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Fatichi a trovare personale? Prova l’employer branding

Si tratta della reputazione che voi, come persona, imprenditore e dunque azienda, avete e di come essa può attrarre personale perché vi rende appetibile, perché l’ambiente di lavoro è il primo passo per il successo dell’intera azienda

Se l’impresa è più appetibile, si riducono i costi di ricerca di impiegati e clienti. Lo dice uno studio condotto dall’Università Popolare degli Studi di Milano, in collaborazione con Simposio, agenzia di comunicazione e consulenza commerciale. Lo studio, condotto su un campione di 723 imprenditori, rivela come “l’employer branding” possa essere la soluzione per far crescere l’azienda tagliando fino al 50% i costi di assunzione.

 

Cos’è l’employer branding?

Si tratta di una strategia di comunicazione che punta a rendere l’azienda un vero e proprio marchio (brand) appetibile all’esterno, vista come un posto di lavoro ottimale al quale aspirare. Questo fa sì che i migliori talenti vogliano entrare a far parte della squadra, approcciandosi all’azienda con uno spirito di maggior predisposizione e inviando autocandidature. Questo consente di tagliare il costo della ricerca di personale qualificato di quasi il 50%, riducendo anche del 38% il turnover. Questo ultimo aspetto non è assolutamente da sottovalutare, poiché garantisce una maggior continuità lavorativa, con progetti portati a termine più velocemente.

 

Cosa emerge dalla ricerca?

L’86% dei lavoratori di aziende con un forte “employer brand” si definiscono motivati o fortemente motivati nel proprio lavoro. Il 78% sente una forte coesione a livello aziendale e un buon clima tra colleghi. Questo si traduce in una maggior produttività generale, che aumenta di circa il 165%, senza comportare alcun costo ulteriore per l’azienda, se non eventuali bonus di produzione. Altra voce di costo che viene ridimensionata è quella dello sviluppo “new business”, che diminuisce del 33%. «Questo perché i propri dipendenti rappresentano sempre un ottimo biglietto da visita, un vero e proprio catalizzatore per trovare nuovi clienti», spiega Emanuele Pecora, innovation manager e fondatore di Simposio. «Parallelamente, si innesca un effetto passaparola positivo che parte non solo dal cliente soddisfatto, ma anche dal dipendente appagato e orgoglioso di far parte di quell’azienda. Chi fa parte di una realtà dal forte employer brand si sente maggiormente parte del gruppo, è più fidelizzato e più propenso a parlarne positivamente al di fuori del luogo di lavoro». Si tratta dunque di una pubblicità positiva e di valore, perché viene fatta da una persona che si conosce sulla base dell’esperienza personale, ed è assolutamente a costo zero.

 

Come si lavora sull’employer branding

È necessario prevedere una serie di azioni e strumenti mirati che lavorino, in primis, all’interno dell’azienda, per poi concentrarsi sulla comunicazione esterna. «Lavorare sull’employer branding vuol dire innanzitutto fare un’analisi della reputazione dell’azienda e del grado di fiducia che le persone all’esterno nutrono nei suoi confronti, a prescindere dal fatto che queste abbiano o possano avere rapporti diretti con essa», spiega ancora Emanuele Pecora. «È anche importante agire a livello di comunicazione: deve essere chiara e trasparente, non autoreferenziale, aperta al dialogo e, soprattutto, deve esserci coerenza tra quella interna e quella esterna. Infine, non dobbiamo sottovalutare il benessere e la gratificazione di chi lavora per noi, anche attraverso piani di welfare aziendale».