Presidente del Richemont Club Italia e panificatore, lavora in una delle zone, quella del bresciano, tra le più colpite dal SARS-CoV-2
Roberto Perotti è il Presidente del Richemont Club Italia, un’associazione che da molti anni si occupa di formazione professionale ad altissimo livello e vanta numerosissimi soci, tra cui alcuni dei migliori panificatori italiani. Anche a lui chiediamo un parere su come stanno andando le cose in questi giorni in cui la pandemia ha portato i professionisti di questo settore a svolgere un ruolo da protagonisti, essendo esposti quasi in prima linea.
Sembra anche a te che in questi agli occhi della gente appaia un po’ meglio quale sia il ruolo dei panificatori in una società come la nostra?
Credo che la nostra categoria sia da sempre chiamata a dare un servizio alla gente, con un occhio di riguardo particolare alla tutela della salute. Noi produciamo il pane come prima cosa e lo facciamo bene (almeno spero), siamo eticamente obbligati a fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile, partendo dalla scelta delle migliori materie prime, con un occhio di riguardo a quelle più indicate non solo per il gusto che danno al pane, ma anche per le proprietà che possono portare beneficio al nostro organismo. Da tempo ormai si parla di usare “farine ricche di nutrienti”, di ” lievito madre”, di prodotti “ a basso contenuto di sale” e così via: gli ingredienti funzionali sono davvero tanti, per fortuna. Sicuramente stiamo diventando sempre più attenti a come facciamo il pane e il pane sta sempre più diventando oltre che al “primo alimento” (per eccellenza), un importante portatore di messaggi. Il pane è buono è sano, fa bene ecc. Noi con il Richemont Club è già da qualche tempo che abbiamo impostato le nostre attività indirizzandole verso questo genere di prodotti. Negli anni abbiamo visto riempirsi le nostre sedi sempre di più, segno che tutti siamo sensibili a questo argomento. Adesso penso sia il momento giusto per dare una scossa a tutta la categoria.
Hai notizie “dal fronte” di quei panificatori del Richemont Club e non solo che hanno potuto e voluto restare aperti?
I panificatori effettivamente sono in prima linea in questo momento difficile, così tanto condizionato dagli eventi. Io vivo in provincia di Brescia, una delle zone più colpite dal virus. Vivendo la situazione dall’interno di una zona così colpita, l’unica cosa che mi viene in mente da dire è: ”panificatori, grazie di esistere!”. Noi non abbiamo smesso di produrre il pane, anche tra mille difficoltà; le nostre commesse non hanno mai smesso di servire i clienti anche se vivono altrettante difficoltà e, per di più, con l’effettivo rischio di venire contagiate. In questi giorni mi sono confrontato con tanti colleghi: molti hanno ripreso con il servizio a domicilio per poter garantire a tutti di avere il pane sulla tavola ogni giorno e, credimi, non è per il guadagno. Tante iniziative di beneficenza sono partite dai panificatori, chi ha offerto pane o focaccia, chi lascia l’invenduto a disposizione di chi ne ha bisogno, chi collabora con le associazioni che si occupano di distribuire pasti a chi non può permetterseli. Stiamo passando un periodaccio che sicuramente cambierà la nostra vita e noi dovremo essere pronti: dovremmo prendere in considerazione veramente un nuovo tipo di servizio per la clientela. Non so quanto durerà la pandemia, ma vedo giorno per giorno che la gente si sta abituando a questo nuovo stile di vita. Anche noi professionisti dovremmo adeguarci, sicuramente rivedendo il servizio che offriamo, perché credo che per un lungo periodo la gente sarà diversa, per forza o per necessità. Dalle mie parti la media di mortalità per il virus è molto alta e non si può restare indifferenti. Questa cosa ti cambia la vita. Io non vorrei azzardare il paragone panificatori/infermieri, ma poco siamo lontani. L’ho detto prima siamo in prima linea tutti i giorni.
Come si vive dalle tue parti?
Diciamo che, da noi non è il momento dei selfie di coppia, qui la gente è veramente incasinata… Scusa lo sfogo. Da un lato è bello riscoprire la famiglia, dall’altro l’essere reclusi ci sta portando ad un “offuscamento mentale” quasi totale. C’è davvero bisogno di un po’ di normalità. Mi fa sorridere una cosa, però: dove sono finiti tutti gli intolleranti al glutine o al lievito di birra? In negozio ne vendiamo a quintali…. Chiaramente, la mia vuole essere solo una battuta: la gente è a casa e qualcosa deve fare. Meglio che si ingegni a fare pane e dolci, piuttosto che stare troppo su fb (che poi si postano stupidaggini a non finire).
Pensi che i fornai possano trarre giovamento da questo rinnovato interesse per il pane?
Secondo me questo periodo e l’obbligo di stare a casa cimentandosi con la produzione di pane e altri prodotti sarà un ulteriore spinta per la categoria a fare sempre meglio, anche perché, se fanno il pane buono a casa loro, non lo comprano più da noi. È meglio che certi panificatori si sveglino. E guardate che non scherzo, la gente si sta impegnando veramente a fare bene il pane, aiutata anche da molti nostri colleghi che fanno video dove spiegano come si deve fare. Secondo me questa è una cosa ottima, dobbiamo far vedere alle persone che il nostro non è un lavoro semplice, in modo che siano più consapevoli delle nostre digfficoltà, ma anche più inclini ad esigere da noi una qualità sempre più alta. Dobbiamo imparare a prendere in considerazione “il lato positivo delle cose e degli eventi e cercare di lasciare tutto un po’ meglio di come lo abbiamo trovato” (cit. B.P., cioè Robert Baden-Powell.). Beh, un’escursione nel mio passato scout puoi passarmela, dai….
a cura di Atenaide Arpone
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