci illumina su una verità apparentemente banale: il cliente compra solo ciò che gli piace, non quello che gli viene suggerito dai media o dalla TV.
«È ovvio che sulla qualità del prodotto non si discuta – continua il presidente – ma dobbiamo capire che un ottimo nocciolato o un gianduia possono dimostrarsi perfettamente all’altezza dello standard della nostra pasticceria se sceglieremo le materie prime migliori e saremo in grado di realizzare prodotti di alto livello. Il cioccolato al latte, se realizzato con ottima panna, è un prodotto straordinario sicuramente apprezzato; un buon gianduiotto può appagare i sensi molto più di un fondente 80% che solo pochi sono in grado di capire; mi sento, inoltre, di spezzare una lancia perfino in favore del cioccolato bianco, spesso denigrato ma apprezzato da molti, non solo dai bambini. Meglio fidelizzare il cliente offendo una gamma di uova o praline che incontrino il suo gusto piuttosto che vedere le vendite stentare in nome di una qualità presunta e smentita dalla realtà dei fatti».
Utilizzare materie prime eccellenti per realizzare prodotti che non hanno bisogno, per acquistare sapore, di strani aromi ma solo di cacao in purezza abbinato a vaniglia o al massimo a lecitina di soia, è il secondo consiglio di Gino Fabbri che anche in tema di confezione e quantità esprime un concetto molto chiaro: «Il formato, di uova o oggettistica varia, è sempre più piccolo. Meglio proporre uova piccole purché molto curate nell’estetica. Innanzi tutto per una questione di costi, perché il cliente non è disposto a spendere cifre elevate per un uovo di Pasqua di cui solo una parte verrà consumata e il resto diventerà un inutile spreco: 1 kg di prodotto è il massimo che consiglio.
Anche il regalo all’interno, la sorpresa, deve essere all’altezza delle aspettative, ma restare in un range di prezzo adeguato: approssimativamente il 10% del valore dell’uovo. Piccoli soggetti generici o legati al prodotto come oggettini in argento o piccole chicche firmate possono riscuotere un buon apprezzamento, oppure possiamo proporre soluzioni più capricciose come legare l’acquisto a un sostegno solidale. Legare il nome della pasticceria a un progetto solidale può essere un’immagine positiva, ma solo quando ciò viene proposto in maniera discreta e se riscontriamo apprezzamento da parte del cliente per l’iniziativa».
(A cura della redazione)
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