Il gelato è una merceologia che non conosce crisi: in Italia vale 1,8 miliardi, nel 2017 è cresciuto del 10-15% ed è per due terzi artigianale. Una tendenza che stiamo esportando nel mondo e da cui stanno nascendo sperimentazioni sempre più audaci su gusti e abbinamenti. Aprendo nuovi spazi ai panificatori
C’era una volta la brioche con il gelato di siciliana memoria. Per molto tempo, forse l’unico vero punto d’incontro tra Arte Bianca e mondo della gelateria. Ma i tempi cambiano e oggi la parola d’ordine è “ibridazione”. In questo senso, il 2017 sarà probabilmente ricordato come l’anno in cui il gelato è stato definitivamente “sdoganato” nella cucina tradizionale, come contorno di piatti e come ingrediente di ricette.
In quella tradizionale, si diceva, perché in quella innovativa si era affermato già da diversi anni. Soprattutto nella cosiddetta cucina molecolare, una scuola che si sforza di applicare alla preparazione dei cibi i princìpi della fisica e della chimica agendo a livello, appunto, molecolare per ottenere particolari effetti di gusto, aroma, consistenza e presentazione. Non a caso è stato uno chef considerato il guru di questa tendenza, l’americano Grant Achatz, patron del ristorante Alinea di Chicago, a inventare l’anti-griddle, una piastra a meno 34 gradi che consente il raffreddamento rapido di una vastissima gamma di ingredienti, inclusi quelli più difficili da mantecare con i metodi tradizionali, aprendo nuovi orizzonti all’utilizzo del gelato in cucina.
Sempre alla cucina molecolare si deve la diffusione dell’altro grande metodo di raffreddamento rapido che ha ampliato gli orizzonti di utilizzo gastronomico del gelato, l’azoto liquido, che fa raggiungere in cucina la strabiliante temperatura di quasi meno 200 C°: in Italia, però, stenta ad affermarsi anche per la diffidenza che ispira l’utilizzo di una sostanza chimica, per quanto dimostrata innocua.
Un boom italiano e internazionale
Non è solo il desiderio di aumentare le possibilità creative a spingere in questa direzione, ma anche (legittime) aspirazioni commerciali. Il gelato, infatti, è una merceologia che non conosce crisi. Anzi, trattandosi di un comfort food, un cibo ricreazionale – un “genere di conforto”, si diceva una volta – nei periodi di incertezza vede crescere i consumi. Complici anche le temperature particolarmente elevate, l’estate 2017 ha fatto registrare veri e propri record: le rilevazioni dell’Osservatorio Sigep indicano che, per il periodo estivo, in Italia i consumi di gelato artigianale sono cresciuti con ritmi a due cifre, pari al 10% di media con picchi del 15% nelle località turistiche.
Se si considera che, secondo i dati di Confartigianato, i nostri connazionali consumano gelato per un valore di 1.849 milioni di euro, con una media di 72 euro a famiglia, si tratta di un incremento rilevante. Ma, dal punto di vista della tendenza all’ibridazione, la nota forse più interessante che emerge dai numeri dell’associazione degli artigiani è che il gelato viene visto sempre più come parte di un più vasto insieme di specialità estive che includono birre, pizza, street food, cibo da asporto e anche olio d’oliva, le cui vendite tendono ad aumentare d’estate grazie al maggiore consumo di insalate e altri piatti freddi.
Specialità che, nel complesso, muovono un esercito di 46.566 imprese, con 90.900 addetti, in stragrande maggioranza artigiani: l’Italia è infatti al primo posto in Europa per la maggiore quota di addetti nelle piccole imprese del settore alimentare, pari al 63,9% a fronte di una media UE del 36,5%. A livello regionale, la rilevazione di Confartigianato mostra che è la Lombardia a vantare il maggior numero di produttori artigiani in questi compariti: 6.837. Secondo posto per l’Emilia Romagna con 4.455 imprenditori, seguita da Sicilia (4.255), Lazio (4.096), Veneto (3.895) e Campania con 3.863 imprese. La classifica provinciale vede in testa Roma, con 2.982 imprese artigiane. Medaglia d’argento per Milano con 2.053 imprenditori, e terzo posto per Torino (1.892).
La top 5 delle province con il maggior numero di produttori artigiani di queste specialità si completa con Napoli (1.766 imprenditori) e Bari (1.013). Altra particolarità del mercato italiano rilevata, questa, ancora dall’Osservatorio Sigep, è che nel nostro Paese il consumo di gelato artigianale prevale di gran lunga – due terzi contro un terzo – rispetto a quello industriale. In questi ultimi decenni, i consumi si sono moltiplicati di sei volte: non esiste altro prodotto alimentare protagonista di una simile performance. Si stima che in Italia le gelaterie artigianali siano 39.000 (10.000 gelaterie pure e 29.000 bar e pasticcerie con gelato), con 150.000 addetti.
Ma è una tendenza che si va diffondendo anche all’estero, dove la parola italiana gelato viene utilizzata per indicare il prodotto realizzato secondo i criteri artigianali madein Italy, rispetto all’ice cream industriale. Nel mondo l’offerta di gelaterie artigianali è sempre più capillare, prosegue l’Osservatorio. Nel 2016 in Europa Italia inclusa) se ne contavano oltre 60.000, tra le quali 9.000 sono in Germania, di cui 3.300 pure, mentre sono 2.000 quelle spagnole. In Sud America sono Argentina e Brasile a farla da padroni, con rispettivamente 1.500 e 500 gelaterie.
Sempre più artigiano… e sempre più gourmand
Anche negli Stati Uniti il gelato artigianale è in costante crescita grazie alle oltre 950 gelaterie sparse sul territorio che, con un approccio tipicamente a stelle e strisce, si fanno notare sui media più che in altri Paesi, puntando sulla capacità di offrire un prodotto di giornata, fatto con ingredienti locali e con un processo produttivo classico: la produzione tende infatti a essere a vista in un numero crescente di negozi e i clienti la identificano con la freschezza. Anche la Cina, che nel 2014 ha superato gli USA nei consumi grazie alle sue 1.000 gelaterie artigianali, sta facendo ricredere chi pensava che i consumatori asiatici – con l’eccezione del Giappone – non amano il dolce freddo o i prodotti a base di latte.
Mercati potenziali interessantissimi anche per gli artigiani italiani, se consideriamo che americani e cinesi sono anche tra i più numerosi turisti stranieri in Italia e, quando vengono nel nostro Paese, fanno a gara per gustare in loco le nostre specialità. Quante di queste opportunità sono pronti a cogliere i panificatori? L’incontro più ovvio rimane quello con il pastry.
La tradizionale brioche con gelato che abbiamo evocato all’inizio si è evoluta oltre il semplice cornetto e sempre più spesso viene proposta in varianti che vanno dalla francesina, siciliana con pistacchio o con sesamo, treccia con uvetta e cocco, al triangolo con zenzero e riso soffiato o la ciambella con noci. Ma il processo funziona anche all’inverso, con sapori nati nel mondo della panetteria che “sconfinano” nel gelato.
L’ultima nata è la proposta di un maestro gelatiere veneto che ha ideato un innovativo gelato al pane e salame, presentato con vere fette di salame e veri pezzi di pane. Ma anche senza arrivare a questi estremi così particolari il gelato al pane è ormai un gusto acquisito e sempre più apprezzato, tanto da essere entrato anche nelle ricette di chef stellati come quella del gelato al pane, patate viola e pesca di Davide Oldani, ideatore della “cucina pop” e mentore del Ristorante D’O di San Pietro all’Olmo (Milano), una stella Michelin. Ricette gourmand che ne affiancano altre più tradizionali, magari di autori meno noti, come il gelato al pane e nutella, pane burro e marmellata o al pane e cioccolato.
Ma tra i foodies spopolano ultimamente, anche per la facilità di prepararli in casa, anche il gelato al pane nero o l’ice cream bread, realizzato aggiungendo solo farina al gelato (solitamente alla vaniglia) e poi cuocendo in forno. L’unico limite, dunque, per i panificatori che vogliono ampliare la propria offerta con il gelato sembra essere la disponibilità a sperimentare.
(A cura della redazione)
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