Grande Cucina

Quel pomodoro che piace tanto agli chef

Contadina per passione e per la voglia di dare valore al lavoro dei suoi avi. Con un pizzico di romanticismo e tanta concretezza, Marianna D’Auria è la fondatrice dell’azienda Dama, che produce pomodori amati da tanti chef, sulla collina che domina Castellammare di Stabia e guarda il Vesuvio.

«La mia fortuna è di essere nata in una famiglia di contadini, che lavora la terra da ben 200 anni. Sono cresciuta a pane e pomodoro coltivati dai miei nonni». Parte così la conversazione con Marianna D’Auria, la “ragazza dei pomodori”. Da praticante presso uno studio di commercialista, complice il back ground familiare, ritorna alla terra e alle sue origini. I suoi antenati lavoravano per la masseria della Reggia di Quisisana, una delle residenze estive del Regno borbonico, nota per le terre estremamente fertili. Il nonno coltivava i famosi pomodorini lampadina, una varietà tipica dei Monti Lattari. Il papà, invece, si è dedicato non solo alla vendita del prodotto fresco ma anche alla sua trasformazione in conserva.

Il pomodoro di collina a forma di lampadina

Pomodoro Pomodama_Marianna D'Auria

«Sono ritornata alle mie origini iniziando con pochi euro in tasca, tante idee e voglia di emergere ma, soprattutto con l’intenzione di dare valore al lavoro dei miei antenati. Nasce così il marchio Dama Quisisana”. Qual è il suo ruolo esattamente? «Mi definisco una tuttofare – spiega – amo seguire le diverse fasi del processo di produzione, dalla semina al confezionamento. Ho coltivato la terra con le mie mani, ho raccolto e trasportato i pomodorini in fabbrica, svegliandomi alle 4 del mattino per andare al mercato. Non mi è mai pesato. Oggi, la produzione è aumentata e ho dei validi collaboratori, ma sono sempre presente sul campo». Marianna si definisce maniacale quando parla della gestione del suo prodotto e ne segue direttamente anche la parte commerciale. Un vulcano di idee anche per l’aspetto legato alla comunicazione e al marketing. «Mi piace che il consumatore abbia un contatto diretto con il produttore, per far capire come viene coltivato e la fatica che c’è dietro una materia prima genuina e di qualità. Ma soprattutto un prodotto deve avere un’anima e non solo una bella etichetta». La voglia di emergere, i valori di un territorio e della famiglia tracciano la strada che Marianna D’Auria sta percorrendo.

Il prodotto perfetto per “La Devozione” di chef Guida

Pomodoro PomoDama_Peppe Guida Chef

Ma lungo questo percorso complesso, ancor di più per una giovane donna del sud, ci sono degli incontri straordinari. «All’inizio è stata dura, mi definivano folle, nessuno credeva nel mio progetto ma io ho avuto le idee ben chiare da subito. Avevo capito di avere tra le mani un prodotto unico. Ho iniziato a seminare 5.000 piantine, giravo in motorino e lasciavo campioni ai ristoranti più importanti della zona. Volevo entrare in un canale di nicchia. Era il 2017, poi ho incontrato Giorgio Scarselli patron del ristorante Il Bikini, insieme a Peppe Guida, chef stellato dell’Antica Osteria Nonna Rosa di Vivo Equense (Na) e in seguito Giuseppe Di Martino, CEO del Pastificio di Martino. Stavano lavorando al progetto “la Devozione” e cercavano un pomodoro di alta qualità. Hanno assaggiato il mio pomodoro e da qui è iniziato tutto. Giuseppe, Peppe e Giorgio sono persone speciali, ho avuto la fortuna di incontrare grandi imprenditori e grandi persone a livello umano”.

Un pomodoro dolce e con bassa acidità

Pomodoro PomoDama

Ma, cosa ha in più o di diverso questo pomodoro? «Intanto si tratta di prodotti legati al territorio dove vengono coltivati, chiunque li assaggia mi dice sempre la stessa cosa “mi hai riportato all’infanzia, ai sapori e agli odori dei pomodori della nonna». Che un pomodoro sappia davvero di pomodoro, sembra scontato, ma non è così. Marianna ha molti clienti illustri che apprezzano il prodotto per la sua dolcezza e la bassa acidità. «Diversi chef stellati usano abitualmente i miei pomodori – racconta con orgoglio Marianna – tra cui Domenico Candela del George Restaurant, Lorenzo Cuomo del Re Mauri, Michael Izzo di Piazzetta Milù, Salvatore Tassa di Colline Ciociare, Vittorio Colleoni del San Martino a Treviglio, Giuseppe D’Errico de La Madernassa e molti altri ancora anche all’estero. Poi ci sono le pizzerie come Le Parule di Giuseppe Pignalosa, I Borbone di Valerio Iessi e Daniele Ferrara, Sestogusto a Torino di Massimiliano Prete, Carmnella di Vincenzo Esposito».

Marianna D’Auria: la “ragazza dei pomodori” è cresciuta

Pomodoro_PomoDama

La “ragazza dei pomodori” è cresciuta ed è riuscita a portare avanti un importante progetto con colui che considera il suo mentore, Giuseppe di Martino e con il suo pastificio omonimo. «Per me è una bella soddisfazione, sono presente non solo al Pasta bar La devozione di Napoli ma anche nella sede di New York al Central Market». Sempre per Di Martino, produce in esclusiva e in edizione limitata le latte firmate Dolce&Gabbana. Da quelle prime 5.000 piantine è trascorso qualche anno, oggi ne trapianta 100.000/120.000 e per il 2023 si prevede un aumento dell’area destinata alla produzione: «stiamo prendendo altri terreni sempre in zona Monti Lattari per mantenere l’autenticità e le sostanze organolettiche dei nostri pomodorini. E, tra i nuovi progetti c’è quello di incrementare le vendite all’estero per affermare ancora di più il valore del Made Italy e delle nostre tradizioni intramontabili, mentre presto vedrà la luce un agriturismo con un punto ristoro». Marianna è un fiume in piena quando ripensa ai suoi progetti, al suo territorio fatto di cose buone e autentiche, così come è sincero e spontaneo tutto il suo racconto.

Del resto il futuro di un territorio passa soprattutto attraverso il coraggio e l’intraprendenza di giovani come Marianna che scelgono di tornare alla terra. Piccoli eroi contadini che stanno attuando quella rivoluzione agricola di cui si parla ormai da qualche anno, con una visione innovativa e sostenibile e, perché no, un pizzico di romanticismo.

Foto d’apertura e dello chef Peppe Guida: credits Alessandra Farinelli

a cura di Mariacristina Coppeto