Antica Corona Reale
Ristorante 
Oggi la cucina è regno condiviso di Gian Piero e Renzo. Al primo spetta la parte innovativa, di crescita gastronomica, costruzione e consolidamento di un menù che sappia nel contempo stupire e rassicurare la clientela che qui vuole ritrovare solide certezze nel piatto eppure non disdegna essere condotta per mano alle novità; al secondo restano saldamente ancorati almeno cinque piatti che qui non possono mancare. Punti fermi della proposta gastronomica dell’Antica Corona resta la stagionalità, anche quella dell’orto – “il 30% circa delle verdure di stagione riusciamo a produrlo da noi” – insieme alla pasta fresca ripiena, alle cotture allo spiedo: “siamo tra i pochi a poter vantare ancora uno spiedo a mattoni – ci spiegano – e riusciamo a fare delle stupende cotture alla brace, dal filetto al capretto di Roccaverano”. I primi di pasta fresca, si dicevano, restano un must, con una selezione di almeno 7 tipi di ravioli, tra cui quello che è noto come il piatto di Cavour: una sorta di ‘plin’ ma di dimensioni superiori, il cui ripieno consta di tre arrosti differenti (maiale, coniglio, vitello) ed è servito semplicemente su un tovagliolo. “Nell’ultimo anno e mezzo – continua Gian Piero Vivalda – abbiamo tuttavia incrementato la proposta di pesce, seguendo la richiesta della clientela secondo un trend che anche da queste parti è significativamente orientato in quella direzione”: ottimo rapporto dunque con la Cooperativa dei pescatori di Savoni, fornitura trisettimanale. Dai gamberi viola di Sanremo, al tonno di Favignana, qui si offre anche il crudo. Il terroir gastronomico di una zona che non ha niente da invidiare al resto del paese – in fondo ci troviamo lungo l’antica Via del Sale che metteva in comunicazione Liguria e Piemonte – si manifesta in piatti in cui compaiono, ma non sono che un esempio, le lumache di Cherasco, o i ben noti porri di Cervere, ma anche nelle preparazioni più storiche come la Finanziera di interiora che ormai non si trova quasi più: difficilissimo reperire la materia prima – cervella, laccetti, rognoncini, vitello, pollame – ed estremamente elaborata la preparazione (qui poi la presentano anche nel doppio servizio, con frittura). C’è anche il ‘nuovo’ ovviamente in questo due stelle michelin che anno dopo anno ha saldamente consolidato il suo rapporto con la clientela (“che torna anche tre volte la settimana”, c’è da essere invidiosi! ndr): ci piace raccontare dell’uovo ‘terme’, chiamato così perché cuoce a temperatura termale (37°C) per 20 minuti. Lo servono secondo la stagione con tartufo, cardo gobbo e topinanbur, o ancora gamberi e piselli. Pollenzo è a un passo, un bacino di studenti, idee, energie nuove a cui attingere continuamente: l’uovo nasce così, dall’incontro con una ragazza giapponese, i cui genitori hanno una catena di alberghi termali…
www.anticacoronareale.com
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