“Essere vegetariani oggi è un manifesto” è lo slogan del festival The Vegetarian Chance appena conclusosi.
Prima edizione a Torino, dopo l’esordio a Locarno e le quattro edizioni a Milano, per la manifestazione ideata da Pietro Leemann, alfiere della ristorazione vegetariana dal 1989 – anno di apertura del Joia – e Gabriele Eschenazi, giornalista e cuoco anch’egli.
La tre giorni che guarda al futuro – la scelta vegetariana sta assumendo sempre più i contorni di un senso di responsabilità verso l’ambiente – si è svolta nello spazio polifunzionale di Edit.
Il primo giorno ha visto protagonisti i temi della gioventù e dell’emergenza climatica, sempre più spesso facce di una stessa medaglia, con la partecipazione dei ragazzi di Fridays for Future ed Extinction for Rebellion, e con la presentazione di un interessante sondaggio effettuato su ottocento individui di tutta Italia fra i 16 e i 23 anni per analizzare il loro rapporto con l’alimentazione. Risultati? Il 60% degli intervistati riflette su quello che mangia, il 53% sostiene che si limiterà a mangiare carne in parte diventando vegano (6%) o vegetariano (11%), il 18% pensa/sostiene di imitare la scelta vegana/vegetariana di un amico/a e il 58% ritiene che il cibo vegetale sia più gustoso di quello animale.
Altro argomento principe della giornata di venerdì è stato il video-anteprima del tour di Oliviero Alotto, Federico Ippolito e Pietro Leemann – i primi due in bici e l’ultimo in auto elettrica – fra i 10 tristellati d’Italia. Obiettivo? Aumentare la consapevolezza dell’importanza delle verdure in cucina, del loro utilizzo e del loro inserimento in menu attraverso la consegna di un decalogo, la Carta di Pietro Leemann.
La mattina di sabato è iniziata con l’intervento della food & health coach Jenny Sugar sui consigli per preparare una sana colazione vegana, accompagnato dagli assaggi rispettivamente crudisti e vegani di due realtà cittadine: Grezzo Raw Chocolate e Chiodi Latini New Food. A seguire, l’intervento degli agricoltori di Slow Food sulla biodiversità e i numerosi cooking show del pomeriggio.
Domenica è stato invece il giorno del concorso: otto cuochi, provenienti da tutto il mondo, sono giunti a Torino per sfidarsi e aggiudicarsi il primo posto.
Ogni concorrente aveva il compito di presentare due piatti alla giuria – uno tradizionale e l’altro creativo – senza l’utilizzo di alcun ingrediente e derivato animale o, per semplicità, vegani.
A stupire è stata la creatività messa in campo dai cuochi, non tutti provenienti da ristoranti vegani e vegetariani, come il vincitore Ueda Satoru del ristorante Gardenia di Caluso 1 stella Michelin.
Lo stesso ha presentato come piatto tradizionale una Zuppa francigena con legumi, fra cui la Piattella canavesana di Cortereggio Presidio Slow Food e le fave decorticate, chenopodio e sorgo, adatta anche ai celiaci, e come piatto creativo Bosco e radici, labnè di mandorle. Crescione di sorgente, radici, castagne, barbabietole di Chioggia e labnè – uno yogurt medio-orientale – di soia con olio di gemme di abete e terra di sorgo.
Memorabili anche i plin di porcini con demi-glace alle nocciole di Gabriele Grilli del Ristorante Giudice di Torino e le due proposte di Sylvester Schatteman del ristorante stellato belga Hofke Van Bazel, secondo ex-aequo con Hayao Watanabe della Franceschetta58 di Modena.
a cura di Alessio D'Aguanno
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