I legumi sono ingredienti “poveri”, legati alla tradizione contadina, protagonisti di saporite zuppe e di gustosi contorni. Conoscerli è fondamentale per saperli valorizzare. Se vuoi saperne di più, ecco un pratico vademecum su come sceglierli, cucinarli e renderli protagonisti dei tuoi piatti.
I ceci
La forma del seme ricorda vagamente la testa di un ariete: di qui il loro nome botanico, cicer arietinum. Diffusamente coltivati, sono presenti in due varietà: il mediterraneo, più grande e tendente al giallo, e l’orientale, più piccolo e con una colorazione rossastra. La pianta del cece è un arbusto con baccelli piccoli, ricoperti da una fine peluria, contenenti ciascuno 2 o 3 semi tondeggianti, consistenti, di colore giallo crema. I ceci si raccolgono verso giugno-luglio: quando le piante sono ingiallite, vengono estirpate e fatte essiccare all’aria aperta.
Vengono venduti solo essiccati, sciolti o confezionati: se si acquistano sciolti, è opportuno verificare l’eventuale presenza di sassolini, residui di baccelli o di parassiti. Da controllare sempre anche la data di produzione e quella di scadenza: i ceci si conservano in un ambiente asciutto (perfetto un contenitore di vetro o di metallo) a lungo, anche per 14-18 mesi. Tuttavia i semi vecchi richiedono ammolli e cotture particolarmente prolungate.
Come tutti i legumi secchi infatti anche i ceci devono essere posti in ammollo prima della cottura: i semi vanno tenuti a bagno per circa 8 ore; tuttavia man mano che aumentano i mesi dalla raccolta, l’ammollo deve aumentare a 12, a 18 ore, fino ad arrivare a un giorno intero per i ceci di un anno.
Lunghi anche i tempi di cottura: da 3 a 4 ore, secondo la ricetta e, naturalmente, la consistenza dei semi.
In genere i ceci sono serviti soprattutto in zuppe o minestre e devono quindi essere sottoposti a lessatura. L’acqua di cottura va preventivamente salata (salvo indicazioni diverse della ricetta) o aromatizzata (con salvia, rosmarino, sedano, alloro, ecc.), quindi posta a bollire lentamente a fuoco basso. Sconsigliabile è l’aggiunta di bicarbonato, mentre si può unire un cucchiaio di olio oppure un pezzettino di pancetta. Ovviamente i tempi si riducono con la pentola a pressione.
Le fave
Dopo le lenticchie, le fave sono sicuramente il legume più antico nella storia dell’alimentazione umana, diffuse nell’alimentazione quotidiana nell’antica Grecia e a Roma.
Le fave provengono da una pianta dai fiori bianchi, macchiati di nero sulle estremità. I baccelli, grandi, carnosi e ricoperti internamente da una peluria biancastra, contengono da due a dieci semi. Molto resistente, questo legume si coltiva dal Mediterraneo fino alla Scozia, con un periodo di raccolta che inizia a febbraio e prosegue fino a giugno, secondo la latitudine.
Le fave si possono gustare sia fresche che secche. Nel primo caso si conservano per un breve tempo (non più di 7-10 giorni a 7/9 °C) a causa dell’avvizzimento e dello sviluppo di muffe e parassiti. Le muffe causano piccole macchie color cioccolato sui baccelli, mentre gli insetti invadono i semi: i segni di attacchi di questo tipo non devono assolutamente essere presenti all’acquisto. Le fave fresche devono avere baccelli verdi, chiusi, turgidi, con semi consistenti e di colore brillante.
Se si consumano crude è meglio scegliere le fave primaverili, di prima raccolta, giovani e tenerissime.
Quelle secche, vendute sfuse o confezionate, devono presentare colore uniforme ed essere prive di particelle estranee o parassiti.
I secchi vanno serviti dopo ammollo e cottura. Iil tempo di ammollo varia in base alla presenza o meno della buccia: le fave sbucciate hanno bisogno di un ammollo di circa 8 ore in acqua fredda, mentre per quelle ancora avvolte dalla buccia i tempi si allungano a 16-18 ore (inizialmente con acqua tiepida). La sbucciatura dei semi non è sempre necessaria: per i purè o le creme la buccia va tolta, mentre per i contorni o le minestre a seme intero è sufficiente prolungare la cottura fino a che la cuticola esterna non risulta tenera.
Le Lenticchie
Conosciute fin dalla preistoria, citate nella Bibbia, amate dai Romani, le lenticchie sono state diffusissime in Italia fino agli anni ’50 e ’60, coltivate in infinite aree collinari e montane del Centro-Sud. Col tempo la coltivazione si è ridotta drasticamente, lasciando maggiore spazio importazione. Ma oggi le varietà tipiche locali sono riscoperte e tutelate nella loro diversità. Si può così provare la Verde di Altamura IGP, dal colore è verde-bruno tendente al chiaro con dimensioni leggermente più grandi rispetto a quelle di altre varietà: è la tipica lenticchia da servire con lo zampone. La Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP viene prodotta in una zona molto ristretta nelle montagne che dividono l’Umbria dalle Marche nell’area del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, a un’altitudine media di 1.400 metri. Il seme, piccolo, ha buccia di diversi colori (tigrata, variegata, verde screziato, giallognolo, marroncino, bruno rossastra), ma sempre molto fine: tanto da non richiedere ammollo e solo 20 minuti di bollitura. Ancora, la lenticchia di Onano, piccolo paese dell’alta Tuscia laziale, vicino al Lago di Bolsena, piccola e tenera, da cuocere direttamente in umido o in zuppa; quella di Santo Stefano di Sessanio, scura e ricchissima di ferro; quella di Ventotene, in provincia di Latina, marrone chiaro, caratterizzata dall’ottima tenuta di cottura; infine la lenticchia di Ustica, leggera e saporita.
Da ricordare poi la francese lenticchia verde di Puy (Lentille Verte du Puy), a marchio DOP, e le Lentilles Vertes du Berry, tutelate dall’IGP.
Non vanno poi dimenticate le lenticchie rosse, già decorticate, dal caratteristico colore arancione intenso. Non richiedono ammollo prima della cottura e cuociono in brevissimo tempo.
Al di là della varietà, le lenticchie, all’acquisto devono essere prive di corpi estranei (come sassolini oppure residui di baccelli) o, ancor peggio, di parassiti. Si conservano per mesi in contenitori di metallo oppure di vetro ben sigillati per evitare l’entrata di eventuali parassiti.
Prima della cottura le lenticchie vanno mondate e sciacquate bene. L’ammollo, se necessario, richiede circa 12 ore in acqua appena tiepida. Un’alternativa è quella di far bollire le lenticchie in acqua per 10 minuti, scolarle, quindi ricoprirle di nuova acqua bollente, lasciarle riposare 15 minuti, poi ripetere l’intera operazione per altre due volte. Bisogna poi ricordare le varietà che per mantenere integro il proprio sapore, non prevedono il periodo di ammollo.
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