Cornetto e caffè o caffè e cornetto? Il format pasticceria-somministrazione - frutto dell’abitudine a godersi un tempo di qualità in un luogo di qualità - è tipicamente italiano, di successo e non fa che ribadire il posizionamento di qualità dell’artigiano
Mantenere un’attività commerciale è sempre più difficile. I modi e i tempi di consumo sono sempre più accelerati, i negozi invecchiano rapidamente, i costi crescono senza una contropartita di maggiori ricavi e margini. Mi soffermo su questo ultimo punto: il prezzo medio della pasticceria in Italia è uno dei più bassi in Europa, in qualche caso quanto si compra costa meno di un prodotto industriale. È un problema comune a tutto il settore del commercio tradizionale.
L’incapacità di trasferire il valore della qualità in prezzi adeguati. A Londra il cioccolato costa anche 200 sterline al chilo, a Parigi la pasticceria si aggira sui 100 € al chilo, mentre nel Sud Italia siamo sotto i 10 €. In questo contesto il negozio pasticceria ha nel servizio di somministrazione, il bar per dirla in modo semplice, una delle sue ancore di salvezza.
Sinceramente non ho mai amato la tendenza degli ultimi anni di introdurre nei negozi tradizionali la somministrazione: la macelleria che si trasforma in hamburgeria, la pescheria per gli aperitivi, la panetteria per pranzare. Certo può essere una strada per un rilancio, ma quello che temo è che sia una scappatoia per non affrontare e risolvere i propri problemi imprenditoriali; essere un bravo commerciante è un mestiere, fare il ristoratore un altro.
Non c’è dubbio però che la ristorazione abbia margini più importanti della sola vendita di prodotti (ma anche costi del personale e competenze diverse). La pasticceria come negozio è però un’altra cosa, il servizio bar non è un’evoluzione del concetto ma la norma, è un servizio congenito non un accessorio da aggiungere. Detto ancora meglio: è difficile mantenere un negozio di dolci (dal cioccolato ai macaron) senza somministrazione. Il negozio Ladurée Milano fattura qualche centinaio di migliaia di euro senza bar, il punto vendita a Londra, a Covent Garden, dove puoi sederti mangiare e bere, invece, qualche milione.
Se vendi cioccolato e non hai il gelato dalla primavera, o comunque non crei un’esperienza completa intorno al tuo brand, è meglio lasciar perdere e non aprire neanche. Ma anche se sei un grande pasticcere come Massari, Biasetto o il più giovane Servida, se non hai il banco con il caffè ti puoi scordare di vendere centinaia di brioche ogni mattina.
Perché il servizio di somministrazione è così “naturale” per la pasticceria italiana? Innanzitutto perché è una consuetudine sociale più che commerciale, che unisce Nord e Sud, la provincia e la città. Non voglio cadere nella banalità della pausa caffè. Piuttosto voglio sottolineare l’abitudine a godersi un tempo di qualità in un luogo di qualità. Prendersi tempo, rilassarsi mangiando un dolce e bevendo un caffè, godersi un aperitivo, fare una pausa con te e torta.
Ritmi e tempi dilatati e d’altri tempi. Tempi che non fanno riferimento a stereotipi vintage ma a una tradizione europea e in particolare mediterranea, il caffè pasticceria come luogo di incontro e scambio sociale, tutta la settimana e ancor di più nel fine settimana. Un concetto molto distante dall’individualismo da single di Starbucks o dalla comodità del bakery cafè metropolitano. Più un caffè del Cairo o una pasticceria di Vienna che il bar di quartiere. Non è un caso che la forza della somministrazione per la pasticceria abbia un maggior effetto in provincia che nelle metropoli, dove le alternative concorrenziali sono minori.
Biasetto è il punto di riferimento di un quartiere fuori dal centro storico di Padova, Servida di un paesino dell’hinterland Milanese, Pantigliate. Potrei descrivervi le storie delle persone che vedo in queste pasticcerie: nonni con bambini che fanno i compiti nel dopo scuola, professionisti che cercano di chiudere un affare in un ambiente più informale, pene d’amore di coppie che cercano un rifugio per dialogare. Tanta vita reale e pochi foodies e food blogger…
E qui vengo al secondo punto: la somministrazione crea traffico sul punto vendita per la pasticceria a prescindere dal business principale, vendere dolci. Per il ruolo sociale di cui sopra entrano nel locale per una brioche e un caffè o un aperitivo un numero di persone impensabile se non venisse offerto tale servizio. E queste stesse persone diventano fedeli al punto vendita e comprano anche i prodotti di pasticceria. Vale ovviamente anche il contrario, chi è entrato per comprare una torta o un panettone si beve un caffè, ma in questo caso stiamo lavorando con un cliente che già ci ha scelto per i nostri dolci. Questo traffico continuo di persone aumenta le potenzialità di conoscenza del pasticcere e dei suoi prodotti.
Da ultimo il tema della qualità percepita della pasticceria che fa somministrazione: in una situazione di mercato di eccesso di offerta non chiaramente segmentata, la pasticceria gode ancora di una percezione di qualità che parte dai prodotti tradizionali per estendersi anche a quelli più distanti dall’attività principale. Un primo piatto o un aperitivo in pasticceria godono di un allure di qualità che non è paragonabile né a un bar tradizionale né a un ristorante.
Il valore della qualità dell’artigiano si trasla perfettamente ai suoi prodotti, mentre la ristorazione non gode di questa rendita o almeno deve essere testata prima di essere giudicata positivamente. In conclusione il format pasticceria-somministrazione è tipicamente italiano, di successo e non fa che ribadire il posizionamento di qualità dell’artigiano.
Esistono sempre delle controindicazioni. Ho appena pranzato in una nota pasticceria della Brianza, una volta con negozio in centro storico, ora in un capannone di 500 mq con soffitti alti 6 metri, dove si può pranzare con gli spaghetti alla gricia, comprare una colomba, farsi fare un uovo di Pasqua su misura, bere un centrifugato. Una gran confusione in un luogo che sembra più un bazar che una pasticceria. La qualità scompare. Ecco è proprio qui il punto di equilibrio: la somministrazione è indispensabile per la pasticceria, ma non deve mai farne perdere l’identità.
(A cura della redazione)
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